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              Fini alla Farnesina (passando per il Ppe)di Paolo Zanetto
 
 La buona notizia per Gianfranco Fini arriva da Monaco. E il leader 
              di Alleanza nazionale in questi giorni pensa molto all’Europa. 
              Dopo il “caso Ruggiero” e le incomprensioni - prontamente 
              appianate - con Berlusconi, Fini ha deciso di puntare alla 
              Farnesina. Non gli interessa il prossimo rimpasto, questo è 
              chiaro: il progetto è di medio periodo, e si gioca sulla 
              scacchiera europea. Ecco perché la scorsa settimana il vice 
              premier aveva un orecchio teso alle vicende politiche tedesche, 
              allo scontro interno alla Cdu. E nei giorni scorsi è arrivata la 
              buona novella: Angela Merkel, leader del partito, non si candiderà 
              cancelliere contro Schroeder, sbaragliata dal gruppo parlamentare 
              guidato dal giovane e combattivo Friederich Merz, aprendo il campo 
              alla candidatura di Edmund Stoiber. Governatore della Baviera e 
              leader incontrastato della Csu, il partito gemello della Cdu a 
              Monaco, Stoiber è certamente uomo forte, conservatore affidabile e 
              moderno.
 
 Da Palazzo Chigi è subito partita la telefonata di 
              congratulazioni. Erano complimenti sinceri quelli di Fini, che ha 
              stretto negli ultimi tempi un ottimo rapporto personale con il 
              leader bavarese. I due si frequentano ormai da qualche anno, 
              grazie ai buoni uffici di Gustavo Selva, gran conoscitore di cose 
              europee e attuale presidente della commissione Esteri della 
              Camera. E’ stato proprio Stoiber a prospettare a Fini la 
              possibilità dell’ingresso di Alleanza nazionale nel Partito 
              popolare europeo, dopo un adeguato periodo di approccio. Il capo 
              della Csu pensò di affrettare un po’ i tempi quando, un anno fa, 
              fece invitare al congresso Ppe di Berlino Gustavo Selva come 
              rappresentante di An. In quell’occasione Ppi e Udeur minacciarono 
              di abbandonare il congresso in segno di protesta, e Selva fu 
              costretto a tornare a Roma. Ma il primo avvicinamento era 
              avvenuto, e la strada da allora non può che essere in discesa.
 
 Lo sa bene Fini, che ne ha già parlato ai vertici del suo partito. 
              La domanda di ingresso dei parlamentari europei di Alleanza 
              nazionale nel gruppo parlamentare del Ppe, passaggio obbligato 
              prima di qualunque domanda di adesione formale al partito, sembra 
              ormai imminente. Fini sa bene che si tratta di un passaggio 
              importante: la svolta di Fiuggi ha significato molto per la 
              politica italiana, ma all’estero la percezione è che Fini sia 
              tuttora un leader post-fascista, come la stampa estera – specie 
              americana – non si stanca di sottolineare. L’adesione al gruppo 
              popolare consentirebbe ad An di considerare concluso in modo 
              coerente (altro che elefantino!) il suo approdo moderato, e a Fini 
              di ambire seriamente a tante stanze di respiro internazionale, a 
              partire dalla Farnesina. Certo, c’è chi non è d’accordo: Francesco 
              Storace, sempre più battitore libero all’interno della Destra 
              sociale, ha già annunciato il suo “no”. Ma ad aprile ci sarà il 
              congresso di An, e le dichiarazioni servono più che altro a 
              ribadire la propria importanza nei futuri organismi dirigenti. Se 
              Fini, come pare sicuro, troverà il generale appoggio del suo 
              partito, la marcia verso il Ppe inizierà in tempi brevi.
 
 La strada si è fatta più corta che in passato. L’ingresso di Forza 
              Italia ha segnato una svolta storica, dimostrando che il Ppe può 
              decidere anche senza unanimità, e che i tempi dell’Internazionale 
              cristiano-democratica sono proprio finiti. Il gruppo popolare è 
              oggi il contenitore di tutto il centrodestra europeo, senza 
              preclusioni di carattere ideologico. Da qualche tempo è entrato 
              anche l’Rpr francese, per volontà della nuova presidente, Michèle 
              Marie-Alliot. E i piccoli partiti democristiani dell’Europa 
              continentale sono ormai oscurati dai grandi e nuovi movimenti. I 
              mutati rapporti di forza saranno ancora più chiari in occasione 
              del prossimo congresso del Ppe, previsto per ottobre: si dovranno 
              eleggere le nuove cariche, e tutti hanno un’ambizione. Gli 
              spagnoli, forti del semestre di presidenza dell’Unione Europea, 
              puntano alla riconferma di Alejandro Agag come segretario, con il 
              pieno appoggio di Forza Italia. I tedeschi pretendono la 
              presidenza – anche onoraria – del partito per Helmut Kohl. La 
              candidatura di Stoiber è l’ennesima riprova che l’asse del Ppe si 
              è spostato a destra. E ora, pur con la necessità di un’adeguata 
              fase di “moral suasion”, c’è spazio anche per Fini.
 
 18 gennaio 2002
 
 zanetto@tin.it
 
              
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