Il Parlamento ha votato: partono i nostri
soldati
di Pierluigi Mennitti
Il Parlamento ha votato e, nonostante i bizantinismi sulle mozioni
che consentono a parte dell’opposizione di considerarsi abile e
arruolata, i nostri militari hanno il sostegno del paese intero
per operare in Afghanistan. Tutti, coloro che lo hanno approvato e
coloro che lo hanno contrastato, hanno evidenziato come quello di
oggi sia stato un passaggio decisivo per le sorti della nostra
patria. Paragonabile per importanza solo a quello che diede il via
libera, dieci anni fa, alla missione nel Golfo, se ne distacca per
il tipo di guerra che andiamo ad affrontare. Una guerra che si
preannuncia lunga e difficile, contro un nemico insidioso, su un
terreno infido e ostile. Non v’è obiettivo misurabile, perché la
sconfitta del terrorismo è obiettivo che potrà essere raggiunto
attraverso tappe che ancora non conosciamo. Non v’è certezza di
tempi, perché potrebbero occorrere mesi o anni, anche molti anni.
E’ bene ricordarle queste cose, ben note ai lettori che ci stanno
seguendo nelle nostre edizioni giornalistiche ormai divenute quasi
monotematiche dallo scorso 11 settembre. Ma è bene ribadirle per
misurare il coraggio del nostro paese che ha seguito, forse per la
prima volta nella sua storia repubblicana, una strada lineare,
coerente e responsabile. E’ il coraggio di chi, senza dare fiato
alle trombe della retorica, ha costruito pazientemente un percorso
diplomatico che ha portato l’Italia in prima fila - con le sue
capacità militari e con la sua saldezza morale – nella guerra
contro il terrorismo. C’è un’altra differenza decisiva rispetto
alla guerra del Golfo. Perché lì era in discussione il diritto
all’integrità di uno stato sovrano e la salvaguardia di precisi
interessi economici. Qui, assieme a tutto questo, è in ballo
l’esistenza stessa della nostra democrazia e della nostra way of
life, così profondamente ferita dall’attacco alle Torri gemelle e
al pentagono. Da quella mattina sono cambiate tantissime cose
nella nostra vita quotidiana: abbiamo perso serenità e sicurezza e
anche il nostro benessere economico. Sono cose che vogliamo
recuperare. Questa volta è in gioco il sapore dell’Occidente e noi
ce ne sentiamo parte integrante.
Si attenuano dunque le dispute politiche che hanno caratterizzato
il dibattito fra i partiti italiani nelle scorse settimane. Nel
momento grave della scelta, una parte dell’Ulivo ha trovato la
feritoia per rientrare nella casa comune italiana. Un’altra parte
si è arrestata fuori da questa porta e rappresenterà quella fetta
di paese che si riconosce nei cortei dei no-global e nelle marce
dei pacifisti. Non c’è da menar scandalo. E’ il sale della
libertà. Noi sappiamo che, attraverso i nostri soldati, lotteremo
anche per loro, per difendere la loro libertà di pensarla
diversamente da noi. Per questa volta, ci piace sottolineare la
fortuna che al governo ci sia stato il centrodestra. Tutte le
divisioni dell’altra parte sono apparse un problema marginale e
non sono state scaricate sulla pelle dell’intero paese.
Adesso l’augurio affettuoso va ai duemilasettecento soldati
italiani che affiancheranno gli Alleati sul terreno delle
operazioni militari. Vivremo i giorni commoventi delle partenze.
Poi seguiremo ora per ora le loro azioni. Saremo con il cuore in
gola per la loro sorte. Gioiremo e saremo pieni di orgoglio ogni
volta che il loro valore sarà dimostrato sul campo. Sono i nostri
ragazzi, figli di un’Italia che ha riscoperto il coraggio e la
responsabilità.
7 novembre 2001
pmennitti@hotmail.com
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