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 Miccichè: la partita del governo si gioca 
              al Sud
 di Cristiana Vivenzio
 
 La politica del governo Berlusconi, tra polemiche e braccio di 
              ferro, volge lo sguardo a Mezzogiorno, consapevole che è sul Sud 
              che si gioca la partita più importante dei prossimi mesi, in 
              vista, soprattutto, dell’allargamento ad Est dell’Europa. Con 
              parole e intenti chiari, il viceministro dell’Economia con delega 
              per il Mezzogiorno, Gianfranco Miccichè, è intervenuto al convegno 
              organizzato a Bari dalla Fondazione Ideazione, in occasione della 
              presentazione del documento programmatico sul Mezzogiorno, 
              elaborato dall’omonimo Osservatorio. Allargamento, 
              globalizzazione, utilizzazione delle risorse. Se si guarda alla 
              politica per il Sud sono queste le sfide dei prossimi anni. “La 
              “questione meridionale” non si risolve certo con una finanziaria, 
              afferma Miccichè, non si può pensare che attraverso provvedimenti 
              singoli si possa salvare l’economia del Sud, ma è necessario, dopo 
              una presa d’atto della critica situazione attuale, una politica 
              programmatica di medio periodo che non si dimentichi del passato”. 
              Nostalgie anacronistiche? Certamente no. “Io rivoglio la Cassa per 
              il Mezzogiorno – continua il viceministro - ma quella degli anni 
              Cinquanta, con quello spirito ispiratore, con quelle persone…”.
 
 Nelle ammissioni di ciò che c’è stato di buono e di cattivo fino 
              ad ora, il governo muove i suoi passi tra i molteplici ostacoli 
              posti alla sua azione dalla congiuntura internazionale da una 
              parte e dalla situazione interna dall’altra. “Bisogna fare i conti 
              con gli interessi in causa, quando si tratta con le parti sociali 
              non si può trascurare che rappresentano delle persone”, ricorda ad 
              una platea di economisti, esperti in materie finanziarie, 
              imprenditori, politici locali Micciché, quasi a ricordare al suo 
              uditorio che tra la programmazione e l’attuazione si frappongono 
              interessi concreti, difficili da eludere. Ma per una politica 
              strategica in favore del Sud bisogna fare i conti allo stesso modo 
              con quanto avverrà da qui al 2004, quando l’allargamento dell’Ue 
              ai dieci nuovi paesi produrrà con ogni certezza pesanti 
              conseguenze sull’economia meridionale. Quando, cioè, gli incentivi 
              finora erogati per le aree più a rischio dei paesi dell’Unione 
              finiranno o subiranno una brusca diminuzione. “Siamo alla stretta 
              finale, a quel punto in cui non si possono sprecare più risorse 
              umane e finanziarie”. La ricetta offerta dal viceministro si 
              inserisce perfettamente nell’analisi avanzata dal documento 
              dell’Osservatorio per il Mezzogiorno della Fondazione Ideazione. 
              Pochi obiettivi ma dal possibile raggiungimento. Primo fra tutti: 
              recuperare il divario infrastrutturale che divide il Sud dal resto 
              del paese. “Una ricerca condotta recentemente per il ministero - 
              ha sostenuto a questo proposito Miccichè - ha dimostrato che, 
              fatta eccezione per il Nord-Est, in cui sono i distretti ad aver 
              fatto da propulsione all’economia locale, la ricchezza pro-capite 
              per provincia è identica alla media infrastrutturale di quella 
              provincia rispetto alla media nazionale”. Un dato che la dice 
              lunga sulla rincorsa di questa parte d’Italia rispetto al resto, e 
              soprattutto sull’importanza che assume la realizzazione delle 
              infrastrutture per il Sud. Una politica di tal genere richiede da 
              parte del governo almeno due sforzi, specifica il ministro: 
              concedere alle amministrazioni locali il massimo dell’autonomia 
              organizzativa, attraverso la regionalizzazione degli incentivi, 
              per superare i problemi burocratici che troppo spesso rallentano 
              la corsa dei lavori e richiedere all’Europa la possibilità di 
              poter adottare, a fronte di tutte le possibili garanzie di 
              trasparenza, soluzioni rapide per la realizzazione delle gare 
              d’appalto.
 
 Ma la politica governativa va oltre, spingendosi su un terreno per 
              molti aspetti a rischio. “Il secondo provvedimento che è 
              necessario adottare per risollevare l’economia del Mezzogiorno – 
              afferma Miccichè, lanciando una proposta che rischia di smuovere 
              fin troppo le acque in cui naviga l’attuale esecutivo – riguarda 
              la materia fiscale. Non è possibile che l’Europa non conceda la 
              possibilità ai paesi membri di poter attuare un differenziale di 
              convenienza che consenta di recuperare risorse”. Si tratta, in 
              estrema sintesi, della possibilità di imporre regimi fiscali 
              differenziati per le diverse parti del paese, un provvedimento 
              attualmente irrealizzabile per le resistenze dell’Ue. Come 
              realizzare un simile obiettivo? "In ultima istanza, si potrebbe 
              addirittura pensare di richiedere un referendum che subordini 
              l’accettazione dell’allargamento all’accettazione di alcuni 
              provvedimenti a tutela delle aree del paese che dall’allargamento 
              stesso saranno più colpite. Del resto, si sa, per indire un 
              referendum basta la richiesta di cinque Regioni…”.
 
 Una presa di posizione decisa che non esclude poi ancora la 
              realizzazione del terzo punto all’ordine del giorno: l’avviamento 
              o il completamento di un ampio processo di modernizzazione della 
              pubblica amministrazione del meridione. Insomma, una ricetta 
              ambiziosa e su più livelli, che richiama il Mezzogiorno e i 
              governatori delle Regioni del Sud ad assumersi sempre più le 
              proprie responsabilità, abbandonando la logica 
              statal-assistenzialista che ha contraddistinto la politica per il 
              meridione fino agli anni Novanta, e avvalora la consapevolezza che 
              non è possibile condurre politiche indifferenziate in un’area 
              tanto variegata e composita.
 
 29 ottobre 
              2002
 
 c.vivenzio@libero.it
 
              
 
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