| Germania, obiettivo 40 ore di Angela Regina Punzi
 
 Lavorare di più per lavorare tutti. E’ il risultato dell’accordo 
              raggiunto in Germania tra i sindacati e la Siemens per portare la 
              settimana lavorativa a 40 ore senza una variazione del salario. La 
              rinuncia alla settimana corta è stata accettata per impedire il 
              trasferimento di circa duemila posti di lavoro nella vicina 
              Ungheria. Nelle due fabbriche della Siemens che producono telefoni 
              cellulari e portatili, i sindacati hanno anche acconsentito 
              all’eliminazione della tredicesima mensilità e dell’indennità 
              delle vacanze, un contributo che generalmente oscilla intorno ai 
              500 euro e che ora verrà sostituito con premi legati alla 
              performance produttiva dei 4mila dipendenti a rischio. Le 35 ore 
              erano state introdotte in Germania nel 1995 e dopo 9 anni “di 
              sperimentazione” sono stati gli stessi tedeschi a volervi 
              rinunciare. Mentre il presidente della IG Metall, Jürgen Peters, 
              continua a ripetere che quello Siemens è solo un caso isolato 
              necessario a salvare posti di lavoro a rischio, anche altre 
              aziende tedesche sono pronte a chiedere l’abolizione delle 35 ore.
 
 L’innalzamento dell’orario di lavoro senza l’aumento della 
              corresponsione economica si sta diffondendo rapidamente anche in 
              altre aziende tedesche. Phlilips, Daimler-Chrysler e Continental 
              vogliono rimanere competitive come la Siemens, e proprio per 
              questo hanno già avviato tavoli di consultazione per arrivare ad 
              un accordo analogo. Secondo il quotidiano tedesco “Die Welt” più 
              di 100 industrie stanno già trattando per l’allungamento della 
              settimana lavorativa a 40 ore e già 40 aziende l’hanno adottato 
              dal primo marzo con l’accordo dei sindacati. Il mondo del lavoro 
              tedesco torna indietro, a prima della metà degli anni Novanta, 
              quando i sindacati riuscirono ad ottenere la riduzione dell’orario 
              a 35 ore settimanali. I gruppi industriali tedeschi sono afflitti 
              da un costo del lavoro tra i più elevati al mondo che ha già fatto 
              perdere molta competitività al “made in Germany”. Ma perché questa 
              inversione di tendenza? Il presidente della Bce, Jean-Claude 
              Trichet, commenta che “tutto ciò che va nella direzione della 
              flessibilità, di una maggiore produttività, dell’efficienza e 
              della competitività, va nella direzione giusta”. L’accordo 
              Siemens-IgMetall è invece visto con scetticismo da numerosi 
              economisti tedeschi. Di questo parere, uno dei cinque “saggi” 
              consiglieri di Schröder, secondo il quale il prolungamento della 
              settimana lavorativa a parità di compenso si tradurrà, di fatto, 
              in un taglio dei salari, misura che a sua volta potrebbe avere 
              effetti preoccupanti sulla domanda delle famiglie e quindi sulla 
              crescita.
 
 Tuttavia, il timore che alcune produzioni potessero essere 
              trasferite nei paesi dell’Europa centro-orientale, in Cina e in 
              India nel tentativo di accrescere la produttività, ha spinto i 
              sindacati ad assumere un atteggiamento più realistico e 
              pragmatico. Solo un anno fa l’Ig-metall si batteva per estendere 
              le 35 ore anche ai Länder orientali. Lo sciopero terminò con un 
              clamoroso fallimento del sindacato metalmeccanico che oggi, dopo 
              solo 12 mesi, ha firmato l’accordo arrendendosi all’evidenza che 
              le 40 ore possano essere una valida alternativa ai tagli 
              occupazionali e alla delocalizzazione. Certo è che la pressione 
              competitiva dei vicini paesi a basso costo del lavoro spinge 
              aziende e sindacati tedeschi, e non solo, ad elaborare nuove forme 
              di flessibilità. Il cambiamento di rotta ha intanto influenzato 
              anche Parigi che solo qualche anno fa, sotto il governo socialista 
              di Jospin, aveva sollevato la bandiera ideologica del “lavorare 
              meno, lavorare tutti”. Il ministro dell’Economia francese, Nicolas 
              Sarkozy, chiede lo smantellamento delle 35 ore perché sono – dice 
              – “un controsenso economico”. Sarkozy ha attaccato le leggi Aubry 
              del 1998 e del 2000 che avevano ridotto la durata legale del 
              lavoro da 39 a 35 ore settimanali. Ed anche Raffarin ha sostenuto 
              che la Francia deve aumentare il numero di ore lavorate.
 
              
              26 luglio 2004
 a.punzi@libero.it
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