Federalismo: ecco i punti della riforma
di Elisabetta Di Virgilio


Si è avvicinato il giorno del referendum confermativo sulla legge di riforma costituzionale in materia federale approvato dalle Camere a ridosso della fine della scorsa legislatura. Alla vigilia del 7 ottobre, tutto ciò che si sa di questa legge - che, vale la pena ricordarlo, riforma l’art. 117 della Costituzione - è che ci chiamerà, dopo neanche quattro mesi, nuovamente alle urne per esprimere il nostro assenso o dissenso. La pronuncia popolare, tramite referendum confermativo su una legge di riforma costituzionale, ha valore vincolante ma non richiede una maggioranza assoluta dei votanti né il raggiungimento di un quorum per la validità. Vincerà chi ottiene più voti validi. Inutile, dunque, l’appello all’astensionismo. Ma, secondo la lettera dell'articolo 138, la legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.

La riforma, criticata duramente dal centrodestra per la limitatezza dei contenuti, è solo un primo e insufficiente passo sulla strada della costituzione dello stato federale. La ratio della legge di riforma dev’essere individuata nel principio di inversione del criterio di ripartizione delle competenze. Mentre l’art. 117 lasciava alle regioni una serie di competenze legislative residuali, espressamente specificate dal dettato costituzionale, la legge di riforma conferisce una competenza legislativa piena alle regioni in tutte le materie non espressamente riservate allo stato. Nella nuova legge gli “unici” ambiti di competenza statale rimangono "politica estera, difesa e forze armate, moneta e tutela del risparmio e mercati finanziari, tutela della concorrenza, perequazione delle risorse finanziarie, giurisdizione, referendum statali, ordine pubblico, sicurezza federale”. Le regioni godranno di maggiori poteri in tema di ambiente, istruzione e giudici di pace.

Inoltre, la legge prevede una differenziazione negli ambiti di autonomia riconosciuti a ciascuna regione e la soppressione di molti istituti di impronta centralista ancora presenti nella carta costituzionale; l’istituzione in ogni regione del Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione tra regioni ed enti locali. Entra a far parte delle materie regolate costituzionalmente anche la promozione della "parità d'accesso tra donne e uomini alle cariche elettive". Il punto di maggior interesse dell’intero impianto legislativo va rintracciato nella limitata autonomia finanziaria prevista. In base alla nuova legge, ogni regione si sostiene con proprie risorse. I comuni, le province, le città metropolitane e le regioni godranno di "autonomia finanziaria di entrata e di spesa", anche se la maggiore autonomia fiscale regionale non dovrà portare, in ogni caso, a tagli delle entrate statali. La legge prevede poi la "promozione dello sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale" e "risorse aggiuntive per attuare gli obiettivi previsti", oltre ad un "fondo perequativo" per i territori più poveri. Una norma transitoria, inoltre, stabilisce che "i regolamenti della Camera e del Senato possano prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali".

28 settembre 2001

lisadivirgilio@hotmail.com