Il Forum della confusione globale
Il forum della Confusione globale. Per quattro giorni, dal 14 al 17, sembrava che a Napoli i maggiori esperti ed i più sofisticati innovatori dell'e-government (la pubblica amministrazione informatizzata ed interattiva) avrebbero preso delle decisioni cruciali. Si pensava che sarebbe stato discusso un piano d'azione che affrontasse, soprattutto, la sfida più delicata per un pianeta che si vuole effettivamente integrato nello sviluppo: il digital divide, il fossato tecnologico tra paesi sviluppati e sottosviluppati. Invece, tante chiacchiere, molta indignazione, persino commozione: l'analfabetizzazione, la mancanza di infrastrutture, i costi elevati di hardware e software. Cause arcinote del digital divide. Non c'era bisogno di un forum dell'Oecd, il terzo Global forum sull'e-government, per scoprirle. Semmai, un vertice dell'Oecd avrebbe dovuto stabilire cosa occorre fare per eliminarle. Pecoraro Scanio, in quest'atmosfera di inconcludenza generalizzata, si è particolarmente distinto, invocando "nuove regole mondiali o, meglio, un trattato internazionale in grado di disciplinare ciò che di nuovo si sta delineando". La proposta del nulla.
Un evento mal concepito: troppe persone iscritte a parlare, completa assenza di dibattito (non c'era mai tempo), monotona ripetitività degli interventi, confusione smisurata nei temi trattati: e-government, sviluppo economico, democrazia elettronica usati come intercambiabili sinonimi. Nessuna visione politica, nessuna analisi futuristica, nessun accenno alla società connettiva e alle trasformazioni in atto dei processi politici. Emma Bonino come dea ex machina (eravamo al San Carlo), l'unica a parlare non a sproposito di Internet e politica: l'attività più che decennale dei radicali, le elezioni online, l'impegno per la partecipazione attiva dei cittadini attraverso la Rete. Un progetto, insomma; una proiezione coraggiosa ed intelligente, per anticipare i tempi. Come stupirsi, allora, dei molti delegati (erano presenti 122 paesi, spesso abbondantemente rappresentati, anche ai massimi livelli) ozianti nei giardini di Palazzo Reale e negli stands espositivi, in attesa di coffee-breaks, pranzi e cene di gala? Per non parlare degli spottoni concessi ai soliti noti. Al ministro Bassanini (definito "uno e trino" da un quotidiano locale per la sua consumata abilità di ubiqua presenza ai tavoli del buffet, persino scatenato in discoteca), che ha magnificato il suo operato (informatizzazione della pubblica amministrazione, carta d'identità elettronica, prossime sperimentazioni di voto elettronico). A Bill Gates (in video conferenza), che ha rivendicato il ruolo strategico della Microsoft nella realizzazione di avveniristici progetti di e-government, proponendosi per contratti futuri: "Questo è davvero un momento storico sorprendente per tutti. Siamo ad un crocevia ricco di promesse, caratterizzato dall'innovazione tecnologica e dalle crescenti possibilità per tutte le persone di accedere alle tecnologie. Mi auguro che Microsoft possa continuare a lavorare con voi per realizzare le opportunità che il futuro ci riserva".
Un intervento particolarmente significativo, invece, è stato quello di Stefano Venturi, vicepresidente della Cisco Systems. Come tutti, ha lanciato un grido di allarme: nei prossimi anni i paesi occidentali avranno bisogno di tecnici qualificati per la gestione delle reti (90mila solamente in Italia), ma le strutture formative esistenti non riusciranno a soddisfare questa domanda. A differenza di moltissimi altri, però, ha spiegato cosa la Cisco ha fatto per risolvere il problema: il Network Academy Program, una rete di centri di formazione, anche attraverso l'e-learnig (formazione a distanza), diffusi anche nei paesi sottosviluppati, soprattutto in Cina ed India, ma anche Bangladesh, Benin, Chad e Nepal. Le cifre parlano da sole: 6016 centri di formazione in 107 paesi, con circa 156mila studenti iscritti, a molti dei quali verrà offerto di trasferirsi negli Stati Uniti. Alta formazione, immigrati professionalmente qualificati, sviluppo economico nel paese d'accoglienza, sviluppo economico anche nei paesi d'origine: un ciclo virtuoso che aiuta a combattere l'immigrazione clandestina.
Quello sviluppo economico che è stato prepotentemente al centro dei seminari di formazione a castel dell'Ovo, nei giorni immediatamente precedenti il global forum, riservati ai pubblici amministratori dei paesi sottosviluppati. Una formula azzeccata: interventi introduttivi che presentavano le esperienze, sia positive che negative, in alcuni paesi del terzo mondo, supervisione dell'Agenzia per lo sviluppo delle Nazioni Unite, tempo a disposizione per il dibattito ed il confronto. Anche durante i seminari, purtroppo, alla discussione non hanno fatto seguito decisioni operative. Nonostante ad alcuni delegati brillassero gli occhi: perché nelle tecnologie satellitari, nel piano tailandese di diffusione delle nuove tecnologie negli ambienti rurali, nella trasparenza dell'azione amministrativa intravedevano la fine della corruzione endemica e magari tassi di sviluppo a due cifre. Poi hanno capito che l'e-government ha bisogno di soldi, di molti soldi: per le infrastrutture, per i computer, per le licenze del software proprietario. Nessuno però ha parlato di open source, di quelle soluzioni vincenti dal punto di vista tecnico che non costano nulla (o quasi: l'assistenza è sempre a pagamento). Già, se è la Microsoft a sponsorizzare l'evento…
Insomma, in questo global forum non si è deciso nulla. Si è parlato molto, anzi troppo, di banalità o problemi già conosciuti, senza avere peraltro il tempo di discuterne approfonditamente. Non si è parlato, o lo si è fatto in maniera marginale, di temi essenziali: l'open source, l'accessibilità delle informazioni in Rete, la privacy e i diritti "telematici" del cittadino. Un'occasione persa, la terza della serie, e l'andazzo sembra consolidato. (g.man.)
20
marzo 2001
giuse.mancini@libero.it
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