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              Fini e la prospettiva popolare (europea)di Paolo Zanetto
 
 "Alleanza nazionale deve entrare nel Partito popolare europeo". La 
              proposta di Maurizio Gasparri ha scatenato un fiume di polemiche 
              interne ed esterne al suo partito. Francesco Storace, a nome della 
              destra sociale, se l'è cavata con una battuta: "Non credo nella 
              prospettiva di militare insieme a Castagnetti…". Ma la questione 
              posta da Gasparri merita una riflessione più approfondita. Anche 
              Alejandro Agag, il giovane segretario del Ppe, non ha bocciato 
              l'apertura dell'esponente di An, riaffermando che la porta dei 
              popolari è aperta a tutti quei partiti - alternativi alla sinistra 
              - che si riconoscono nel centro. Ma in un'Europa bipolare il 
              centro si assottiglia, e assomiglia sempre più al centro-destra. 
              Non è facile riconoscere nel Ppe di oggi le radici intimamente 
              cristiano-democratiche, perse dopo vent'anni di battaglie per 
              aprire le porte e creare un contenitore alternativo al socialismo 
              europeo.
 Tutto iniziò con l'ingresso del Partido popular spagnolo, nato con 
              una dottrina semplice: un partito di centro che non vuole 
              concorrenti a destra. Il passato franchista di alcuni vecchi 
              dirigenti del Pp creava un certo imbarazzo, ma l'animo 
              sinceramente moderato di José Maria Aznar ha risolto tutti i 
              dubbi. A questo ha contribuito la scelta lungimirante del leader 
              spagnolo: la costruzione di una classe dirigente dedicata al 
              livello europeo. Si dice che quando gli europarlamentari del Pp 
              sono a Madrid cercano di non farsi vedere in giro, perché la sola 
              presenza in patria anziché a Bruxelles è sufficiente per beccarsi 
              una strigliata. E Aznar ha scommesso tutto sui giovani, a partire 
              dal suo ex assistente Agag, portato ai vertici del Ppe a 28 anni, 
              che oggi guida tutta l'evoluzione del partito europeo. E' grazie 
              alla sua strategia che Forza Italia è entrata nel Ppe, dopo aver 
              scontato per anni l'anti-berlusconismo tuttora assai diffuso negli 
              ambienti europei (chi non si ricorda la copertina dell'Economist 
              in campagna elettorale?). Il Ppe oggi è una forza moderata di 
              centro-destra, ma ha ancora al suo interno diverse contraddizioni 
              irrisolte. Alcune sono evidenti: la presenza del Ppi di 
              Castagnetti dimostra quanto possano essere lontane le sue anime. 
              Ma il progetto Margherita va avanti, e a Bruxelles hanno già 
              chiarito che, qualora andasse in porto, i popolari italiani 
              dovrebbero traslocare tra i liberal-democratici europei, insieme a 
              Rutelli. Molti ex Dc protesteranno, ma tant'è.
 
 Mentre il caso italiano si avvia alla normalità, nel nord Europa 
              nascono nuovi problemi. Due settimane fa le elezioni in Danimarca 
              hanno visto contrapposti due membri della famiglia popolare: il 
              minuscolo partito cristiano-democratico, alleato dei socialisti, e 
              il più solido partito conservatore, inserito nella coalizione di 
              centro-destra vincitrice e prontamente tacciata di xenofobia dalla 
              stampa mondiale. I vertici del Ppe non hanno voluto congratularsi 
              troppo con i conservatori, per non creare spaccature interne e per 
              non dare spazio a eventuali proposte socialiste di riedizione del 
              caso Haider. Il vero problema tuttavia è in Gran Bretagna. Il 
              partito conservatore guidato da William Hague era stato ammesso a 
              far parte del gruppo parlamentare del Ppe dopo le elezioni europee 
              del '99, senza però l'ingresso nel Partito popolare vero e 
              proprio. Tutti speravano in un ammorbidimento 
              dell'euro-scetticismo conservatore, sbagliandosi di grosso: i 
              parlamentari Tory votano spesso contro le direttive del gruppo, ma 
              sono importanti per mantenere la maggioranza a Strasburgo. I 
              dirigenti popolari hanno tenuto duro, in attesa del cambio alla 
              guida del partito: tifavano per il candidato favorito, il 
              filo-europeista (per essere un Tory) Michael Portillo. Invece è 
              arrivato Iain Duncan Smith, autore dello slogan elettorale "keep 
              the Pound", "teniamo la Sterlina", e convinto nemico di quella che 
              chiama "eurocrazia". E il Ppe ha un bel grattacapo.
 
 Alleanza nazionale, al contrario del Conservative party, è 
              europeista. E questo fa la differenza. La sua adesione al gruppo 
              parlamentare del Ppe oggi non sarebbe uno scandalo. Ormai anche i 
              gollisti del Rpr di Chirac hanno chiesto l'adesione, in vista 
              delle presidenziali francesi. Gasparri e Fini hanno bisogno di una 
              sponda internazionale al di fuori dell'Italia. Il leader bavarese 
              Edmund Stoiber aveva invitato un osservatore di An al congresso 
              popolare di Berlino lo scorso gennaio, salvo poi negarlo in 
              seguito alle polemiche. Se fosse il presidente bavarese il nuovo 
              candidato premier della Cdu, la strada popolare per An sarebbe in 
              discesa. E poi il prossimo autunno ci sarà il rinnovo delle 
              cariche nel Ppe. Come si diceva una volta: lo spazio politico c'è. 
              Ma An deve decidersi in fretta.
 
 29 novembre 2001
 
 zanetto@tin.it
 
              
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