Il peccato originale della riunificazione tedesca
di Vittorio Mathieu
[25 ott 05]
La Germania ha un Cancelliere dimezzato o, se preferite, un
Cancelliere e mezzo. Non è una buona situazione. La “grossa
coalizione” si risolve troppo facilmente in un inciucio, perché
all’opposizione rimangono poche forze. E, allora, quel controllo
reciproco che è il frutto più prezioso della democrazia va
perduto.
Di
chi la colpa? Non sembri presunzione attribuirla a Helmut Kohl.
Non poteva non fare la riunificazione, ma doveva farla meglio.
Così come è venuta ha indispettito tanto la Germania Est quanto
la Germania Ovest. Le ragioni sono più di una, ma ne indicherò
una soltanto: la finzione del cambio alla pari tra marco
dell’Est e marco dell’Ovest. Finzione, perché limitazioni
inevitabili furono poste al cambio effettivo, altrimenti chi
avesse tesaurizzato (non era impossibile) grandi somme o crediti
in marchi orientali avrebbe realizzato un enorme arricchimento
illecito.
Lo
scopo era non umiliare i nuovi cittadini dello Stato
democratico: non fu raggiunto. Anzi, i tedeschi dell’Est persero
il lavoro e la voglia di lavorare. I capitalisti dell’Ovest si
impadronirono qualche volta di aziende a buon mercato, che però
non riuscivano a far funzionare. La cautela contro decisioni del
genere, in questioni di valuta, dovrebbe essere sistematica, a
prescindere dalle singole circostanze. Quando si fissa un cambio
arbitrario - o anche, per il momento, ragionevole – tra due
monete, la più debole finisce col colare a picco e spesso
trascina in parte anche la più forte (il caso del peso argentino
e del dollaro è emblematico, ma anche quello dell’euro con la
lira).
Se la
moneta non è la stessa, o non si fonda su una base esterna (ad
esempio aurea), il cambio o è libero, cioè affidato al mercato,
o non è. Per contro le autorità monetarie presumono spesso di
stabilire i cambi a loro arbitrio. Più competente era un
cambiavalute della Costa d’Avorio, attivo fin verso l’ultima
guerra mondiale, che era ancora in grado di cambiare i talleri
di Maria Teresa. Parodiando un celebre titolo di De Musset
potremmo dire: "on ne badine pas avec l’argent".
25 ottobre 2005 |