10 novembre 2001: per non dimenticare
di Silvio Berlusconi
Pubblichiamo il discorso ufficiale del
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in chiusura della
manifestazione pro-Usa del 10 novembre 2001.
Cari amici della libertà, cari amici dell'Italia e degli Stati
Uniti, cari amici di questo 10 novembre,
la solidarietà che oggi testimoniamo al popolo americano e a tutte
le vittime del terrorismo da questa meravigliosa piazza di Roma,
una capitale del mondo, una capitale della civiltà, non è solo un
umanissimo e nobile sentimento: noi non siamo qui solo con il
cuore, ma siamo qui con la chiara e assoluta consapevolezza
storica di ciò che sta accadendo. L'Europa ha vissuto mezzo secolo
di pace, di libertà e di prosperità. Questo periodo storico
straordinario lo deve, lo dobbiamo, a quel popolo americano che
sentì il dolore dei nostri popoli come il suo proprio dolore.
L'Europa sa, noi sappiamo bene quanto dobbiamo al popolo americano
che ha dato la vita di tanti suoi figli per riportare la pace e la
libertà a Roma, a Parigi, a Berlino. L'Europa sa bene quanto deve
agli Stati Uniti d'America.
Proprio a Berlino, nella Berlino ferita da quel muro, dalla
frontiera fra la libertà e l'oppressione, il presidente John
Kennedy il 26 giugno 1963 pronunciò parole rimaste celebri: "Tutti
gli uomini liberi, - disse - ovunque vivano, sono cittadini di
Berlino, quindi come uomo libero, sono fiero di dire: io sono
berlinese!". Con la stessa fierezza, con lo stesso trasporto tutti
gli uomini liberi, oggi, si sentono cittadini di New York. Noi
oggi siamo qui per dire: "Siamo tutti cittadini di New York!". E
questa solidarietà totale e concreta è il vero tesoro, è la vera
forza del mondo libero. E' questo il senso del patto di mutuo
soccorso che ha dato vita all'Alleanza Atlantica, per cui tutti
sono tenuti ad andare in aiuto di un paese dell'Alleanza che viene
aggredito. Scatta il mutuo soccorso politico e militare degli
Stati perché c'è una solidarietà ideale fra i popoli, la certezza
di credere nelle stesse cose, di appartenere ad una stessa
civiltà. Una civiltà che certo non è perfetta, ma che sa
riconoscere i suoi errori e cerca continuamente di migliorarsi
verso un ideale morale in cui crede fermamente: la dignità di
tutte le persone e la loro libertà. Sono questa dignità e questa
libertà il bersaglio dell'odio delle organizzazioni fanatiche e
criminali che hanno fatto strage a New York. Per questo noi qui
oggi ripetiamo: "Siamo tutti cittadini di New York!". E non è solo
un richiamo ideale, noi ci sentiamo newyorkesi anche perché la
stessa minaccia grava su tutti i nostri paesi, su tutte le nostre
città. Finché non sarà debellata ed estirpata la ferocia del
fanatismo terrorista, su tutti i cittadini del mondo libero
incombe lo stesso pericolo di strage che ha colpito New York.
Ricordiamo allora, insieme, ciò che è accaduto, ricordiamolo per
non dimenticare mai! Due mesi fa, in una mattina pacifica e
serena, sotto uno splendido cielo azzurro, migliaia di cittadini
di ogni parte del mondo, anche italiani, in maggioranza americani
di tutte le origini, cominciavano un'operosa giornata di lavoro a
Manhattan. Quella folla era fatta di donne e di uomini come noi,
molti avevano accompagnato i figli a scuola, avevano salutato i
familiari che li aspettavano a casa la sera, e affollavano la
grande metropoli ciascuno con i suoi pensieri e le sue passioni,
le sue speranze, ciascuno con i suoi dubbi e le sue paure,
ciascuno con la sua testimonianza di impegno e di coraggio nel
faticoso mestiere di vivere. Donne e uomini come noi, esattamente
come noi, che lavoravano in torri senza eguali, moderne
meraviglie, svettanti simboli del progresso tecnologico raggiunto
dall'umanità, dedicati al lavoro umano e al libero commercio
internazionale. Tutto era in ordine, quella mattina,
nell'eccitante e vitale "disordine" della Grande Mela. Ma in
quelle stesse ore un manipolo di fanatici assassini, di gente che
ama la morte come noi amiamo la vita, preparava il più crudele
attentato terroristico della storia dell'umanità. Preparava, al
coperto della complicità di una rete organizzativa molto estesa, e
bestemmiando il nome del Dio che invocava, una delle giornate più
nere della storia moderna. Preparavano l'attacco al cuore di
Manhattan e al cuore della stessa civiltà occidentale, un volo
omicida contro le due Torri brulicanti come ogni giorno di quelle
migliaia di innocenti che si erano coricati la notte precedente
con la coscienza di un lavoro ben fatto e al mattino erano tornati
al lavoro portando nel cuore quella speranza di felicità che hanno
tutte le donne e gli uomini che amano la vita.
Il resto lo abbiamo visto con i nostri occhi, anche se non
volevamo crederci. E dal momento in cui abbiamo visto quello che
era successo, in quel giorno che secondo il calendario cristiano
era l'11 settembre del 2001, abbiamo deciso che non potevamo
lasciare il mondo, le nostre città, la nostra gente, in balia di
questi criminali, questi criminali che già si sono presi in
ostaggio un intero popolo e un intero paese, l'Afghanistan,
riducendolo allo stremo. Non potevamo permettere loro di assestare
altri colpi, di tornare a colpire seminando terrore e morte,
generando paura e angoscia nelle nostre città pacifiche e operose.
Quando abbiamo visto, in pochi minuti, incenerire migliaia di vite
umane, di civili innocenti, scelti come bersaglio diretto, abbiamo
deciso per sempre: noi non dimenticheremo. Da questa piazza piena
di bandiere, di tricolori, di gonfaloni di comuni e regioni, di
vessilli europei e del mondo libero, di bandiere a stelle e
strisce lanciamo una proposta: ogni anno, l'11 settembre, la
società civile celebri e difenda la memoria di tutte le vittime
del terrorismo e del fanatismo. Noi lavoreremo perché questo
avvenga nella ricerca "duratura" di una pace nella giustizia e
nella sicurezza.
Cari amici, c'è un tempo per il dolore e per il lutto, perfino un
tempo per l'orrore e per la disperazione, ma arriva sempre un
tempo per la riscossa della vita e per il riscatto della speranza.
Noi siamo ammirati di come New York ha rialzato la testa, di come
gli americani, i nostri fratelli americani, hanno saputo
ritrovarsi nella loro libertà e nel loro coraggio. Siamo ammirati
e fieri di quei vigili del fuoco - alcuni dei quali di origine
italiana - che da veri eroi, in pochi istanti di una giornata
normale, hanno accettato lucidamente e coscientemente il rischio
di morire per salvare la vita di donne e uomini in pericolo. Il
loro è l'eroismo della gente comune, dei padri di famiglia che
amano la vita e non la morte come i terroristi. E' dunque il vero
eroismo. L'eroismo di chi saliva le scale delle torri temendo di
non rivedere più i figli che aveva baciato a casa pochi minuti
prima, l'eroismo di chi andava incontro ad una possibile morte
sapendo però che questo era il suo dovere, che questa era la cosa
giusta da fare. A chi perfidamente infama l'America, a chi
stoltamente disprezza l'Occidente come una civiltà moralmente
decaduta e al tramonto, rispondiamo indicando questi uomini: di
questo eroismo quotidiano, di questa abnegazione, di questa
tensione morale è fatta l'anima della civiltà a cui siamo
orgogliosi di appartenere. Una civiltà che non ama la morte, ma
che ama invece difendere la vita e renderla bella e degna di
essere vissuta. Per questo siamo anche fieri della risposta che
una vasta coalizione internazionale di amici della pace e della
giustizia ha dato alla strategia di guerra e di morte. Siamo fieri
di un'Europa che ha saputo combattere l'inerzia, la paura, il
dubbio. Che ha saputo sbarazzarsi di rivalità nazionali che non
hanno più alcun senso. Siamo fieri perché, in quanto europei,
abbiamo deciso senza ambiguità di imprimere un nuovo slancio
all'amicizia che ci lega ai figli e ai nipoti di quegli antichi
eroi, di quei ragazzi che sbarcarono in Normandia, in Sicilia e ad
Anzio, per una missione di liberazione e di lotta contro la
barbarie che si era impadronita del vecchio continente.
La stessa America che poi seppe dare all'antichissima civiltà da
cui proveniva, una carica di energia vitale, un esempio di spirito
comunitario, una testimonianza di vera religiosità e di orgoglio
nella difesa delle libertà e dei diritti universali
dell'individuo. Un alleato fedele di fronte alla incombente
minaccia totalitaria dell'Est sovietico. L'Italia ha saputo tenere
in questa circostanza il posto che è suo: senza tentennamenti,
senza enfasi retorica, senza rinunciare - anche con questa civile
manifestazione aperta a tutti - al linguaggio della chiarezza,
della solidarietà e dell'impegno. Con un voto parlamentare
vincolante, una maggioranza molto ampia ha approvato la nostra
decisione di partecipare nei fatti alla battaglia contro il
terrorismo, per ricostruire la pace ma solo e soltanto nella
giustizia. Ed ora da questa piazza splendente di tante bandiere
possiamo con trepidazione, ma anche con grande fierezza, inviare
un saluto caloroso, che è di tutto il popolo italiano, ai ragazzi
americani e britannici che sono già sul campo impegnati nelle
operazioni militari, a quei ragazzi che si battono per liberarci
dalla rete terroristica e da chiunque minacci la nostra sicurezza.
Ad essi stanno per unirsi i nostri giovani della Marina,
dell'Aeronautica, dell'Esercito e dei Carabinieri, consapevoli che
vanno a difendere i confini stessi della libertà, della volontà di
pace e di giustizia, che sono stati calpestati e violati. Quei
ragazzi sanno che noi siamo e restiamo un paese pacifico, ed è
proprio per conquistare la pace che portiamo guerra alla guerra. E
sanno che questa difesa non può essere soltanto opera loro, degli
stati maggiori delle Forze Armate, del governo o del Parlamento.
Sanno che occorre un grande dialogo nazionale intorno al concetto
della pace nella giustizia, che è il tema vero del nostro
pacifismo non rinunciatario e non egoista.
Piccole e rumorose minoranze di guastatori non sono riuscite
nell'intento di confonderci le idee e di intorpidire i nostri
cuori. Chi ha bruciato in piazza una bandiera americana ha solo
elevato un ridicolo monumento alla faziosità e alla stupidità
umana, perché la bandiera degli Stati Uniti non è soltanto la
bandiera di una nazione: è un messaggio universale, è un messaggio
di democrazia e di libertà. Le bandiere non si bruciano mai perché
esse sono il simbolo dell'anima dei popoli. Chi brucia la bandiera
altrui, è pronto a bruciare anche la propria. E questo non lo
accetteremo mai. Chi ha manifestato, invece che contro il
terrorismo, contro chi combatte il terrorismo, ha commesso un
errore prima che politico, morale. Chi ha detto che "gli americani
se la sono cercata" ha ripercorso la strada delle vecchie
ideologie già condannate dalla Storia, una corsa verso il cinismo,
una corsa verso il nulla. Ai professionisti del dubbio, ai cattivi
maestri che negano al mondo civile il diritto e il dovere di
reagire contro la barbarie, agli scettici che non vogliono
riconoscere la sciagurata responsabilità dei capi del terrorismo,
a tutti costoro diciamo che se mettono sullo stesso piano gli
assassini e le vittime, nella sostanza, legittimano il terrorismo.
Cari amici, in questa piazza e in questo istante noi certifichiamo
e garantiamo che il paese reale, che questa Italia, non è e non
sarà mai rappresentata da chi ha smarrito la capacità di capire e
apprezzare le cose semplici, come l'amore, l'amicizia, la fede, la
tolleranza, il rispetto degli altri, i nostri valori, i valori che
mettono d'accordo la testa e il cuore, l'intelligenza e il
sentimento. Noi siamo moderati, pacati, sereni anche nel dolore.
Noi siamo gente tranquilla, operosa, che ha voglia di vivere in
pace. Noi non amiamo la retorica della guerra, e neppure la
mistica del coraggio, non suoniamo nessuna grancassa: anzi, noi
comprendiamo anche le ragioni di chi ha paura, di chi dubita, di
chi esita, di chi non sa e magari non vuole sapere. Ma non saremo
mai nella schiera di chi si chiama fuori dal concreto e drammatico
farsi della storia, di chi vuole stare al di sopra della mischia
per non assumersi responsabilità che pesano, che richiedono
sacrifici, di chi non vuole compromettersi, di chi si rassegna, di
chi per viltà si tira indietro, di chi per egoismo dimentica le
vittime innocenti. La civiltà, l'umanità, sono sempre state
salvate da chi invece ha saputo assumersi responsabilità concrete
e drammatiche. Questo è l'unico modo non ipocrita per manifestare
solidarietà e compassione verso le vittime innocenti ed è anche
l'unico modo per evitarne altre: per questo facciamo fronte con
coraggio alle azioni che si impongono, e rispondiamo con un grande
slancio nazionale alla sfida dei fabbricanti di dolore e di morte.
Noi siamo amanti della pace e non desideriamo in cuor nostro che
la pace, ma, come ha detto il presidente Ciampi, chi ama davvero
la pace dev'essere disposto a difenderla quando essa è messa in
pericolo. Noi lo faremo.
Per governare una grande democrazia come la nostra, specialmente
in una crisi mondiale come quella in corso, ci vogliono prima di
tutto un governo che faccia il suo dovere e un'opposizione che
faccia il suo. Per quanto riguarda il governo, spero che il
giudizio equanime degli italiani riconosca che abbiamo fatto il
massimo sforzo per metterci sulla lunghezza d'onda della parte più
avveduta e avanzata del nostro paese. Per quanto riguarda
l'opposizione, voglio dare pubblicamente atto alla sua parte
maggioritaria di aver assunto in questa circostanza un
comportamento responsabile e solidale, che non è in contrasto con
la sua funzione di critica e di controllo degli atti del governo.
L'Italia siamo tutti noi, governo e opposizione. L'Italia è
l'insieme delle sue istituzioni, a partire dal Parlamento
repubblicano, ed esprime il suo sentimento nazionale e universale
nelle parole del suo primo cittadino, il presidente Carlo Azeglio
Ciampi. E allora diciamo alto e forte: basta con le ambiguità,
basta con i distinguo, basta con la faziosità, basta con la
partigianeria, qualunque essa sia. Un Paese che impegna sul campo
i suoi giovani figli, che si impegna in uno sforzo così oneroso
per far fronte a uno scenario tanto difficile e arduo, questo
paese deve saper far nascere, deve saper sentire un clima nuovo:
un clima in cui il rispetto del dissenso si sposi con il rispetto
delle legittime decisioni di governo e Parlamento.
E' questo il momento di far vivere nei nostri cuori un nuovo
patriottismo universale, un nuovo sentimento di devozione verso i
diritti "universali" dell'uomo, verso quella libertà che è il bene
da cui derivano tutti gli altri beni, che ha una patria sola e che
è il miglior retaggio della storia dell'Occidente. Non è in atto
nessuno scontro di civiltà. E' in atto, in un mondo sempre più
interdipendente e globale, un conflitto tra civiltà umana e
barbarie fanatica. Il patriottismo delle cento bandiere che
sventolano in questa piazza è il patriottismo di chi è solidale,
di chi detesta l'intolleranza, di chi ama la libertà degli altri
come la propria. E' un sentimento lontanissimo dai guasti del
vecchio nazionalismo. E' un modo per liberarci dalle ombre
totalitarie del secolo passato. E' un modo per rifiutare un futuro
di ferro e di fuoco, quel futuro di guerra, di ansia e di
negazione delle nostre libertà a cui punta l'offensiva del
terrore. Lo hanno capito i leader di paesi molto diversi tra loro.
Lo ha capito il presidente americano, che ha costruito con
pazienza e con saggezza la grande coalizione internazionale e che
ha mostrato di saper sommare prudenza e volontà nel reagire alla
sfida del terrore. Lo hanno capito il premier britannico e il
presidente francese, il cancelliere tedesco e il primo ministro
spagnolo e tutti gli altri capi di governo che hanno tenuto fede a
mezzo secolo di alleanza e di amicizia con gli Stati Uniti
d'America. Lo hanno capito il presidente russo e quello cinese, lo
hanno capito i governanti moderati dei paesi islamici ed arabi che
cercano di svincolarsi dal ricatto integralista e combattono, a
viso aperto, le menzogne dell'integralismo fanatico.
Lo hanno capito le Nazioni Unite e l'Unione Europea, e le migliaia
di organizzazioni e associazioni civili che cercano di dare un
aiuto umanitario a chi subisce gli effetti di questa guerra che
noi non abbiamo voluto né dichiarato, e che per noi è soltanto la
strada obbligata per costruire la pace. Mandiamo, ancora una
volta, un caloroso abbraccio a tutti i nostri ragazzi in divisa
che - sotto la bandiera italiana - servono la causa della pace in
molti angoli del pianeta e che oggi sono chiamati a servirla,
assumendosi rischi anche maggiori, contro il terrorismo. Noi siamo
fieri di voi, del vostro coraggio, della vostra umanità. Voi siate
fieri del vostro paese e del mondo libero che difendete. E a tutti
voi che siete qui oggi per non dimenticare, a voi che avete
testimoniato qui, oggi, la vostra passione civile, a voi che avete
voluto far sentire ai nostri fratelli americani il nostro
sentimento, il sentimento della nazione italiana, io dico: portate
stasera nelle vostre case, e domani nei vostri uffici, nelle
vostre fabbriche, nelle vostre scuole il segno della solidarietà
sotto il quale si è riempita questa piazza di Roma. Portate ai
giovani, portate a chi dubita, a chi ha paura, una testimonianza
serena della vostra fede nella libertà e della vostra
disponibilità di cuore. Portate in ogni angolo del nostro paese,
in questa Italia che tutti amiamo, la convinzione che questo nuovo
secolo non possa essere lasciato nelle mani della follia criminale
e del fanatismo. Portate a tutti gli italiani, chiaro e preciso,
il sentimento e il messaggio che ci ha fatto ritrovare qui,
insieme, in questo 10 novembre di libertà.
Portate e diffondete questo messaggio: noi siamo solidali con gli
Stati Uniti d'America. Noi siamo schierati contro il terrorismo e
faremo di tutto per sradicarlo e per difendere così la nostra
sicurezza e il nostro futuro. Noi siamo all'opera per costruire
una vera pace, l'unica pace possibile per gli uomini liberi e
forti, una vera pace nella giustizia. Dio benedica l'America. Dio
benedica l'Italia.
10 novembre 2001
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