Lo sciopero logora chi non lo fa
di Arturo Donati
Lo sciopero generale non si farà. Cofferati lo aveva minacciato
agitandolo come una clava contro il governo Berlusconi, ma si è
reso conto del rischio autolesionistico dell’iniziativa. La
sinistra non riesce più a sintonizzarsi con i cittadini: prevede
sciagure, annunzia regimi, riferisce miseria e disperazione, ma si
ritrova sepolta da macerie elettorali ad ogni consultazione. Parla
a se stessa senza riuscire a piacere, neppure a piacersi. Spinti
al governo da “mani pulite” quando già era diventata una Babele,
gli ex comunisti pagano oggi il conto della furbizia: si
dichiarano socialdemocratici nella moderna versione inglese, non
considerando che Blair, per caratterizzarsi modernamente rispetto
alla vecchia versione in crisi, per prima cosa si adoperò per
liberarsi dalla eccessiva influenza sindacale.
In Italia invece, come il recente congresso dei democratici di
sinistra ha dimostrato, l’invadenza sindacale è molto forte ed il
leader della Cgil è in corsa per accreditarsi pure come leader
politico. Una contraddizione non marginale che rende vischiosa, in
certa misura forse impossibile, l’evoluzione riformista invocata
da Fassino. Cofferati sullo sciopero “ci ha marciato”: in un
ambiente sommerso dall’onda lunga di Berlusconi ha fatto credere
d’essere l’unico a possedere l’arma micidiale per sconfiggere il
nemico. L’arma, appunto, era lo sciopero, che rievocava le radiose
giornate del 1994, quando il sindacato si attribuì il merito della
caduta del primo governo di centrodestra. Chiamato a far fuoco nel
giorno dell’annunzio dei risultati elettorali siciliani, il
“cinese” ha capito che le polveri erano bagnate e che l’opinione
pubblica avrebbe accolto con dispetto l’ostinata opposizione ad
ogni forma di modernizzazione del paese, compresa la
organizzazione del mercato del lavoro. Le conquiste dei lavoratori
vanno rispettate, ma bisogna che siano salvaguardate anche le
aspettative delle nuove generazioni per le quali la difesa
dell’esistente equivale alla condanna all’emarginazione.
Alcuni sofisticati commentatori hanno sostenuto che “Cofferati ha
vinto”, perché avrebbe costretto le altre organizzazioni sindacali
a scendere in campo, accettando una strategia di lunga
contestazione al governo. Non un grande sciopero, che però si
esaurisce in un giorno, ma una iniziativa costante di lotta per
logorare Berlusconi. Parafrasando Andreotti, forse si può
azzardare di scrivere che lo sciopero logora chi non lo fa.
Soprattutto se lo ha minacciato per mesi.
29 novembre 2001
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