Occidente e Islam: un incontro possibile?
di Luciano Lanna


Ormai è il tema del giorno. “Islam: amici o nemici?”, titola questa settimana “Sette”, il supplemento settimanale del “Corriere della Sera”, proponendo una guida per capire il Corano e una mappa degli intellettuali italiani di fronte alla questione dell’islamofobia. Poi arriva l’intervento del premier Berlusconi a Berlino, con tanto di rumore e strumentalizzazioni da bassa cucina interna. E cosa ha detto di tanto scandaloso Silvio Berlusconi? Che l’Occidente e la sua tradizione rappresentano la forma della nostra politica, ciò che ha consentito il rispetto delle diversità, la tolleranza, la libertà di culto, ciò che permette di parlare di civiltà. Ciò che, soprattutto, consente di parlare di “superiorità”, nel senso autentico di “star sopra”, vedere dall’alto, prospettare un orizzonte di convivenza globale. Ma cosa c’entra tutto ciò con la demonizzazione dell’Islam, come qualcuno della sinistra è subito corso a sottolineare? La prospettiva, in realtà, sarebbe diversa. Cosa c’entra l’Islam, che è una grande religione e una cultura comune a miliardi di persone, con la condanna da parte di Berlusconi della mancanza di diritti umani in alcuni “paesi islamici”? Quei paesi, alcuni partiti e movimenti fondamentalisti, certe forme politiche di “tradizionalismo” (altra cosa dalla “tradizione”) generatesi nel corso del Novecento in contesti islamici, sono sicuramente alternativi e antitetici all’Occidente. Questo è un fatto sul quale c’è poco da discutere: così come c’è poco da discutere sul fatto che erano alternativi e antitetici alla tradizione dell’Occidente fenomeni europei come il totalitarismo iconoclastico hitlerita o il collettivismo staliniano. Ribadire con forza le ragioni della tradizione occidentale non solo non è vietato ma è un dovere in momenti drammatici come quelli che stiamo vivendo. Altra cosa è discutere del rapporto tra l’Islam autentico e l’Occidente per verificarne la compatibilità, il passato e le prospettive future.

Chi meglio di altri può oggi parlarne è senz’altro il presidente statunitense George W. Bush, il cui discorso al Centro islamico di Washington, soli quattro giorni dopo i tragici attentati del martedì nero, è altamente eloquente. “Il popolo americano - ha detto Bush - ha avuto una reazione di sgomento e di sdegno in seguito agli attacchi terroristici e la reazione è stata la stessa da parte dei musulmani in tutto il mondo. Tutti gli americani musulmani, cittadini che pagano le tasse, come i musulmani in tutte le nazioni erano semplicemente atterriti e non riuscivano a credere a quello che vedevano in Tv. L’America conta milioni di musulmani tra i suoi cittadini, e i musulmani offrono un contributo davvero molto importante al nostro paese. Tra i musulmani vi sono medici, avvocati, giuristi, militari, imprenditori, commercianti, padri e madri, i quali meritano tutto il nostro rispetto. Quegli atti di violenza contro persone innocenti violano i principi fondamentali della religione islamica ed è importante che i nostri concittadini lo sappiano”. Nel suo lungo discorso Bush ha espressamente citato il versetto del Corano che recita: “Alla fine il male portato al suo estremo causerà la distruzione di coloro che fanno del male”. Ricordando come l’Islam autentico è una fede che offre conforto spirituale a un miliardo di persone nel mondo e che affratella e ha affratellato uomini e donne di ogni razza, Bush ha sottolineato come “il volto del terrore non ha nulla a che fare con la fede dell’Islam, non può rappresentare l’Islam, perché l’Islam è una religione di pace. I terroristi non rappresentano la pace, essi rappresentano il male e la guerra”. Le ultime parole di Bush fanno chiarezza sul concetto di Occidente e la sua compatibilità con tutte le religioni e con tutte le culture. Riferendosi agli statunitensi di religione islamica, Bush ha infatti concluso così: “L’America è un grande paese perché tutti noi condividiamo gli stessi valori di rispetto e di dignità della persona. E’ la migliore risposta a chi contesta l’affermazione sull’Occidente di Berlusconi.

E’ allora fondamentale ripensare e delineare con saggezza e moderazione il rapporto tra l’Occidente e l’Islam. In che modo? Facendo chiarezza, studiando, cercando di capire, uscendo dagli stereotipi. Tagliando l’erba sotto i piedi alla velenosa campagna dei fondamentalisti islamici: precisando e distinguendo, cioè, l’importanza, la diffusione, i filoni e i fini dei differenti ambienti musulmani; stringendo sempre più i rapporti con la stragrande maggioranza islamica che desidera articolare un rapporto di convivenza tra modernità e Islam; collaborando a risolvere alcuni problemi che, irrisolti, procurano al fondamentalismo e forse allo stesso terrorismo simpatie e connivenze mentre, se fossero risolti, contribuirebbero straordinariamente a rasserenare gli animi.

Il nazismo nacque da un contesto che era quello della grande cultura di Goethe e Schiller, di Rudolf Steiner e di Thomas Mann. Nessuno ha mai pensato di condannare quella cultura per il sorgere del totalitarismo tedesco. Anzi, proprio nell’approfondimento di quella cultura si trovavano i migliori anticorpi contro l’hitlerismo. Così, oggi, solo andando a conoscere l’autentico Islam si possono individuare gli antidoti al fondamentalismo. La religione islamica – come la storia, il percorso degli scambi culturali e la realtà dei paesi anglosassoni dimostrano - può vivere tranquillamente e proficuamente all’interno dell’Occidente. Il partito conservatore britannico conta in parlamento più di qualche deputato di religione islamica, mentre da diversi parti si parla di un possibile Islam liberale. In tempi non sospetti, la rivista Ideazione, aveva pensato di avviare questo dibattito con i due interventi che seguono. La drammatica attualità successiva all’11 settembre ne rende i contenuti ancora più importanti. Li proponiamo adesso anche ai lettori di Ideazione.com.

28 settembre 2001

lucianolanna@hotmail.com




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