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        South park. Canada, ammaina bandiera per i 
        fumatoridi Carlo Stagnaro
 
 “La bandiera è un marchio internazionale del governo canadese. Essa è 
        usata per identificare le istituzione federali ed è protetta dalla Legge 
        sui marchi”. Parola di Jan Ovens, funzionaria del ministero del Tesoro 
        canadese. Quando Pat Hagen, responsabile per il Canada dell’associazione 
        Forces, ha sentito queste parole, le si sono rizzati i capelli in testa. 
        Tutti, proprio tutti, uno dopo l’altro. Ma come, si è detta, questo 
        stato mi rapina, mi opprime, mi prende in giro e per giunta mi ruba 
        l’identità nazionale dicendo che è “cosa sua”? In realtà, sono diversi 
        anni che il governo canadese ha “registrato” la bandiera come marchio 
        commerciale. Essa è stata inserita nel registro dei segni distintivi 
        protetti il 30 settembre 1987, ma probabilmente tale provvedimento non è 
        stato mai impugnato prima di oggi. In effetti, quasi nessuno era a 
        conoscenza di questa assurdità burocratica; né qualcuno si è mai fatto 
        problemi a utilizzare la bandiera sul proprio sito Internet, esponendola 
        fuori dal balcone o utilizzandone i colori per dipingere gadget.
 
 Sorge dunque il sospetto che quella del “marchio registrato” sia stata 
        solo una scusa per dare addosso a Forces, un’associazione internazionale 
        che difende i diritti dei fumatori. Il Canada, infatti, è forse il paese 
        al mondo in cui le leggi contro il tabacco sono più restrittive e 
        discriminatorie. Inutile dire che gli attivisti canadesi hanno obbedito 
        all’ingiunzione. Ciò nondimeno, Internet è uno strumento globale e così, 
        in segno di protesta, molti altri siti (a partire da quelli delle altre 
        branche di Forces) hanno issato lo stendardo biancorosso. La notizia ha 
        presto fatto il giro del mondo, grazie soprattutto ad alcuni gesti 
        eclatanti. Due tra tutti.
 
 Pierre Lemieux, economista di Montreal, si è auto-segnalato al Tesoro 
        per la violazione della legge sui marchi. Ha scritto a Ovens per 
        richiamare la sua attenzione sul proprio sito, dove è ben visibile il 
        vessillo canadese, e ha specificato di non avere alcuna intenzione di 
        eliminarlo. Lo ha inoltre invitato a procedere legalmente contro di lui. 
        “Questo - ha scritto - le procurerebbe un’occasione unica per spiegare 
        pubblicamente ai canadesi che la bandiera canadese è la vostra bandiera 
        e che io non posso usare i vostri simboli di oppressione per esprimere 
        le mie opinioni contro di voi”. Similmente si è comportato Gian Turci, 
        ex cittadino canadese e responsabile di Forces in Italia. Dopo aver 
        sistemato sul sito di tale associazione una bandiera canadese, ha 
        scritto a Ovens con parole infuocate. “Come canadese - ha affermato - mi 
        assumo piena e sola responsabilità per quest’azione di individualismo 
        contro quella che una volta era una grande nazione. Ho lasciato il 
        Canada perché, da canadese, non potevo più tollerare le violazioni dei 
        diritti umani perpetrate contro i fumatori, visto che il Canada ha 
        abbracciato la scienza rottame, la corruzione scientifica e la 
        disinformazione sistematica sul fumo come mezzo di politica pubblica. 
        Non intendo rimuovere la bandiera canadese dal mio sito. La prego di 
        procedere con la causa contro di me; non ha scelta: io sono in 
        violazione della sua legge”.
 
 Non è saggio azzardare alcuna previsione riguardo l’esito di questa 
        vicenda surreale: qui la realtà ha ampiamente superato la fantasia e non 
        sono esclusi nuovi colpi di scena. Fin da ora, però, se ne può ricavare 
        una lezione. La stessa di sempre. Il governo può rubare tutto ai 
        cittadini, perfino la loro identità nazionale. Si dice addirittura che 
        il Canada sia il capofila di un esperimento assai più ampio, volto a 
        registrare tutte le bandiere nazionali per impedirne l’uso virtualmente 
        a chiunque. Quando tutti, come in questo caso, stanno violando una norma 
        senza saperlo, l’applicazione della legge è puramente discrezionale e 
        deriva da una scelta politica. Difficile credere che, tra tutti i siti 
        che inalberano l’emblema canadese, proprio quello di Forces sia stato 
        oggetto delle cure del ministero del Tesoro per puro caso. Fatto sta che 
        il Canada impedisce ai propri cittadini di usare la bandiera. L’Italia 
        vieta di bruciarla o persino di parlarne male. Almeno si mettano 
        d’accordo.
 
 25 gennaio 2002
 
        
        cstagnaro@libero.it 
              
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