MAGGIO-GIUGNO 2005
La genesi del
dialogo euro-arabo
di Bat Ye'Or
Nel 2001 la giudeofobia colpì l’Europa, in coincidenza con
una intensificazione dell’intifada Al Aqsa, iniziata il 30
settembre 2000. Una simultaneità non casuale. In Europa i
governi, alcune Chiese e i media, accettavano di fatto la
strategia del terrore. La tolleranza di cui gli europei
diedero prova equivaleva a un incoraggiamento.
L’eliminazione di capi terroristi fu qualificata come
“assassinio”. Mentre i macellai di Hamas venivano finanziati
e gratificati col titolo di “combattenti” e “attivisti”,
e la stessa Hamas con quello di “resistenza”, Israele
venne isolata e accusata –senza mezzi termini- di esercitare
il “terrorismo di stato”…
La convergenza politica dell’Unione Europea (UE) con l’OLP e
con l’insieme dei paesi arabi, è il punto conclusivo di un
lungo processo. Con qualche sfumatura, le politiche
antiisraeliane perseguite sulle due sponde del Mediterraneo
presentano caratteristiche simili. La giudeofobia del XXI
secolo si radica in una rete transnazionale nata dalla
politica euro-araba degli ultimi 30 anni. Nonostante ciò i
cittadini europei restano sostanzialmente estranei a questo
processo, sebbene siano stati sottoposti negli ultimi 30
anni a una massiccia campagna mediatica antiisraeliana. (…)
Il punto di partenza: l’embargo sul petrolio
Dopo la guerra arabo-israeliana del 1967, la Francia guidò
la politica europea contro Israele. Parigi non perdonava la
vittoria di Israele contro Egitto, Siria, Giordania,
Palestina, sostenuti dai paesi arabi e socialisti. Nelle
sedi internazionali la Francia votò tutte le risoluzioni
arabe contro Israele e decretò un boicottaggio unilaterale
sulla vendita di armi allo Stato ebreo (1969). In questa
prospettiva la Francia mise a punto con la Libia i punti di
un Dialogo Euro-Arabo (DEA).
La guerra del 1973 e il successivo rialzo del prezzo del
greggio, utilizzato come arma di pressione mondiale,
accellerò il progetto: dopo la disfatta, i paesi arabi
quadruplicarono il prezzo del petrolio, ordinarono una
riduzione della produzione e imposero un embargo contro
Stati Uniti e Olanda considerati troppo favorevoli a
Israele. I paesi consumatori vennero classificati come paesi
amici, neutrali o nemici. Ben presto, i nove paesi che
allora formavano la CEE, riunitisi a Bruxelles il 6 novembre
1973, proclamarono una Risoluzione congiunta che s’allineava
in toto con la politica franco-araba, e decisero un embargo
unilaterale sulla vendita di armi allo Stato ebreo. Come nel
1967, Israele veniva punita per la sua vittoria contro
nemici decisi allo sterminio.
Nella risoluzione, la CEE introduceva tre punti: 1.
l'inamissibilità dell’acquisizione di territori con la forza
; 2. l'obbligo per Israele di ritirarsi sulla linea di
armistizio del 1948 ; 3. l'inclusione dei «diritti legittimi
dei Palestinesi» nella definizione della pace.
Formazione di un blocco economico euro-arabo
(…) La volontà del « dialogo » venne confermata dal
presidente Georges Pompidou e dal cancelliere Willy Brandt
nel corso di un incontro il 26-27 novembre 1973. Il 15
dicembre 1973 il presidente francese convocò un summit a
Copenhagen per esaminare i modi di collaborazione tra i
paesi della Lega Araba e quelli della CEE. Erano stati
invitati quattro ministri arabi. [Segue la ricostruzione
di alcuni passaggi costitutivi del DEA: la Conferenza di
Damasco (1974), organizzata dalla Associazione
interparlamentare di Cooperazione Euro-araba, nella quale
gli arabi posero alcune condizioni politiche agli accordi
economici, tra le quali, il ritorno ai confini del 1948, ma
insieme la islamizzazione di Gerusalemme, il riconoscimento
dell’Olp, la necessità di effettuare pressioni sugli Stati
Uniti allo scopo di allontanarli da Israele].
La conferenza di Damasco decretò la creazione di un
Segretariato permanente, formato da 350 membri, nominato dal
gruppo di Cooperazione Euro-arabo, la cui sede venne posta a
Parigi. Il Dialogo venne strutturato in diversi gruppi di
lavoro incaricati della pianificazione di progetti congiunti
nel campo industriale, commerciale, scientifico, culturale e
sociale. La Conferenza araba di Rabat (ottobre 1974) parlava
di “Nazione Araba” senza riferimenti ai Palestinesi. Per gli
arabi, il dialogo con l’Europa doveva continuare fino al
raggiungimento di questi obiettivi.
Il 10 giugno 1975 una delegazione della CEE incontrò al
Cairo i rappresentanti di venti paesi arabi e dell’OLP. Più
di trenta paesi erano coordinati da un Comitato generale,
formato da ambasciatori e specialisti di geopolitica ed
economia. CEE e Segretariato della Lega Araba erano
rappresentati a livello politico… La contrattazione tra le
due parti era definita con chiarezza: accordi economici
con l’Europa in cambio dell’allineamento europeo alla
politica araba concernente Israele.
Negli anni successivi la collaborazione venne rinforzata con
riunioni (scadenziate ogni sei mesi), e con diverse
iniziative a livello mondiale: (Roma, 24 luglio 1975; Abu
Dhabi, 27 novembre 1975 ; Luxembourg 18-20 maggio 1976 ;
Bruxelles, alcune volte nel 1976; Tunisi, 10-12 febbraio
1977). I membri del Secrétariat permanent pour la
Coopération Euro-Arabe effettuarono numerosi viaggi
negli Stati Uniti per spostare gli USA verso le tesi
dell’OLP. Alcuni gruppi di lavoro studiarono i metodi
opportuni per orientare l’opinione pubblica europea e
internazionale in favore dell'OLP. Secondo Al-Mani, l'OLP
«utilizzò con successo il patrocinio del DEA [Dialogo
Euro-Arabo] per migliorare la sua diplomazia in Europa.» (…)
Gli accordi di pace israelo-egiziani di Camp David (1977-78)
raffreddarono l’azione del gruppo DEA. La Lega Araba ricusò
gli accordi con gli israeliani ed espulse l’Egitto. I paesi
arabi erano irritati per l’ingerenza americana nella
regione, che andava a detrimento di quella europea,
controllata dal processo di cooperazione economica in corso.
La Francia evitò di riconoscere gli accordi, accolti
positivamente dagli altri paesi della CEE, ma - con
“riserva” (su indicazione della Francia).
Il DEA comunque continuò l’attività: la 4° riunione della
Commissione generale, avvenuta a Damasco (9-11 dic. 1978),
approvò la creazione di un Centro in Kuwait, destinato
all’interscambio tecnologico. Secondo Al-Mani, nella “Dichiarazione
congiunta di Damasco, articolata in 14 punti, il DEA
definiva i princìpi di una politica dell’emigrazione che
garantiva agli immigrati arabi in Europa uguaglianza
economica con i residenti e rappresentanza legale (…)”
E’ vero che i dispositivi del DEA stabilivano una
reciprocità, però questa era puramente teorica,
perché mai nessun paese arabo avrebbe dovuto naturalizzare
milioni di emigranti europei (…)
Nel corso della riunione svolta in Lussemburgo nel 18-20
maggio 1976, si definì ulteriormente l’organizzazione del
DEA, che veniva ripartito in tre organismi: 1) Commissione
generale; 2) gruppi di lavoro; 3) Comitato di coordinamento.
Le sedute si tenevano a porte chiuse e senza trascrizione
scritta degli interventi. Solo la Commissione poteva
pubblicare un riassunto delle decisioni prese ed emettere un
comunicato congiunto.
Nascita di Eurabia
Eurabia
è il titolo di una pubblicazione edita dal Comité
Européen de Coordination des Associations d'Amitié avec le
Monde arabe (con sede a Parigi) e realizzato in
collaborazione col Middle East International
(Londra), con France-Pays Arabes (Paris) e il
Groupe d'Etudes sur le Moyen-Orient di Ginevra.
Nel numero 2 della rivista (luglio 1975), Eurabia
pubblicava le risoluzioni votate all’unanimità dalla
Assemblée Générale de l'Association Parlementaire pour la
Coopération Euro-Arabe a Strasburgo (giugno 1975).
L’Associazione raggruppava più di 200 membri dei Parlamenti
dei paesi d'Europa occidentale, rappresentanti di diverse
tendenze politiche. Ciò significa che il consenso verso il
programma di intesa euro-araba riguardava l’intero
scacchiere politico europeo.
L'editoriale di Eurabia specificava «la necessità
di una intesa politica tra l'Europa e il mondo arabo come
base degli accordi economici» e sanciva l’obbligo
europeo di «comprendere gli interessi politici ed
economici del mondo arabo.» Il dialogo euro-arabo doveva
esprimere «una volontà politica comune». Questa conditio
sine qua non con i paesi della Lega Araba necessitava della
creazione, in Europa, «di una opinione pubblica» favorevole
agli arabi. Quest’ultima questione era stata esaminata dagli
esperti della Association de Solidarité Franco-Arabe
e dell'Assemblée Générale de l'Association
Parlementaire pour la coopération Euro-Arabe, a
Strasburgo.
«Se vogliono davvero cooperare col mondo arabo i governi
europei e i dirigenti politici hanno l’obbligo di
contrastare il denigramento degli arabi nei loro organi di
informazione. Devono affermare la loro fede nell’amicizia
euro-araba e il loro rispetto verso il contributo millenario
degli arabi alla civilizzazione universale. Questo
contributo e la sua applicazione pratica saranno tema del
nostro prossimo numero.». (Editoriale)
Le esigenze politiche arabe concernenti le condizioni del
Dialogo non si limitavano solo a Israele. Riguardavano
dunque la stessa Europa. M. Tijl Declerq, membro belga della
Association Parlementaire pour la Coopération Euro-Arabe,
sottomette alla commissione economica della sua associazione
uno studio sulle condizioni della cooperazione, che viene
richiamato da Eurabia, col titolo: “Un punto di
vista europeo”.
Nel testo si ribadisce che la “cooperazione economica
euro-araba deve risultare da una volontà politica.” In
altre parole, gli scambi economici erano subordinati al
sostegno della CEE alla guerra araba contro Israele.
L’autore belga prevedeva una cooperazione economica basata
sullo scambio di mano d’opera e materie prime arabe –il
petrolio evidentemente- con i prodotti della tecnologia
europea.
«Une politique à moyen et à long terme doit être élaborée
dès maintenant afin de réaliser une
coopération économique par la conjugaison des
réserves de main-d'oeuvre et de matières premières arabes, de la
technologie et du "management" européens».
E’ plausibile
pensare che sia stata questa clausola a originare, a partire
dagli anni ’70, la massiccia emigrazione araba in Europa.
Secondo M. Declerq, il riciclaggio dei petrodollari doveva
realizzare l'interdipendenza dell'Europa occidentale e dei
paesi arabi per “arrivare gradualmente a una integrazione
economica completa e possibile”. Ma l’integrazione
euro-araba sarebbe rimasta teorica senza la realizzazione
dell’obiettivo politico, cioè la guerra contro Israele.
Dunque: «Una volontà politica reale dev’essere alla base
dei concreti progetti di cooperazione e deve manifestarsi a
tre livelli: in ogni Stato, a livello continentale, a
livello mondiale.» …Riunioni preparatorie comuni e
convegni dovevano essere «moltiplicati a tutti i livelli… in
modo da arrivare a posizioni comuni.»
I propositi di M. Declerq vennero integrati in toto nelle
risoluzioni della Association Parlementaire pour la
Coopération Euro-Arabe, riunita a Strasburgo (7-8 giugno
1975), publicate in Eurabia. La sezione politica
aveva tre temi: la politica europa nei confronti di Israele,
la creazione di un movimento di opinione favorevole agli
Arabi, l’accoglienza degli immigrati musulmani in Europa.
Per quanto riguardava Israele la Associazione si allineò con
le posizioni arabe in favore del ritorno alla linea di
confine del 1948, in contrasto con la risoluzione ONU 242.
(…)
Eurabia come entità culturale
La Risoluzione culturale conteneva molte affermazioni di
principio tra le quali:
« Riconoscere il contributo storico della cultura araba
allo sviluppo europeo;
Sottolineare l’apporto che i paesi europei possono ancora
ricevere dalla cultura araba, specialmente nel campo dei
valori umani » (…)
L’Associazione
richiamava lo sviluppo dell’insegnamento della lingua e
cultura arabe in Europa: « Auspicando che i
governi europei rendano disponibili ai paesi arabi mezzi
massivi per la partecipazione dei lavoratori immigrati e
delle loro famiglie alla vita culturale e religiosa araba. »
L’Associazione faceva appello alla stampa, ai gruppi di
collaborazione e all’incremento del turismo per modificare
l’opinione pubblica in favore del mondo arabo. Essa « richiede
ai governi dei Nove stati membri di sviluppare il settore
culturale del dialogo euro-arabo in uno spirito costruttivo,
accordando una grande priorità alla diffusione della cultura
araba in Europa.
Richiede ai governi arabi di riconoscere le conseguenze
politiche di una cooperazione attiva con l’Europa nel
settore culturale ».
La Risoluzione terminava con una condanna e una accusa
contro Israele : « …condanna, pur riconoscendo il diritto
all’esistenza dello Stato di Israele, la volontà sionista di
sostituire sul territorio palestinese la cultura ebrea a
quella araba, allo scopo di privare il popolo palestinese
della sua identità nazionale; Considerando che effettuando
scavi nei luoghi santi dell'Islam — nella zona
occupata di Gerusalemme — Israele ha commesso una
violazione del diritto internazionale, nonostante il parere
negativo della Unesco » (…)
La riunione di Strasburgo fu seguita da un simposio del
Comitato misto di tecnici ed esperti, tenuto al Cairo il 14
giugno del 1975, nel quale si delineava una prima
formulazione dei principi generali del dialogo euro-arabo.
Il Memorandum congiunto della riunione nella Introduzione
precisava che « Il dialogo è frutto di una volontà
politica comune svoltasi al più alto livello, la quale ha lo
scopo di stabilire relazioni speciali tra le due parti. »
Si ribadiva il dialogo aveva preso avvio alla fine del 1973
con la dichiarazione dei Nove membri CEE del 6 novembre
1973 riguardo la situazione in Medio-Oriente. (…)
Tra gli innumerevoli settori in cui si
sarebbe sviluppata la cooperazione, tutti elencati nel
Memorandum, è menzionata la cooperazione nella tecnologia
nucleare, nella finanza, le banche e la gestione dei flussi
finanziari, nella ricerca scientifica, lo sviluppo
tecnoscientifico, la formazione tecnica e professionale,
l’utilizzo dell’energia nucleare. La formazione di personale
specializzato per i progetti presi in considerazione si
sarebbe svolta « sia con l’invio di scienziati europei
allo scopo di addestrare il personale arabo, sia con la
formazione del personale arabo nei centri di ricerca e nelle
industrie dei paesi della Comunità economica Europea. »
(…)
Sviluppi: ingerenza araba nella CEE
Nel mettere in relazione diretta economia e politica, si può
constatare la differenza tra le prospettive CEE e quelle
della Lega Araba. La CEE cerca vantaggi economici e
profitto, per mezzo di una strategia di espansione nei
mercati internazionali, soprattutto nel settore petrolifero,
nel commercio, nella produzionene industriale. L’azione
della CEE si caratterizza per il pragmatico affarismo dei
tecnocrati che elaborano i programmi di aiuti e di sviluppo,
e che al tempo stesso realizzano vendite massicce di armi,
di armamenti missilistici e nucleari (come Osirak in Irak),
nonchè lo sviluppo dell’interscambio commerciale.
D’altra parte, gli arabi utilizzano
l’economia come mezzo decisivo per strumentalizzare la CEE
coinvolgendola in una strategia di lungo termine nei
confronti di Israele e dell’America. (…) Uno dei delegati
arabi esprimeva perfettamente lo spirito in cui avveniva il
Dialogo, nel corso delle riunione tecnica del gruppo di
Cooperazione Euro-arabo, svoltosi ad Amsterdam nel 1975:
«Gli europei e gli arabi, per mezzo della loro sempre
maggiore interdipendenza possono estinguere la fonte di
« irritazione politica » che li riguarda : il problema di
Israele, potranno così dedicarsi alle fatiche di Ercole che
restano da compiere. »
(Edmond Völker, ed., Euro-Arab Cooperation. Europa
Instituut, University of Amsterdam, Amsterdam, The
Netherlands, A.W. Sijthoff, Leyden, 1976, p. 179.)
(…) Il DEA divenne –soprattutto per quanto riguardava la
Francia- l’unificatore della diplomazia delle due parti. In
tutte le sedi internazionali la CEE si allineava sulle
posizioni antisioniste arabe. Veicolo di legittimazione e
propaganda dell’OLP, il DEA procurò all’organizzazione
riconoscimento diplomatico e conferì ad Arafat e ai suoi
movimenti terroristi onorabilità e statura internazionale.
All’interno del DEA si realizzava intanto la politica anti
israeliana, sia all’interno dei singoli Stati, nelle
Organizzazioni Internazionali, come nei sindacati, nelle
universtià, nei media. Il DEA diffonde e rende viva in tutta
l’Europa la demonizzazione e la diffamazione di Israele [che
fino a pochi anni prima aveva goduto del consenso popolare,
di fronte ai numerosi attacchi armati subiti].
A livello geostrategico la Cooperazione fu uno strumento per
sviluppare l’antiamericanismo in Europa, mirando a separare
e indebolire la cooperazione con gli USA per mezzo
dell’incoraggiamento di atteggiamenti ostili e denigrando
continuamente la politica americana in Medio Oriente.
La sincronizzazione dell’importazione di mano d’opera
islamica in Europa con l’export di prodotti europei nei
paesi arabi, ha permesso il trasferimento definitivo di
milioni di immigrati, con un processo senza precedenti nella
storia quanto a rapidità e ampiezza. (…)
Il lassismo dei governi europei fu aggravato dalla decisione
di attribuire ai paesi arabi la facoltà di esportare,
insieme agli immigrati, anche culture e comportamenti
tradizionali (Dichiarazione DEA a Damasco, 11 sett. 1978).
Il trasferimento culturale in Europa, integrato
dall’immigrazione di milioni di persone dall’Africa, dal
M.O. e dall’Asia, era già stato pianificato nel corso del
seminario Euro-arabo tenuto presso l’università di Venezia
nel marzo del 1977, il quale riguardava « I mezzi e le
forme di cooperazione per diffondere in Europa la lingua
araba e la sua civiltà letteraria. » Il Seminario venne
organizzato dall’Istituto per l’Oriente di Roma e
dalla Facoltà di Lingue, sezione Letteratura araba,
dell’Università di Venezia. Tra i partecipanti figuravano
14 rappresentanti delle università arabe, 19 arabisti
europei, numerose personalità legate al mondo musulmano,
nonché il rappresentante dell’Istituto Pontificio di Studi
Arabi, di Roma. Il Seminario era inserito nel contesto del
DEA, aveva cioé l’assenso del presidente della CEE e dei
ministri degli Esteri di ogni paese presente.
[Euro-Arab Dialogue. The Relations between the two
cultures. Acts of the Hamburg symposium April 11th to l5th
1983.
English version ed. by Derek Hopwood, Croom Helm,
Londres,1983, si vedano le raccomandazioni a proposito del
Seminario di Venezia, pp. 317-323.)
(…) Il Seminario si concluse con numerose
mozioni di intenti, il cui tenore generale preconizzava la
creazione in Europa di Centri di cultura e diffusione della
lingua araba in tutti i paesi europei, in coordinamento
diretto coi paesi arabi, nonché la presenza diretta di
professori arabi specializzati nell’insegnamento.
Le esigenze culturali del blocco arabo
Già a partire dagli anni ‘70 la politica dell’emigrazione,
integrata nell’ideologia politico-economica del DEA (1973),
non proponeva il trasferimento di individui desiderosi di
integrarsi nel paese di accoglienza [anzi, l’esatto
opposto]. Il DEA pianificava l’impianto nel tessuto
laico europeo di milioni di individui, arrivati non per
integrarsi ma con la garanzia di poter godere, nel paese di
accoglienza, il diritto di mantenere integra e
compartimentata la propria civilizzazione. La
pusillanimità della CEE facilitò la formazione di gruppi
ostili al contesto europeo, nei quali gli emigrati
ricusavano le istituzioni laico-statali, considerate
inferiori alla sha’riah di Allah. In questo modo ogni
possibile integrazione veniva esclusa fin dalle origini del
movimento migratorio…
Il Simposio di Amburgo (11-15 aprile 1983) fu
inaugurato in pompa magna dal discorso di apertura di
Hans-Dietrich Genscher, ministro degli Esteri della
Repubblica federale tedesca, al quale seguì un intervento
del Segretario Generale della Lega Araba, Chadly Klibi.
Genscher richiamò con vigore il debito di riconoscenza
dell’Europa nei confronti della civilizzazione islamica
[cosa mai fatta nei confronti della civilizzazione
« giudeocristiana », incluso l’Atto costituivo europeo]
e sottolineò l’importanza del Dialogo di solidarietà
euro-araba. Richiamò l’atto costitutivo del DEA, nel 1973, e
l’importanza della condizione politica imprescindibile : la
politica anti israeliana nel Medio Oriente da parte della
CEE come fondamento dell’impianto economico della
cooperazione Euro-Araba.
La CEE [anche in seguito] esige da Israele il ritorno alle
linee dell’armistizio del 1948. Il rifiuto di riconoscere il
diritto di avere come capitale Gerusalemme implicava la non
liceità e la negazione della storia del popolo ebreo. La CEE
adottò il mantra arabo secondo il quale la questione
palestinese è la chiave magica per risolvere ogni conflitto
mondiale. Così l’Europa abbandonò i cristiani libanesi al
massacri [più gravi di quello di Sabra e Chatila, peraltro
falsamente attribuito agli israeliani] e condannò i
cristiani che ancora vivono nei paesi arabi alle
persecuzioni della dhimma.
Sul piano demografico la politica di immigrazione attuata da
CEE e UE diede realtà ai propositi di islamizzare l’Europa,
ad esempio garantendo una base legale e logistica agli
Istituti di cultura islamica. Le reali cifre della
immigrazione vennero dissimulate al grande pubblico,
come se fossero un segreto di Stato. L’export nel paese
ospite di leggi culturali e religiose, caso unico nella
storia dell’emigrazione, venne incluso negli accordi tra
CEE/UE e Lega Araba come un diritto inalienabile. Eppure ciò
è l’ostacolo principale a ogni integrazione possibile,
anche perché i legami con i paesi di origine vennero
incoraggiati e mantenuti saldi con una serie di accordi a
più livelli.
I Saint-Just europei dell’antirazzismo riuscirono a
soffocare il dibattito sull’insicurezza, la criminalità e il
fanatismo religioso che crescevano in alcuni settori di una
popolazione che rifiutava l’integrazione. Questa politica
suicida venne sostenuta dagli apparati di ogni tendenza
politica e religiosa.
L’infrastruttura culturale del DEA permise l’import in
Europa dei pregiudizi anticristiani e giudeofobici contro
l’Occidente e Israele, da parte di islamici tra i quali si
diffondeva la cultura del jihad. Proprio in quegli
anni lo jihad servì ad alimentare il nuovo
terrorismo. Molti emigrati ne divennero i vettori e
diffusori all’interno stesso dell’Europa, col silenzio
complice di accademici, politici, e di tutto l’apparatnik
del DEA. Il disprezzo per la cultura giudeo-cristiana «
infedele » si esprimeva nell’affermazione della grandezza
della civilizzazione islamica, alla quale si sarebbero
abbeverati gli studiosi europei. (...) Queste assurdità,
ripetute con rispetto dai ministri d’Europa, costituiscono
in realtà uno dei princìpi del mondo arabo, secondo il quale
le civiltà degli infedeli sono « inferiori ». Lo stesso
termine « civilizzazione giudeo- cristiana» è rigettato dai
musulmani fondamentalisti secondo i quali esiste soltanto la
civilizzazione islamica che ingloba –per tramite di Abramo,
profeta musulmano- ebrei e cristiani. [Ecco perché molti
politici e accademici europei non parlano di civiltà
giudeo-cristiana ma di civiltà dei « figli di Abramo ».
]
L’espansionismo
culturale e religioso islamico [che trionfa in Africa, dopo
essere stato sconfitto in Asia], è parte integrante del DEA:
l’UE ripudia le sue radici e ricusa il cristianesimo. Il
furto della memoria storica dell’Europa, al cui posto viene
innestata la concezione islamica della storia, produce la
diffusione di una pseudo-cultura negazionista e
colpevolizzante, nella quale la venerazione del mito
andaluso copre e soffoca la realtà di massacri e le
devastanti invasioni musulmane attraverso i secoli.
L’ossequio degli accademici sottomessi al potere politico,
a sua volta interamente dominato dal materialismo economico,
richiama alla mente i peggiori periodi di declino
dell’intelligenza. La censura nei confronti delle idee
aliene ai diktat europei, il soffocamento massiccio del
multiculturalismo e del pluralismo delle idee, applicato col
mezzo soft del politicamente corretto, è mutuato dai paesi
arabi insieme alla cultura dell’odio nei confronti di
Israele. Tutto ciò ha condotto all’esclusione di fatto e
al boicottaggio delle università israeliane da parte delle
università europee, una oscenità culturale che richiama il
Terzo reich.
L’antisemitismo/antisionismo arabo fu impiantato in Europa
nel quadro concettuale realizzato dal DEA, la sua
pianificazione guida l’opinione pubblica verso il sostegno
della causa araba. Il mondo arabo-islamico teleguida
l’Europa per renderla esecutrice della sua politica anti
israeliana.
La macchina mediale e politica del DEA ha portato l’Europa a
ospitare i terroristi palestinesi sul suo territorio,
giustificando e legittimando il terrore contro Israele,
finanziando le infrastrutture terroriste e l’educazione
all’odio praticata nelle scuole arabe. Non a caso l’UE è
stata il maggior contribuente dell’UNRWA, [Agenzia Onu
per i rifugiati palestinesi] alla quale ha fornito il
38% del budget. (…).
Nel 2000-2002 l’Eurabia ha preso il posto dell’Europa. In
Eurabia la concezione islamica della storia ha
soppiantato il ricordo della jihad, della dhimma, che
hanno formato le relazioni dei musulmani coi non-musulmani
dal VII secolo a oggi. La cultura d’Eurabia è una miscela di
odio contro l’ebraismo, il cristianesimo e contro l’America.
I politici e intellettuali che hanno guidato la nascita di
questo nuovo Asse politico-culturale sono gli stessi che
minimizzano l’esistenza di un’ondata antiebraica in Europa,
ondata che essi stessi hanno reso possibile e che attizzano
da trenta anni. (…)
Se l’Europa sparirà, sarà a causa di meri interessi
economici e di errori nella sua politica internazionale. Il
Dialogo Europeo-Arabo (DEA), che ha legato l’economia
europea alla politica araba avversa a Israele e
all’Occidente, è stato causa della deriva europea verso la
sfera di influenza e di potere arabo-islamica.
Gli apprendisti stregoni hanno scoperchiato l’ennesimo Vaso
di Pandora.
(Traduzione e riduzione di Paolo della Sala)
Riferimenti
bibliografici
Saleh A. Al-Mani, The Euro-Arab Dialogue.
A Study in Associative Diplomacy,
ed. Salah Al-Shaikhly, Frances Pinter (Publishers),
Londres, 1983, p.48.
Vedere inoltre, a cura di Jacques Bourrinet, Le Dialogue
Euro-Arabe, Economica, Paris 1979.
Documents d’Actualité Internationale (DAI), 1974, n°l,
pp.2-3.
Françoise de la Serre, «Conflit du Proche-Orient et
Dialogue Euro-Arabe: La Position de l’Europe des Neuf ».
Seconda Conferenza islamica, Lahore, 24 febbraio 1974, in
DAI, 1974, n° 14, pp. 274-81.
DAI 1974, Conferenza di Capi di Stato Arabi (Algeri, 26-29
novembre 1973) Déclaration de politique Générale (Algeri, 28
novembre 1973) (Fonte: Conférence des Chefs d’Etat arabes)
n°7, pp.122-26).
Bat Ye’or, Juifs et Chrétiens sous l’Islam. Les dhimmis
face au défi intégriste, Paris, Berg International,
1994, p. 252.
Edmond Völker, ed., Euro-Arab Cooperation.
Europa Instituut, University of Amsterdam, Amsterdam, The
Netherlands, A.W. Sijthoff, Leyden, 1976, p. 179.
Euro-Arab Dialogue. The Relations between the two cultures.
Acts of the Hamburg symposium April 11th to l5th 1983.
English version ed. by Derek Hopwood, Croom Helm,
Londres,1983, Raccomandazioni sul Seminario di Venezia, pp.
317-323.
DAI, 2 settembre 1977, n° 35, Consiglio d’Europa (Londra,
giugno 1977) p.137. Dichiarazione dei Nove sul Medio-Oriente
(Londra 1977) Testi ufficiali, pp.666- 67.
1977, n° 44, ONU, Assemblea Generale, Documento ufficiale,
pp.854-55.
Rifiuto dell’espressione « giudeo-cristianesimo »:
Bruno Etienne, La France et l’islam, Paris, 1989,
Hachette, p.l89.
LINK
Dichiarazione di Barcellona
(1995)
Collaborazione Euro-Mediterranea
Organizzazioni interparlamentari, di
propaganda, finanziarie
MEDEA a Bruxelles
MEDA, banca europea di finanziamento
ai paesi arabi
Dialogo tra i popoli e le culture
nell’Area mediterranea:
deliberato nel 2003 da Romano
Prodi, presidente della Commissione Europea, e accolto dalla
UE nel 2004.
- Per applicare il programma individuato dal
gruppo di saggi nominato da Prodi, si è creata la
Fondazione Anna Lindh, con
sede ad Alessandria in Egitto:
Raccomandazione 1162 del Parlamento
Europeo
«Contributo della civiltà islamica
alla cultura europea»
Raccomandazione 5 del Parlamento Europeo
«Contro il razzismo e
l’intolleranza»
Musulmani e popoli soggetti,
a cura di Paolo della Sala, Le Guerre Civili
Come sauditi e iraniani hanno
conquistato l’Africa,
di Tamir Taheri. Traduzione e adattamento di Paolo della
Sala
Bibliografia testi di Bat Ye’Or
Eurabia, the Euro-arab axis,
Fairleigh Dickinson University Press (Gennaio 2005) ;
The Dhimmi: Jews and Christians under Islam,
Fairleigh Dickinson University Press; Rev&Expand edition
(Aprile 1985);
The Decline of Eastern Christianity under Islam. From
Jihad to Dhimmitude: 7th - 20th Century, Farleigh
Dickinson University press/Associated University press
(1996);
Islam and Dhimmitude. Where Civilizations Collide,
Farleigh Dickinson University Press, (2002);
LE DHIMMI: Profil de l'opprimé en Orient et en Afrique du
Nord depuis la conquête arabe, Anthropos, 1980;
Les Chrétientés d'Orient entre Jihâd et Dhimmitude:
VII-XX siècle, Le Cerf, 1991;
Juifs et Chrétiens sous l'Islam: les
dhimmis face au défi intégriste, Berg International,
1994; Seconda edizione :
Face au danger intégriste: juifs et chrétiens sous l'Islam,
Berg International, 2005.
|