Dopo l’Afghanistan,
l’Irak?
di Robert Novak
Nonostante le serie discordanze all’interno dell’amministrazione
Bush su come portare avanti la guerra al terrorismo, c’è stata
unanimità totale sulla necessità dell’attacco militare in
Afghanistan. Il dibattito interno si incentra sulle mosse
successive. E’ il caso di attaccare l’Irak per liberarsi una volta
per tutte di Saddam Hussein? Non è una cosa facile sradicare i
campi terroristici di Osama bin Laden in Afghanistan e rovesciare,
in questo processo, il regime talebano, ma gli organizzatori
americani sono convinti di riuscirci; forse in un tempo
relativamente breve. Nessuno nell’amministrazione, tuttavia, crede
che questa vittoria militare possa essere la sconfitta del
terrorismo. Anche uccidendo o catturando bin Laden, la sua rete
globale non sarebbe eliminata.
Quello che si farà dopo dipende da un fattore: il prossimo passo
militare dovrà essere un attacco combinato aria-terra all’Iraq?
Secondo le fonti del Pentagono, non sarebbe necessaria tutta la
preparazione che ha preceduto l’operazione Desert Storm per
affrontare le forze svuotate di Saddam. La risposta implica alcune
decisioni politiche fondamentali riguardanti la misura in cui gli
Stati Uniti debbano schierarsi con Israele in quella che
sembrerebbe una guerra mondiale contro i fondamentalisti
musulmani. George W. Bush si è espresso chiaramente contro questa
guerra. Ma, a quanto dicono persone a lui vicine, l’opzione
irachena rimane aperta. Dall’11 settembre in poi, il Pentagono ha
sempre considerato difficile ma necessaria la prospettiva di un
attacco militare all’Afghanistan. L’assenza di quelli che gli
esperti del ministero della Difesa considerano obiettivi aerei
“interessanti” e il terreno inadatto a grandi corpi di spedizione
ha portato a fare affidamento sulla forza indigena anti-talebana
combinata ai commando anglo-americani. Nelle ultime due settimane
gli ufficiali americani hanno stretto contatti con i dissidenti
talebani. La convinzione che il regime possa plausibilmente cadere
entro un mese si basa più sulle defezioni che ci si aspetta fra i
militari talebani che su una netta vittoria militare. Ma per
questo risultato non ci sarebbero parate festose negli Stati
Uniti.
Gli esperti dell’antiterrorismo identificano il reale nemico ben
oltre i polverosi campi afghani bersagliati dalla potenza di fuoco
americana. Vedono gli organizzatori della devastazione
internazionale vestiti all’occidentale, che vanno a lavoro ogni
giorno negli uffici dei palazzi di Baghdad, Damasco, Teheran e
persino Beirut. Le fonti dei servizi segreti americani hanno
identificato negli Emirati Arabi Uniti, gli Stati Uniti e la
Germania i luoghi in cui è stato organizzato l’attacco dell’11
settembre. Amburgo, in particolare, è un luogo adatto per il
terrorismo. Il potere militare convenzionale da solo, quindi, non
può vincere la guerra contro il terrorismo. Ciononostante, molti
all’interno del Pentagono ritengono che il secondo obiettivo -
dopo l’Afghanistan - debba essere l’Irak. Perfino gli ufficiali
più aggressivi ammettono privatamente che non vi sono prove che
legano Baghdad agli attacchi dell’11 settembre, ma ammettono anche
di volere comunque portare a termine l’operazione incompiuta di
dieci anni fa.
Ma secondo fonti della Casa Bianca, questo non basta al presidente
Bush. Egli vuole una giustificazione migliore per presentare al
mondo un attacco all’Irak. Anche se sicuramente non ha escluso di
dare la caccia a Saddam, Bush sta attento a non schierare il suo
paese contro il mondo arabo. Gli sforzi del presidente per
comporre una coalizione (compreso il suo appoggio al concetto di
uno stato palestinese) ha portato il primo ministro israeliano
Ariel Sharon a fare lo stizzoso paragone fra gli sforzi di Bush e
il tradimento della Cecoslovacchia nel 1938 da parte delle
democrazie occidentali. Quando Sharon è stato rimproverato da una
dichiarazione ufficiale della Casa Bianca, i suoi consiglieri si
sono immediatamente scusati per gli insulti del loro capo al
protettore e benefattore di Israele. Sabato lo stesso Sharon ha
cercato i giornalisti americani per spiegare che era stato
frainteso.
Tuttavia il rapporto improvvisamente delicato fra Stati Uniti e
Israele rimane un fattore cruciale per scegliere come perseguire
la guerra al terrorismo. Molti conservatori americani ritengono
che attaccare l’Irak sia essenziale per proteggere gli interessi
nazionali americani e che avere paesi arabi come membri della
coalizione contro il terrorismo non sia né possibile né
desiderabile. Secondo loro, basta l’alleanza con Israele. Il
segretario di stato Colin Powell dice a Bush che si tratta di
un’opinione folle. L’approvazione del popolo americano di cui gode
Bush, superiore all’80 per cento, può soltanto aumentare se il
regime talebano crolla sotto il peso delle armi anglo-americane.
Poi avrà un mandato in bianco per andare avanti contro l’Irak. La
tentazione metterà alla prova la prudenza e la saggezza di George
W. Bush.
(traduzione dall’inglese di
Barbara Mennitti)
10 ottobre
2001
da
TownHall.com
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