Telekom Serbia, spunta il nome di Fassino
di Patrizio Li Donni
Prime crepe nel muro di "non so" sull'affare Telekom Serbia. Più volte il ministro degli esteri Dini aveva detto di aver saputo dell'affare Telekom Serbia solo a trattativa conclusa e apprendendolo dai giornali. Nel salotto televisivo di Bruno Vespa, a Porta a Porta, l'onorevole Fassino dichiarò che "nel colloquio con Milosevic non si discusse di Telekom Serbia né di rapporti economici di alcun tipo". Ad illuminare la scena, invece, spuntano i documenti inviati dall'ambasciatore Francesco Bascone al ministero degli Esteri, direzione affari economici, e in visione a Fassino, allora sottosegretario del medesimo ministero, che fanno intendere come i viaggi in Jugoslavia dell'attuale candidato vicepremier dell'Ulivo non fossero solo politici ma servissero anche per aprire una più ampia collaborazione commerciale e imprenditoriale con il regime di Milosevic. Dopo la Repubblica, che ha fatto scoppiare il caso, è adesso il Giornale ad indagare con grande tenacia.
E' il 22 novembre 1996 quando Bascone riferisce del viaggio a Belgrado compiuto da Fassino qualche giorno prima. Scrive in un testo in stile telex che "nel campo della telefonia mobile gli jugoslavi sono molto interessati a cooperazione con Telecom, la quale potrebbe entrare in un consorzio che per la costruzione della seconda centrale Gsm prevede di raccogliere un capitale di 100 milioni di dollari e di cui ha già accettato di far parte per metà la Telecom coreana". "In conversazione con on. Fassino, ministro Esteri Milutinovic ha esordito spezzando una lancia per semplificare procedura visti". Prosegue il rapporto dell'ambasciatore su Fassino al punto due: "Prospettive collaborazione economica fra Italia e Rfj (Repubblica federale jugoslava) hanno interamente occupato incontri con vice primo ministro federale Sainovic e con presidente assemblea Tomic, nonché buona parte di quello con Milosevic. Presidente della Serbia ha messo in primo piano telecomunicazioni (…)". Recita ancora il rapporto: "Vujovic aveva da tempo manifestato proprio interesse a venire in Italia. On. Fassino ha proposto un viaggio a Roma dello stesso Sainovic, a breve scadenza (se impossibile trovare una data in dicembre, puntare su gennaio), per incontri non solo con esponenti del governo, ma con grandi aziende e banche. Ha inoltre prospettato di far incontrare dirigenti di alcune grandi banche dei due paesi, eventualmente nell'ambito della stessa visita Sainovic. On Fassino si è poi detto disponibile sollecitare Eni ed altre aziende ad interessarsi a grandi progetti di trasporti energetici (petrolio, gas, elettricità) ma ciò richiederà un impulso politico da parte governo Belgrado ai fini della scelta di azienda italiana come partner".
Risulta dunque chiaro da questo rapporto che la politica del governo Prodi, con Lamberto Dini ministro degli Esteri e Fassino sottosegretario, non si occupava solo di visti e passaporti con la Repubblica federale jugoslava. Siamo circa sei mesi prima della conclusione dell'accordo che porterà nelle casse di Milosevic 1500 miliardi di lire. E' proprio nel giugno del 1997, infatti, che verrà siglato da Telecom Italia l'acquisto del 29 per cento di Telekom Serbia. In quel momento il regime era assediato dalle opposizioni che manifestavano pacificamente in piazza, a corto di soldi e senza più molte prospettive. Milosevic, non sapendo più come pagare gli stipendi ai militari e le pensioni, aveva bisogno di un colpo da maestro. Lucidare il gioiello di famiglia e venderlo. Il colpo gli riuscirà in poco tempo. Due settimane fa abbiamo ricostruito i passaggi essenziali della vicenda, con il ruolo fondamentale degli advisors e il "viaggio" del danaro dai conti greci a quelli presso la Paribas e la Barclay di Londra. Commissioni internazionali si dice, "stecche" per quei mafiosi di italiani dirà poi Milosevic durante il brindisi con i suoi collaboratori. Alla luce di queste carte inviate dall'ambasciatore Bascone sembra di essere ancora ai primi approcci, ma nei sei mesi che vanno da dicembre a giugno ci sarà l'accelerazione decisiva. Intanto è assodato che il governo non poteva non sapere, anzi che fu proprio il sottosegretario Fassino a sollecitare una collaborazione di carattere economico e imprenditoriale con Milosevic e i suoi uomini.
20
marzo 2001
freccia@libero.it
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