Settemila bandiere al centro di Roma
di Pierluigi Mennitti
Sabato 10 novembre, l’Italia che vuol dimostrare amicizia e
fedeltà agli Stati Uniti, all’Occidente e a se stessa scenderà in
piazza. Un appuntamento romano: Piazza del Popolo. L’idea è stata
lanciata da un giornale, Il Foglio, e dal suo direttore, Giuliano
Ferrara. A contare le adesioni sinora giunte dal mondo politico,
pare che questa Italia coincida in gran parte con il mondo del
centrodestra. Con qualche distinguo, come è legittimo che sia. Gli
organizzatori invitano quanti vorranno parteciparvi a sventolare
le bandiere americane a stelle e strisce. Altri, più sensibili al
richiamo nazionale, hanno già deciso di parteciparvi portandosi
appresso il tricolore. Noi ci saremo. E invitiamo i nostri lettori
a esserci.
Come era prevedibile, questa manifestazione schiettamente
filo-americana ha innescato un vespaio di polemiche, a destra e a
sinistra. Il fermo intervento di Silvio Berlusconi ha fatto sì che
le polemiche a destra si sopissero nel giro di ventiquattr’ore.
Qualche dubbio era venuto da esponenti di Alleanza nazionale, ma
sarebbe stato difficile conciliarlo con il commosso viaggio che
proprio in quelle ore Gianfranco Fini stava svolgendo tra le
macerie di Manhattan Ground Zero. Restano alcuni distinguo che
l’Unità ha prontamente enfatizzato, ma che sono rispettabili
quanto marginali. Non inficiano il sentire comune che i giornali
liberali e conservatori italiani stanno esprimendo dall’11
settembre. Non modificano la linea politica che il governo,
espressione della coalizione vittoriosa il 13 maggio, ha proposto
al paese. Sulle polemiche scoppiate a sinistra, invece,
permetteteci di sorvolare: hanno avuto la loro voce e l’hanno
utilizzata per parlare, fischiare, dichiarare, urlare nella marcia
di Perugia, nelle principali trasmissioni tv e in molti altri
posti. Chi lo desidera, trova altrove informazioni in merito.
Ma innanzitutto c’è la cosiddetta società civile. Quella, per
intenderci, che non si riconosce nel 25 per cento di italiani (36
per cento fra gli elettori dei Ds) che riesce a giustificare
l’attentato di bin Laden. Che non si riconosce nei centomila
marciatori umbri. Che non apprezza il complesso di inferiorità
verso la sinistra di alcuni cattolici. Che non si riconosce nelle
spranghe e nei bastoni degli anti-americani dei centri sociali.
Che non si scioglie nell’utopismo visionario (e finché non se n’è
accorto Maroni, “statalisticamente” ben retribuito) di uno degli
ospiti di punta delle trasmissioni di Santoro. C’è questa Italia
che è felice che a un direttore di giornale sia venuta in mente la
bella idea di sventolare le bandiere americane in una piazza
romana. Ed è pure contenta che il leader del governo metta a
disposizione l’organizzazione del suo partito per far riuscire
meglio questa giornata. Ci sono molte motivazioni per esserci il
10 novembre. A noi piace indicarne una: fornire al circuito
televisivo internazionale immagini che la televisione araba
Al-Jazeera non potrà accostare ai roghi dei fantocci di Islamabad.
Oppure, semplicemente, girare per una città occidentale
sventolando il vessillo di un amico. Anzi di settemila amici. Che
dall’11 settembre non hanno più un corpo. Non hanno più un volto.
Ma che nessuno potrà mai toglierci dal cuore.
26 ottobre 2001
pmennitti@hotmail.com
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