| La modernità del male di Giuseppe Sacco
 
 Sotto un profilo - per così dire - "simbolico", il terribile 
              attentato alle Torri Gemelle ha messo in luce un mostruoso 
              connubio tra il massimo della modernità e il massimo 
              dell’arcaismo. Un gruppo di uomini che sacrifica la propria vita 
              per trascinare con sé quanti più americani sia possibile evoca, 
              più che la disperazione di Sansone, un fanatismo tanto primitivo e 
              cieco quanto l’Europa non ha mai conosciuto, neanche nei secoli 
              più bui del Medioevo. E la stessa scelta di distruggere, assieme a 
              qualche migliaio di innocenti vittime sacrificali, due simboli 
              della modernità, come i grattacieli più alti e gli aerei più 
              grandi, può essere letta come un segno di rifiuto dello spirito 
              prometeico dell’uomo, della sua faticosa sfida al cielo.
 
 Ma al tempo stesso, si intravede, dietro i feroci kamikaze, anche 
              il massimo della modernità. Nel meccanismo criminale che le 
              indagini stanno progressivamente rivelando, si intravede infatti 
              una conoscenza approfondita e vissuta delle caratteristiche della 
              società americana, di quanto essa offre a chi abbia un proprio 
              progetto e voglia portalo a compimento; la modernità tecnica di 
              una struttura organizzativa "a rete", ed un uso dei meccanismi 
              della finanza contemporanea tanto professionale quanto astuto è 
              stato lo sfruttamento delle faglie che la libertà apre nelle 
              difese delle società occidentali.
 
 Quanto - da parte delle autorità degli Stati Uniti - si è deciso 
              di smantellare immediatamente la rete di supporto finanziario del 
              terrorismo, è contro gli aspetti "moderni" di queste forze oscure 
              che si è volta la ritorsione. E’ una scelta comprensibile. Non 
              poteva essere differentemente, dato che è stato facile ed 
              immediato constatare come - per la stragrande maggioranza degli 
              Occidentali - sia difficile persino immaginare la parte arcaica 
              della mentalità dei terroristi e dei loro ispiratori. Scendere sul 
              loro terreno, diventare - come ha scritto un osservatore poco 
              sensibile agli aspetti culturali dello scontro - un po’ barbari 
              anche noi, per sfidare la loro barbarie, sarebbe un errore 
              madornale, decidere di giocare con regole a loro strutturalmente 
              favorevoli, esporsi ad una guerra d’usura in cui per ogni kamikaze 
              ucciso, se ne fanno nascere molti altri. La loro arcaicità non può 
              essere piegata con la forza bruta, men che mai abbrutendoci noi 
              stessi, ma solo continuando ad essere quel che siamo, con la 
              seduzione del nostro esempio di uomini liberi, e col contagio 
              della vita intesa, all’americana, come ricerca della felicità, 
              lontana anni luce dalla loro cupa brama di auto-distruzione.
 
 L’arma economica è perciò quella che più ci consente di portare lo 
              scontro sul nostro terreno. Ma va detto subito che neanche l’arma 
              economica è facile da maneggiare per società fondate sulla libertà 
              e sull’iniziativa dell’individuo, in cui il rispetto della sfera 
              privata è indispensabile non solo per la preservazione delle 
              istituzioni politico-sociali, ma anche per il funzionamento del 
              meccanismo che produce il benessere individuale e collettivo. E 
              perciò ogni intrusione in quella sfera è destinata a suscitare 
              opposizioni assai forti proprio in quegli ambienti che i 
              terroristi hanno voluto colpire scagliando i loro aerei-bomba 
              contro il cuore della finanza mondiale.
 
 Già quando, durante la guerra del Kosovo, si pensò, con un atto di 
              infowar, di azzerare i conti in banca di Milosevic, le preoccupate 
              reazioni degli operatori che dipendono dalla certezza del 
              funzionamento delle banche, portarono ad abbandonare rapidamente 
              l’idea. Lo stesso vale oggi. Se proprio nella delicata sfera della 
              disponibilità dei propri beni, gli occidentali, tutti gli 
              occidentali, dovessero subire una limitazione delle loro libertà e 
              dei loro tradizionali diritti, non si avrebbe solo una caduta 
              dello straordinario consenso che la leadership americana 
              attualmente raccoglie. Si avrebbe un successo dei terroristi. 
              Indiretto, parziale, pagato a caro prezzo, ma pur sempre un 
              successo. Per colpirli sul lato "moderno" della loro ambigua 
              natura, rischiamo infatti di colpire la nostra propria modernità. 
              Per contrapporsi alla loro morbosa fascinazione per la distruzione 
              e la morte, rischiamo di ferire ciò che determina la nostra 
              straordinaria superiorità, il cui segreto sta nella continua 
              ricerca della crescita, della costruzione e del successo, 
              nell’amore per la vita e la felicità.
 
 28 settembre
              2001
 
 saccogi@hotmail.com
  
              
              
 
 
 
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