Non c’è posto per l’Onu
di Michael Ledeen
Una volta
ho frequentato un corso di filosofia particolarmente difficile,
nel quale le domande poste erano così complicate che era difficile
sapere persino da dove iniziare a pensare. Per fortuna in quella
classe c’era uno studente che sbagliava sempre, una specie di
pietra filosofale al contrario, e gli eravamo tutti molto grati.
Qualsiasi cosa dicesse poteva essere scartata, limitando, così,
l’universo delle risposte corrette. Così è con il segretario
generale delle nazioni Unite, Kofi Annan. Egli governa una delle
burocrazie più corrotte del mondo (una volta un capo di stato mi
spiegò che mandava alle Nazioni unite solo quelle persone che,
altrimenti, avrebbero creato problemi a casa), che regolarmente
emette “rapporti” diffamatori basati in gran parte su voci (un mio
caro amico recentemente è stato infangato da uno di questi, che
accusava il pover’uomo di contrabbando di diamanti e di
riciclaggio di denaro sporco), dirotta notevoli somme di denaro a
despoti, organizza conferenze internazionali per promuovere
l’antisemitismo e approfitta dell’ospitalità americana,
contrastando o sabotando, allo stesso tempo, la politica americana
con monotona regolarità.
Dobbiamo essere tutti grati al New York Times, una volta
conosciuto come il giornale della testimonianza e oggi come il
giornale del lamento, per aver pubblicato venerdì l’appello di
Kofi Annan, che chiedeva che gli fosse affidato il controllo della
nostra guerra contro il terrorismo. “Questo è un attacco a tutta
l’umanità”, ci dice “e tutta l’umanità ha interesse a sconfiggere
le forze che vi sono dietro.” Sbagliato sotto tutti gli aspetti.
E’ stato un attacco contro gli Stati Uniti e una bella parte
dell’umanità l’ha festeggiato, e una parte dell’umanità ha
interesse a sconfiggerci, perché sostiene le forze che vi erano
dietro. E sbagliato anche perché se vi sono “forze dietro” allora
per definizione “tutta l’umanità” non può volerle distruggere. Poi
continua. “Le nazioni Unite sono le uniche nella posizione di
promuovere questo sforzo”. Difficilmente, visto che l’Onu ha
sponsorizzato la disgustosa conferenza di Durban e Kofi Annan era
in prima linea. Ci dice che la nostra risposta ai terroristi non
deve “spezzare l’unità dell’11 settembre” e poi arriva al vero
punto: “... vi sono nemici comuni a tutte le società... non sono
mai definiti dalla religione o dalla discendenza nazionale. Nessun
popolo, nessuna regione e nessuna religione dovrebbe diventare un
bersaglio a causa di indicibili azioni individuali... Il
terrorismo minaccia ogni società...”.
In breve, fa da copertura agli stati del terrore. Non dovremmo
colpire l’Irak, l’Iran, la Siria, la Libia e nessuno degli altri
paesi che hanno reso possibile la rete del terrore. Dovremmo
arrestare i terroristi e poi, grazie alle convenzioni
sull’estradizione dell’Onu, processarli, lasciando Saddam e gli
altri liberi di reclutare nuovi assassini. Ma Kofi Annan ha
vocazioni “più alte”: dobbiamo eliminare le “condizioni che
permettono la crescita di tale odio... dobbiamo affrontare la
violenza, la l’intolleranza e l’odio in maniera ancora più
risoluta. Il lavoro delle Nazioni Unite deve continuare,
indirizzandosi ai mali del conflitto, dell’ignoranza, della
povertà e della malattia”. Non si può eliminare il terrorismo, se
non si affrontano i “motivi che sono alla sua radice”. Per
coincidenza, questo è esattamente quello che dicono i terroristi.
E, immagino, è un’ennesima prova dell’infallibile ostinazione
nell’errore di Kofi Annan e dobbiamo ringraziare la nostra buona
stella che il presidente Bush non abbia ancora menzionato l’Onu
nella nostra guerra contro i terroristi. Spero che qualcuno ne
faccia menzione al segretario di stato.
28 settembre
2001
da
National Review on line
(traduzione dall’inglese di Barbara Mennitti)
bamennitti@hotmail.com
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