Le libertà digitali restino fuori dall’emergenza
di Carlo Stagnaro


La guerra è la salute dello stato. Nella storia, ai grandi movimenti bellici corrispondono sempre sottrazioni di libertà ed espansione degli apparati pubblici. Naturalmente, tutti i provvedimenti sono presentati come “temporanei” o “di emergenza”; puntualmente, però, essi diventano la regola immutabile. Anche in questo tragico frangente, la minaccia di restrizioni alla libertà di espressione si è affacciata come soluzione a breve termine al problema del terrorismo. E’ evidente che, in un quadro estremamente complesso, molti occhi si concentrano su Internet e - c’è da crederlo - i falchi del totalitarismo tenteranno di sfruttare al massimo il momento per introdurre regolamentazioni, censure, divieti. E’ un bene, allora, che il presidente americano sia un Repubblicano; tutti i periodici “di area”, infatti, si sono affrettati a stabilire che “il Bill of Rights non si tocca”. Sono molti, insomma, a chiedere estrema moderazione e rispetto della libertà individuale; non è punendo i cittadini onesti che si impedisce ai terroristi di agire. Come osserva Dave Kopel, “le attuali leggi consentono già di esercitare una stretta sorveglianza [sulle email e sulla rete], purché vi sia un preciso mandato. Non vi è alcun bisogno di abbandonare tale requisito”. A fargli eco è Lew Rockwell: “Cosa deve fare il governo in tempi di crisi, allora? Di meno, non di più”.

Se dunque l’America mostra di avere gli anticorpi necessari per almeno tentare una resistenza all’ondata statalista, purtroppo in Italia le cose sono più difficili. Il colonnello Rapetto ha recentemente citato Napster come possibile mezzo di comunicazioni criptate (attraverso tecniche steganografiche, ovvero nascondendo i messaggi dentro immagini apparentemente innocue) tra i terroristi. Alessandro Luciano, Commissario dell’Autorità per le garanzie nella comunicazione italiana, ha sostenuto che anche a Internet deve essere applicata “la necessità di restrizione di alcuni diritti e libertà fondamentali, propriamente giustificata e proporzionata in relazione a obiettivi di pubblica sicurezza”. Ora, le dichiarazioni di Rapetto sono presto smentite da un recentissimo studio di Niels Provos e Peter Honeyman dell'Università del Michigan. “Seguendo le indicazioni di stampa che affermavano l'esistenza di messaggi nascosti dei terroristi dentro files grafici su eBay - ha scritto Massimo Mantellini - hanno analizzato due milioni di immagini scaricate dal sito di aste americano. Due milioni, non qualche centinaio. Si tratta di un lavoro accurato, liberamente accessibile online che per qualche strana ragione trova poca eco sui giornali americani che in questi giorni si occupano di steganografia: eppure si tratta di uno studio recentissimo (31 agosto 2001) e di grande attualità. Con un piccolo difetto: dentro le due milioni di immagini scaricate da ebay, Provos e Honeyman non hanno trovato alcun messaggio nascosto”.

Più insidiose sono le parole di Luciano. Egli, in sostanza, presenta Internet come mezzo di comunicazione privilegiato dei terroristi. Indubbiamente, questi possono aver utilizzato l’email (e anche la posta normale, il telefono, il fax, il telegrafo, i segnali di fumo…). Tuttavia, questa non è una buona ragione per porre pesanti limitazioni alla rete tutta, ovvero ai milioni di cittadini onesti che la utilizzano per diffondere e ricevere informazioni. Ammonisce Paolo De Andreis: “Si rifletta dunque su come ostacolare i terroristi e le azioni di inconcepibile violenza di cui hanno dimostrato di essere capaci ma nel segno di quanto ha indicato uno dei più saggi “padri” di Internet, Vint Cerf: si punti sulle libertà di internet, perché da lì viene una forza travolgente. Una forza di cui in questo momento nessuno può fare a meno”.

Non bisogna in alcun modo permettere che la guerra fornisca la giustificazione ai politici per sottrarre la libertà ai cittadini. I diritti individuali meritano di essere difesi: dai terroristi privati come dai professionisti dell’anti-terrorismo. Anche perché, spesso, nel calderone delle leggi “eccezionali” vengono mescolati strumenti punitivi che prima si era tentato, invano, di approvare secondo le procedure ordinarie. Soprattutto, bisogna impedire che gli stati allunghino le proprie mani sulla rete. Questo terreno non è loro, su di esso non possono vantare alcun diritto. Essi, “stanchi giganti di carne e acciaio”, hanno costruito un mondo intriso di sangue, e hanno cinicamente perseguito la guerra per ingrandire i propri poteri e il proprio dominio. Ora tentano, altrettanto cinicamente, di distruggere Internet, perché non possono controllarla. “Questi provvedimenti sempre più ostili e coloniali - recita la famosa Dichiarazione di Indipendenza del Ciberspazio di John Perry Barlow - ci mettono nella stessa posizione di quei precedenti amanti della libertà e dell'autodeterminazione che hanno dovuto rifiutare le autorità di poteri distanti e disinformati. Dobbiamo dichiarare le nostre identità virtuali immuni alla vostra sovranità, pur continuando a consentirvi di governare sui nostri corpi. Ci diffonderemo attraverso il pianeta così che nessuno potrà arrestare i nostri pensieri. Noi creeremo una civiltà della mente nel ciberspazio. Possa essa essere più umana e onesta del mondo che i vostri governi hanno prodotto in precedenza”.

28 settembre 2001

cstagnaro@libero.it






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DAVID B. KOPEL
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