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              Sicilia e Molise, l'onda lunga del 
              centrodestradi Alessandro Bezzi
 
 La chiamano onda lunga. E dal Molise alla Sicilia bagna le fortune 
              elettorali della Casa delle libertà. E' l'effetto governo, che in 
              questi mesi si abbina anche all'effetto opposizione. Ds allo 
              sbando, per nulla rivitalizzanti (ma è passato poco tempo) dal 
              cambio di leadership. Margherita incerta, divisa fra troppi e 
              diversi cespugli, incapaci di coagularsi in un'unica forza 
              politica. Sinistra estrema che cavalca le tigri movimentiste che 
              portano giovani in piazza ma poco consenso nell'urna elettorale. E 
              così il Polo va, quasi sospinto da una forza d'inerzia che è 
              quella di governare, di avere visibilità nel tentativo - sempre 
              difficile - di assicurare il bene del paese. Si può certo dire che 
              la luna di miele continui tra Berlusconi e gli italiani e sarebbe 
              sbagliato considerare tutto questo come un atto dovuto, scontato. 
              Nel 1994 non fu così. L'impatto della novità berlusconiana fu 
              travolgente solo fino a giugno, alle elezioni europee. Poi 
              l'estate fu galeotta e la ripresa autunnale disastrosa. Questa 
              volta no. L'aria rassicurante e moderata del governo pare far 
              breccia, assai più della applicazione delle promesse elettorali. 
              Assicurare al paese un governo ordinato e pacato, dopo anni di 
              supposta rivoluzione politica e giudiziaria, per il momento paga.
 
 Ma il dato più recente, quello siciliano, presenta anche 
              caratteristiche specifiche regionali. E' la vittoria di un partito 
              consolidato sul territorio, organizzato come forse in nessun'altra 
              parte del paese. E' la vittoria di Gianfranco Micciché, forse il 
              più vivace e grintoso della covata che Berlusconi portò a Forza 
              Italia sin dalla prima ora. Ed è la sconfitta, disastrosa, della 
              sinistra intera. Dei Ds, martoriati dal commissariamento di Folena 
              e dall'impoverimento della classe dirigente siciliana, che fu un 
              tempo nobile e gloriosa. Ma soprattutto di Leoluca Orlando, 
              dell'esperienza emergenziale della Rete, di un'intera stagione, 
              quella dei sindaci, che sembrò legittimare, a metà degli anni 
              Novanta, la nascita di una nuova sinistra. Di quella stagione 
              restano solo macerie, da Sassolino a Cacciari, da Bianco a 
              Orlando. E quelle siciliane sono le più rovinose di tutte, perché 
              ancora pochi anni fa Orlando fu riconfermato a Palermo con 
              percentuali bulgare, le stesse che ora accompagnano la nuova 
              ventata polista.
 
 Ma nella doppia tornata elettorale (regionali in Molise e 
              amministrative in Sicilia) è possibile rintracciare anche un filo 
              conduttore più vasto, che abbraccia l'intero Mezzogiorno. Qui 
              l'avanzata del centrodestra consolida e rafforza una tendenza che 
              si era manifestata solo nelle settimane precedenti al voto 
              nazionale di aprile. Basti ricordare che i sondaggi prevedevano, 
              ancora a marzo, una schiacciante vittoria della Casa delle libertà 
              al Nord e una resistenza ulivista al Sud. Il voto di aprile smentì 
              questa previsione, evidenziando come proprio al Sud fosse 
              cominciata una inesorabile avanzata politica di Berlusconi. Oggi 
              quella tendenza viene confermata, anzi avanza. Capirne le ragioni, 
              per i vincitori e per il governo, può essere utile per evitare che 
              essa evapori.
 
 29 novembre 2001
 
 alexbezzi@usa.net
 
              
 
 
 
 
 
 
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