Il collante petrolifero del fronte
antioccidentale
di Vittorio Mathieu
Problema del collante. Poiché l’ostilità alla cosiddetta
mondializzazione è mondiale, qualcosa deve tenerla insieme. La
religione islamica, per quanto si espanda, non ha questo potere:
tiene insieme i fedeli quando per qualche ragione si oppongano
agli infedeli, ma appena l’opposizione cessa divide anche i fedeli
ferocemente. L’antioccidentalismo semplificato in antiamericanismo
non è una causa, bensì un effetto: gli Stati Uniti sono la forza
dell’Occidente, ma la necessità di schiacciare l’Occidente deve
avere qualche altra ragione. L’anticolonialismo è ancora capace di
stimolare rancori, ma (non senza danno per i popoli ex coloniali)
di colonie dipendenti da un centro lontano è rimasta Gibilterra, o
qualche isolotto nell’Oceano Indiano. Non è questo il collante.
Che cosa, allora, oppone all’Occidente e ai suoi alleati sicuri
(come il Giappone o Taiwan), non solo il resto del mondo, ma una
parte cospicua dell’Occidente stesso al suo interno, che rema
contro, vola contro e, soprattutto, sragiona contro? Il petrolio.
Petrolio ne hanno anche gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la
Norvegia. Probabilmente se ne troverebbe anche al largo della
Sicilia, se non si preferisse non cercarlo. Ma le potenze
petrolifere sono altre. E, dopo la Seconda guerra mondiale, sono
sfuggite di mano all’Occidente, che in qualche modo le controllava
dopo la Prima, grazie ai mandati della Società delle Nazioni. Ne è
nato un equilibrio instabile in cui, da un lato, regimi
petroliferi ma tradizionali, come quello dell’Arabia Saudita o
degli Emirati, si alleano all’Occidente per restare in piedi; da
un altro lato, tutte le possibili forze eversive, estere o
nazionali, si alleano all’antioccidentalismo petrolifero per
conservare e accrescere una capacità di ricatto. Ricatto
esercitato già macroscopicamente negli anni Settanta. Irak, Iran,
Indonesia si trovano in questa posizione. La Venezuela (lasciatemi
conservare al femminile la piccola Venezia) si aggrappa
all’Occidente con fatica. L’Unione Sovietica era tutta dalla parte
dei ricattatori, ma ora la minaccia islamica ha fatto passare con
noi la Santa Russia degli slavofili, fornitrice di petrolio ma
antisovversiva.
Gli alleati secondari antioccidentali del fronte interno -
contrabbandieri di armi, di uomini, di droga, di sigarette - sono
forze fiancheggiatrici. La loro funzione è di fiaccare la
resistenza fisica e morale. Gli ambientalisti antinucleari
contribuiscono, specialmente in Italia, a conservare grande la
dipendenza dal petrolio senza punto evitare i pericoli del
nucleare. Quasi che non fossero ben più certi ed attuali i danni
degli idrocarburi. Ogni forma di energia concentrata è dannosa e
pericolosa: purtroppo, però, non se ne può fare a meno. La guerra
anomala che i terroristi hanno scatenata, e che l’America, in
forme non tradizionali e ancora vaghe ha dichiarata, non credo che
gioverà ai nemici dell’Occidente. Il fronte petrolifero si divide
ulteriormente. Se la guerra sarà condotta in forme adatte allo
scopo - con energia morale, non con l’energia del tritolo o della
fissione atomica - l’Occidente capirà che è meglio assoggettarsi a
qualche sacrificio, piuttosto che darsi del tutto in mano ai
nemici.
28 settembre
2001
vmathieu@ideazione.com
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