La nuova guerra
di Ludovico Incisa di Camerana
Nella seconda metà di ottobre uscirà il nuovo libro di Ludovico
Incisa di Camerana, “Stati di guerra”, Ideazione editrice, 200
pagine, lire 24mila.
Un atto di guerra che ha infranto il mito dell’invulnerabilità e
la sicurezza non solo degli Stati Uniti ma di tutto il mondo
occidentale. Quello alle Torri gemelle è stato un attentato ma non
la prima “battaglia”. Per questo non è ancora possibile stabilire
di fronte a quale tipo di conflitto ci troviamo. Quella che
evolverà nei prossimi tempi non può essere “classificata” come una
guerra regionale: il terrorismo non conosce frontiere. Non è una
guerra totale né una guerra ideologica. E non è neppure una guerra
di religione, pur essendolo per una sola delle due parti - quella
dei terroristi - perché l’integralismo islamico non possiede la
forza espansiva del comunismo o del nazifascismo e si presenta
come un fenomeno minoritario. Non può trattarsi di una guerra
economica. Nonostante le perdite subite dalle borse di tutto il
mondo, non è stato in alcun modo messo in discussione il controllo
delle risorse. Quella che ci coinvolgerà non è una guerra sociale
che contrappone il Nord e il Sud del mondo, i popoli ricchi e
popoli poveri, dal momento che i protagonisti di questa guerra
sono proprio gli eredi di quella borghesia finanziaria araba che
ha riempito di petrodollari le banche off shore, sperperandoli
piuttosto che impiegandoli in un processo di sviluppo serio e
continuo.
E’ probabile che si troverà una definizione appropriata di questo
conflitto soltanto quando verrà definita la strategia di medio
periodo. La lotta al terrorismo, del resto, può essere condotta
secondo due direttrici principali: da una parte eliminando
radicalmente il nucleo attivista, i commandos, e i suoi complici,
dall’altra contrapponendo il terrore al terrore. Esiste una rete
di solidarietà che fa da cornice ai nuclei centrali guerriglieri.
Gli esperti militari americani e israeliani della controguerriglia
hanno elaborato e applicato in passato una strategia: quando non
si isolano i diretti responsabili, si colpiscano le organizzazioni
laterali, i fiancheggiatori, gli stessi simpatizzanti scoraggiando
con le buone o le cattive le complicità attive e latenti.
Vero è che il carattere transnazionale assunto dal terrorismo
integralista rende maggiormente proficua un’azione diplomatica
rispetto alle operazioni militari, poiché la natura stessa della
minaccia terrorista rende più facile da un lato localizzare e
colpire il nucleo centrale e dall’altra distogliere potenziali
connivenze, come è avvenuto in passato con la questione
palestinese. Pertanto, come già sta avvenendo, il blitz militare
deve essere accompagnato e seguito da un blitz diplomatico. I
paesi occidentali hanno i mezzi per fare questa doppia manovra,
adoperandosi congiuntamente presso il mondo arabo e islamico che
possiede doti di nobiltà e di generosità tali da smentire ogni
simpatia per un terrorismo che è estraneo anche alla sua stessa
natura.
28 settembre
2001
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