La guerra ai tempi del Grande Fratello
di Paola Liberace


Alla fine, anche loro hanno dovuto cedere: gli autori dello show più discusso della scorsa stagione televisiva hanno dovuto prendere atto che ci sono ragioni che la televisione non conosce, ma è bene che impari. E così, ai ragazzi “prigionieri” nella casa del Grande Fratello a Cinecittà è stato finalmente svelato che nel mondo non tutto va proprio come nella loro casa ex Ikea; la “quarta parete” è stata abbattuta anche per questo reality show, che a differenza di altri format basati sulla “vita in diretta” fa dell’isolamento il suo punto forte, la condizione per le situazioni che i telespettatori aspettano di godersi.

Eppure, non si poteva rimanere isolati, in giorni come questi in cui dalle telecamere spuntano i volti dei terroristi, accanto a quelli dei nuovi protagonisti del Big Brother, quando vederli affiancati nelle immagini di Blob è ancora più spiazzante di quanto non sia per qualsiasi altro “ritaglio” televisivo. Così la guerra è entrata nelle trame (quest’anno piuttosto inconsistenti, per la verità) della fiction: perché, sia ben chiaro, di questo si tratta. Davanti a quello che sta accadendo e che i mezzi di comunicazione trasmettono ormai a frequenza continua, non è più possibile alcuna accusa di “spettacolarizzazione” della realtà, tentato durante gli attacchi precedenti. Se una cosa è stata da subito chiara a tutti, di destra e di sinistra, dopo gli attacchi dell’undici settembre scorso, è stato proprio lo scavalcamento del confine tra vita vera e vita raccontata, e questa volta - una tanto - da parte della prima.

La realtà ha cominciato a comportarsi come i kolossal, e continua a farlo: ma in questo non c’è più la rassicurante distanza che, nonostante tutto, era percepibile nelle immagini di guerra degli anni passati: adesso la vicinanza mediale ha sposato l’ineluttabilità reale, e di fronte a questo tragico matrimonio non c’è reality show che tenga. Non c’è real TV che possa legittimamente contendere con la verità dell’invasione batteriologica, della notte di Kabul rischiarata dai missili americani; era giusto che a questo punto, cedendo le armi, la televisione della vita in diretta ammettesse di essere fiction, e passasse la parola alla diretta più lunga e più grave che abbiamo mai conosciuto.

12 ottobre 2001

pliberace@hotmail.com


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