Cattolici in marcia verso gli errori del
passato
di Luciano Priori Friggi
Nei giorni scorsi su “Il Giornale” abbiamo assistito a un
inaspettato intervento di Baget Bozzo sulle posizioni della Chiesa
cattolica nella crisi internazionale in corso. Il sacerdote ha
accusato apertamente il Vaticano di subire il fascino dell'Islam
di pari passo con "la condanna dell'Occidente, terra del tramonto
della religione e della morale". E denuncia il fatto che nel
"momento in cui contro una nazione cristiana si scatena l'immenso
odio dell'Islam verso il Cristianesimo, il Papa non abbia avuto
una sola parola per dire che quel terrorismo è un atto religioso,
e un atto religioso anticristiano". Non basta. Il Papa, che è
arrivato a "condannare le multinazionali nello specifico", non
riesce ad andare oltre una condanna di un "anonimo terrorismo,
come se si trattasse delle Brigare rosse". La conseguenza è che la
Chiesa cattolica, nel ricercare un'alleanza delle religioni contro
il corrotto e immorale Occidente, ha tralasciato quello che
avrebbe dovuto essere il suo compito principale in questa fase
storica "essere la forza morale dell'Occidente nell'ora della
jihad islamica contro l'Occidente". La conclusione è una condanna
senza appello: "La Chiesa perse la religione (quella cattolica è
mistica più laicità) nel Vaticano II. Ne soffrii molto, ma Pio
XII, l'ultimo grande Papa non avrà successori". Due giorni dopo,
accusato sullo stesso quotidiano dal giornalista cattolico Socci
di essersi posto al di fuori della Chiesa, Baget Bozzo in parte
ritratta ("è vero mi sono riscaldato troppo") ma nella sostanza
conferma ("ma questa guerra è giusta").
Ha ragione Baget Bozzo? Proviamo a mettere le sue conclusioni
all'opera nel reale prossimo e più precisamente dentro la
tradizionale marcia della pace Perugia-Assisi. Qual è il centro
motore della manifestazione? Non c'è alcun dubbio che si tratti
dell'alleanza tra terzomondisti e antigiottini. E la spina dorsale
di questo agglomerato è lo schieramento cattolico, fatto di decine
e decine di associazioni pacifiste, ma meglio sarebbe dire, oggi
come ieri, antiamericane e anti Nato, contrarie ovviamente
all'intervento in Afghanistan, definito dagli organizzatori della
marcia "illegale". Deve piacere molto questo aggettivo: era stata
definita infatti "illegale" persino la riunione del G8 a Genova.
A questo mondo pacifista, al di là delle dichiarazioni, non piace
chi dialoga. Nel secolo appena passato abbiamo avuto delle
tragedie immense scaturite proprio dallo scontro tra le "ragioni"
delle più grandi nazioni dell'Occidente. Nazismo, fascismo e
comunismo (di volta in volta) da una parte e democrazia
dall'altra. Per i più giovani vogliamo ricordare che non si trattò
di un semplice scontro tra ideologie ma di una lotta accanita per
la supremazia, che costò al mondo decine e decine di milioni di
morti. E lo scenario è stato sempre lo stesso, da una parte i
paesi caduti sotto le dittature e lanciati in folli avventure di
aggressione e di conquista e dall'altra i paesi della democrazia
consolidata, cioè Inghilterra e Stati Uniti, alla ricerca
dell'alleanza possibile per opporvisi. Questo è ciò che accadde
ieri e questo è ciò che accade oggi. Con la differenza che tutti i
paesi che furono protagonisti delle tragedie del secolo scorso
stanno in questo momento dalla stessa parte. E lo sono
innanzitutto perché condividono finalmente gli stessi principi
costitutivi delle società democratiche. Perché non lasciare allora
riunire i loro leader, affinché dialoghino e stringano amicizie?
Di tutto ciò non ce ne è mai abbastanza.
Su dove collocare la nuova soglia del pericolo per il mondo Baget
Bozzo ha ragione da vendere. La democrazia diffusa è una conquista
dell'Occidente cristianizzato, ma a minacciarla ora sono sorti
nuovi movimenti che hanno alla base una "ragione" di tipo
religioso (o supposto tale). E tra questi c'è anche, purtroppo,
una parte del mondo cattolico più impegnato. V'è un livello di
critica (apparentemente) più raffinato ed è quello che punta alla
colpevolizzazione dell'Occidente per il fatto di consumare l'80
per cento delle risorse pur essendo il 20 per cento della
popolazione globale. Posta così la questione sembra solo un'enorme
sciocchezza. E c'è un livello di critica più becero: "Nessuno
nella vita raccoglie quel che non ha seminato. Questo vale per la
vita personale e sociale. Se gli Stati Uniti sono oggi attaccati
... è perché, in qualche misura, umiliano popoli ed etnie ... come
Cuba che continua a subire il blocco americano dal '61" (sito
internet di Don Vitaliano). Non una parola sul regime che c'è a
Cuba e sulla triste sorte di un popolo che forse (come nelle più
classiche dittature latinoamericane) dovrà sorbirsi un altro
Castro, quando sarà morto l'attuale. E padre Jean-Marie Benjamin,
"che aveva previsto l’esatta dinamica degli attentati di New York
e Washington" (Giacomo Galeazzi, La Stampa), è arrivato a definire
l'azione terroristica una "reazione".
Insomma, dividendo il mondo non con i criteri della democrazia (e
della dittatura) ma tra paesi ricchi -immorali- e poveri, la
crociata anti-yankee dei pacifisti cattolici mira a rimettere in
discussione gli attuali equilibri, tanto faticosamente raggiunti.
Con la conseguenza che al primo posto si tende a collocare non il
diritto (in primo luogo quello riferito alla persona) ma la
giustizia sociale su scala globale. La religione si trasforma così
in politica e da questa finisce per essere strumentalizzata.
Ovviamente non avendo la più pallida idea sulle cause della
povertà e sul modo di superare questa ed altre contraddizioni del
mondo contemporaneo il rischio di sconfinare in un qualcosa che
somiglia al peggiore ideologismo della vecchia sinistra è
altissimo. Così non è un caso che in Italia larga parte della
galassia pacifista e antiglobalizzatrice si stia saldando intorno
a Rifondazione Comunista (nelle cui liste si è presentato
Agnoletto, risultando primo dei non eletti). Dopo il
collateralismo con la Dc dovremo vedere una parte importantissima
del mondo cattolico giungere ad un nuovo collateralismo, questa
volta con i comunisti? Se così fosse la tragica fine del sacerdote
polacco Popielusko (e di tanti altri come lui) è - nella nuova
fase che si è aperta - evidentemente un ricordo ormai troppo
lontano per costituire un problema.
12 ottobre
2001
l_pf@yahoo.it
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