“L’Italia affronti la questione islamica”
intervista a Omar Camiletti di Barbara Mennitti
"Se permettiamo che crescano persone che hanno una visione
ristretta dell'Islam, domani i nostri problemi saranno
moltiplicati". Secondo Omar Camiletti, studioso dell'Islam e
consigliere della Lega Musulmana Mondiale, attivo anche nella
Grande Moschea di Roma, l'istituzionalizzazione della religione e
della cultura islamica rappresenta la chiave di volta per trovare
una soluzione alla cosiddetta questione islamica che dopo essere
stata lungamente trascurata o affrontata in maniera superficiale e
discontinua, si riscopre oggi di attualità.
Il panorama delle comunità islamiche
residenti nel nostro paese appare in questo momento estremamente
variegato. Accanto a quelle degli esponenti islamici moderati ed
equilibrati, salgono le voci di imam e cittadini che si schierano
con bin Laden e incitano alla guerra santa. Lei, dall'interno,
come descriverebbe questo panorama?
Nell'Islam bisogna operare una netta distinzione fra nocciolo e
superficie. Quelle che appaiono maggiormente, perché più
mediatiche, sono proprio queste sue espressioni più
occidentalizzate, i cortei, le manifestazioni, i megafoni: tutto
ciò che ha a che fare con quello che è, per così dire, la
dimensione temporale, la politica. Quello che invece viene
definito Islam moderato, ma è in realtà l'Islam autentico che non
si nutre dell'esteriorità, permette di comprenderne il lato
interiore. Purtroppo gli osservatori e i commentatori si pongono
rispetto all'Islam solo su quel piano superficiale, dell'apparenza
che sembra comunicare al meglio con la cultura occidentale.
Ma lei è d'accordo sul fatto che oggi la
comunità islamica italiana sembra avere due facce?
Ritengo che sia venuto il tempo di chiedersi come si svolge il
culto e la pratica islamica. Ci sono degli imam improvvisati, ci
sono associazioni che reclamano la rappresentatività, quando in
effetti rappresentano solo poche persone. Bisogna che le
istituzioni politiche affrontino la questione islamica. E'
necessario, per esempio, verificare la preparazione degli imam,
verificare che non si tratti di attivisti politici. E, per quanto
ad alcuni potrà apparire oltraggioso (ma, a questo proposito
occorre ricordare che quella islamica è la seconda religione in
Italia), bisogna anche permettere la costruzione nelle maggiori
città italiane di vere e proprie moschee, in modo che ci siano dei
punti di riferimento. I comuni si disinteressano del fatto che vi
siano dei luoghi di culto islamici adeguati con la conseguenza che
le sale di preghiera islamiche, che non possono definirsi moschee,
vengono aperte in garage e scantinati. Un altro problema che
questi luoghi presentano è che, essendo locali angusti,
impraticabili, spesso con un solo bagno, di fatto escludono le
donne. La presenza femminile é fondamentale per un Islam europeo
equilibrato, che esprima la sostanziale parità fra uomo e donna.
Nel momento in cui le istituzioni interverranno, avranno anche una
voce in capitolo su come verrà praticato il culto. Per adesso
tutto è lasciato un po’ al fai da te.
A questo proposito, come giudica le
esternazioni dell'imam di Torino?
Credo che esista una sorta di irresponsabilità. Si tratta di
persone che badano più a ottenere il consenso di una fascia di
emarginati, oltranzisti, in vertenza permanente con l'Occidente e
con i loro governi, gli scontenti perenni, che ad esprimere una
posizione di guida spirituale.
Molti italiani iniziano in questi giorni a
guardare con sospetto e inquietudine i cittadini e gli immigrati
di religione islamica presenti nel nostro paese. Ritiene che
questi timori siano motivati?
No, non credo. Vi sono problemi di ordine pubblico che riguardano
dei singoli, ma individuarli e reprimerli è un compito dei nostri
sistemi di sicurezza. Ma credo anche che in questa fase agiamo su
un piano in un certo senso virtuale: dall'11 settembre sta andando
in onda un grande spettacolo di morte e distruzione e molti
ritengono di dover fare il tifo per l'uno o per l'altro. Non costa
niente urlare in televisione: "Sto con bin Laden", quindi non mi
inquieterei più di tanto. E' però necessario comprendere il
fenomeno nel suo insieme. La questione islamica deve essere
affrontata e risolta dalle nostre istituzioni.
Fonti investigative americane hanno
identificato nell’Istituto islamico di Milano la centrale europea
del terrorismo. Ritiene quest'ipotesi possibile?
Non ho una conoscenza approfondita di questi fatti. So che fra le
varie sfumature dell'Islam in Italia è presente la cosiddetta
salafia, un Islam rigorista e letteralista che ingigantisce
l'elemento di purezza dell'Islam rispetto agli altri, ma non ho
elementi per dire di più.
Quale ritiene che sia la strada da
percorrere per un'integrazione, o almeno una convivenza pacifica,
fra Islam e civiltà occidentale?
Bisogna fare uno sforzo di conoscenza. L'Islam fino ad ora è
apparso marginale nei nostri manuali di storia, di storia
dell'arte. Dobbiamo concepire l'Europa e l'Islam come le due
figure concettuali che in questo ventunesimo secolo si
ripresentano sulla scena mondiale con tutto il loro peso e tutta
la loro storia. Se il ventesimo secolo era apparso come il
tramonto dell'Islam e della vecchia Europa, oggi dobbiamo
ricrederci e renderci conto che entrambi si ripresentano sulla
scena mondiale e che la loro interazione è un dato imprescindibile
di questo panorama. L'Europa non può dimenticare che esiste il Sud
del Mediterraneo. E non può dimenticare che tutta la storia e la
cultura europea, da Dante a Cervantes, sono impregnate del suo
rapporto con l'Islam.
19 ottobre 2001
bamennitti@ideazione.com
|