Verdi e sinistra, il vicolo cieco
dell’anti-politica
di Alessandro Bezzi
Dopo il congresso dei Ds, la sinistra offre un altro appuntamento
deludente: il congresso dei verdi. Dopo Fassino, Pecoraro Scanio.
Il rinnovamento dei vertici partitici però non fa intravedere una
evoluzione di linea politica. Non aiuta la chiarificazione delle
scelte strategiche. Non determina inversioni di rotta. Anzi. I due
partiti che hanno sino ad oggi dibattuto le ragioni della
sconfitta escono dalle loro assise approfondendo quelle ragioni. I
Ds annunciano l’ennesima svolta priva di sostanza: si riconoscono
nella parola d’ordine della socialdemocrazia, evitando qualsiasi
riflessione definitiva sull’esperienza comunista. I verdi
approdano sulla sponda movimentista, sperando di raccattare
consenso e voci all’interno dell’universo no global. Ma mentre i
Ds si dibattono in una crisi almeno dignitosa, gli eredi della
Francescato navigano sull’onda di una strategia furbesca, un po’
napoletana.
Si potrebbe dire che Pecoraro Scanio è il Pomicino dei verdi.
Strizza l’occhio all’estremismo contestatario ma dichiara fiero:
noi verdi non siamo no global, siamo new global, non contro la
globalizzazione ma per una nuova globalizzazione. I suoi avversari
al congresso organizzano una gazzarra per fischiare Rutelli e lui,
novello Mastella, seleziona le truppe cammellate per fischiare
Casarini. Poi l’assise la conclude Agnoletto che sparge buonismo
visionario a 360 gradi. Insomma, nonostante ci si aspettasse molto
dall’assemblea dei verdi, poco o nulla è emerso dal dibattito, se
non scaramucce personali e strategie politiche che paiono una fuga
verso i territori dell’irresponsabilità politica, peraltro
rivendicata a gran voce dai tanti interventi che si sono succeduti
dal palco. Un orgoglioso grido all’utopismo più rosso che verde.
Niente di paragonabile al drammatico ma vivido dibattito in seno,
ad esempio, ai verdi tedeschi, lacerati tra principi utopici e
responsabilità politica.
E così il secondo appuntamento politico della sinistra del dopo 13
maggio si consuma all’insegna del ciascuno per sé. I verdi
rifiutano Rutelli e l’Ulivo, scaricano sui Ds il risentimento per
la sconfitta elettorale, rincorrono Rifondazione e Di Pietro sulla
strada di un populismo giovanilista e giustizialista. E’ una
compagnia che non ha nulla in comune se non il fatto di percorrere
il vicolo cieco dell’anti-politica. Sommata alla posizione dei Ds,
che inaugurano la stagione socialdemocratica sponsorizzando il
micro sciopero generale dei sindacati contro la micro riforma del
governo sull’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, la sinistra
di opposizione dà l’impressione di non aver ancora trovato la
chiave per un riscatto prossimo venturo.
7 dicembre 2001
alexbezzi@usa.net
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