Anthrax: il terrore al
microscopio
di Pierpaolo La Rosa
Si presenta come una banale influenza, un fastidioso malanno di
stagione. I sintomi, del resto, sono proprio quelli: brividi di
freddo, tosse, fastidi gastrointestinali, un senso di spossatezza,
qualche linea di febbre. Peccato, però, che i suoi effetti possano
rivelarsi davvero letali. Parliamo del carbonchio, il bacillo non
contagioso ritenuto però tra le armi più potenti in mano ai
bioterroristi. Un batterio micidiale - una volta inalato, colpisce
l’apparato respiratorio - alla base della psicosi collettiva che
continua a dilagare negli Stati Uniti. I primi segnali d’allarme
risalgono al 5 ottobre scorso, quando si sparge la notizia del
decesso a Boca Raton, in Florida, di Bob Stevens, 63enne
fotoreporter dell’importante gruppo editoriale American Media. La
diagnosi dei medici non lascia spazio ad alcun dubbio:
responsabile della morte è il letale “bacillus anthracis”,
all’origine del carbonchio, malattia assente in America dal
lontano 1976. Pochi giorni dopo si scopre che un altro dipendente
della società, il fattorino di origine cubana Ernesto Blanco, ha
contratto il contagio.
E’ subito emergenza e scattano le prime misure di sicurezza: l’Fbi
apre un’inchiesta, mentre tutte le persone che lavorano negli
uffici della American Media si sottopongono ad esami. Da questi
risulta positiva anche una donna di 35 anni. E nelle ultime ore
trapelano agghiaccianti indiscrezioni: il germe usato in Florida è
“probabilmente manipolato” e “geneticamente modificato”; le spore
sarebbero state prodotte in un laboratorio dello Iowa. Insomma,
entrambe le infezioni avrebbero una comune matrice terroristica. E
cresce, nella popolazione Usa, l’angoscia per possibili attacchi
condotti con agenti chimici e batteriologici. Accanto alla guerra
di tipo tradizionale - incursioni aeree mirate, bombardamenti,
missili ad altissima tecnologia scagliati contro campi di
addestramento e basi militari di Osama bin Laden e del regime
talebano - se ne profila già un’altra, finora poco visibile, ma
non per questo meno distruttiva. Una guerra diversa, che potrebbe
combattersi con strumenti di offesa come il vaiolo (contagioso e
mortale nel trenta per cento dei casi), i gas nervini (devastanti
per stomaco e polmoni), il cianuro di idrogeno (attacca il sangue)
e il botulino (veleno terribilmente efficace). Senza trascurare
l’antrace, il cui tasso di mortalità è da brividi: ben il novanta
per cento.
In un rapporto della Cia risalente al 1995, si legge che un vero e
proprio arsenale composto da armi di massa sarebbe presente in 17
stati fuorilegge tra cui Afghanistan, Irak, Iran, Corea del Nord.
Anche Al Qaeda, l’articolata organizzazione terroristica che fa
capo allo sceicco del terrore, è in possesso di germi e tossine
nocivi. D’altra parte, come spiega il futurologo statunitense
Jeremy Rifkin, fabbricare oggi agenti biologici è un gioco da
ragazzi: è sufficiente infatti sborsare diecimila dollari per
allestire un laboratorio di tutto rispetto. I governi, poi, hanno
preso sotto gamba l’inquietante fenomeno e si ritrovano così ad
affrontare con preoccupazione una minaccia nuova, semplicemente
impensabile fino a poco tempo fa. I timori delle autorità sono
peraltro fondati, legittimi, se si pensa che perfino i vaccini
scarseggiano. E l’Italia? Nonostante le rassicurazioni fornite e
gli appelli alla calma, il ministro della Salute Sirchia ha
candidamente ammesso che un piano completo per fronteggiare
un’eventuale emergenza sarà pronto solo nel giro di qualche mese.
Speriamo che non sia troppo tardi; è ancora vivo nella memoria il
progetto con cui bin Laden intendeva avvelenare nel 1995 gli
acquedotti della penisola.
12 ottobre
2001
pplarosa@hotmail.com
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