Da Melbourne a Vilnius, la marcia delle cento città
di Stefano Magni

Sabato primo dicembre a Milano, e il giorno successivo a Brescia, si terranno due manifestazioni che rappresentano, nel loro piccolo, un evento storico. Si tratta dell'edizione milanese e bresciana della Marcia per il libero mercato. E' un evento storico perché è la prima volta che, in Italia, dove la piazza è ancora in gran parte dominata da una sinistra anti-globalizzazione, si marcia per la libertà del mercato, per i diritti individuali e per la globalizzazione. Ed è storico perché questa marcia è parte di una manifestazione ben più grande che si tiene simultaneamente in tutto il mondo, in oltre 100 città (attualmente le città che aderiscono all'iniziativa sono 107, ma continuano ad aumentare), compresi luoghi esotici e storicamente estranei ai valori del liberalismo quali Dhaka nel Bangladesh, Caracas in Venezuela e Lagos in Nigeria, città che si sono appena liberate dal totalitarismo comunista (Budapest, Bucarest, Belgrado, Brno, Mosca, Praga, Vilnius) e città che sono ancora sono ancora sotto il tallone del comunismo come Hong Kong.

Per questa sua dimensione mondiale, la Marcia per il libero mercato rappresenta la più imponente risposta alla "protesta" dei no-global, un segnale chiaro e semplice che non è vero che tutto il mondo al di fuori dell'Occidente rigetta i valori del libero mercato e della globalizzazione, come ci vogliono far credere da più parti. E' anzi vero il contrario: al di fuori del cosiddetto "mondo industrializzato", decine di paesi in via di sviluppo vedono nel libero mercato e nell'apertura delle frontiere al libero movimento di beni, persone e capitali, l'unica speranza per la loro modernizzazione e nell'affermazione dei diritti individuali l'unica via per liberarsi dai loro tiranni. Basta vedere che all'Onu, nelle riunioni del Wto e del G8 le istanze più liberoscambiste, più vicine al tanto temuto "liberismo selvaggio", sono sostenute con più vigore dai paesi del Terzo mondo, contrariamente al protezionismo che tendenzialmente domina le cancellerie occidentali.

L'idea di questa levata di scudi in difesa del libero mercato parte da molto lontano: da Melbourne, in Australia. Là opera da tempo un eccentrico e geniale intellettuale oggettivista (l'oggettivismo è una branca della filosofia liberale che si rifà agli insegnamenti della filosofa e scrittrice Ayn Rand) che si fa chiamare Prodos, il quale ha costituito il Prodos Institute, un centro studi che si propone di promuovere campagne a livello internazionale per mobilitare l'opinione pubblica in difesa della libertà individuale, in modo del tutto indipendente dai partiti politici. E' importante anche il momento in cui questa marcia si svolge: a neanche tre mesi dall'11 settembre. L'attacco all'America non solo rappresenta un attacco al simbolo stesso della civiltà liberale occidentale, da parte di radicali islamici che la odiano da sempre, ma può anche trasformarsi in una svolta mondiale contro lo stesso liberalismo. Purtroppo molti governi del mondo libero incominciano a sottolineare l'equazione sbagliata: meno libertà uguale più sicurezza. E' un'idea sbagliata e pericolosa, perché se c'è un motivo per cui questa guerra deve essere combattuta è proprio per difendere la nostra libertà, il fondamento stesso della civiltà occidentale e della sua forza. E' dunque quantomeno utile una risposta spontanea, da parte della società civile, sia a chi vuole minare la nostra sicurezza e la nostra libertà dall'esterno, sia a chi, fra noi, vuole ridurla nell'idea che ciò possa essere utile alla nostra sicurezza.

E' anche importante sottolineare l'apoliticità di questa manifestazione. Diversi partiti e movimenti hanno deciso di aderire volontariamente alla marcia. A Milano parteciperanno in prima fila soprattutto i Radicali Italiani, oltre alla Life e ai Comitati per le libertà, ma partecipano per difendere valori universali che condividono, non per proporre loro idee politiche. Questa sarà una marcia che viene dalla società civile, per difendere l'indipendenza della società civile stessa dalla coercizione politica.

29 novembre 2001