| Punto militare. Fronte 
              settentrionale, arrivano i nostri 
 La seconda fase dell'intervento militare anglo-americano contro il 
              regime talebano in Afghanistan è ormai entrata nel vivo. Dopo 
              quasi tre settimane di bombardamenti incessanti contro le 
              postazioni militari e i campi d'addestramento di al-Quaeda, nei 
              giorni scorsi gli alleati hanno per la prima volta preso di mira 
              le avanguardie dell'esercito talebano, già impegnate in scontri 
              violentissimi contro l'Alleanza del Nord per la conquista della 
              città di Mazar el Sharif, ritenuta uno degli obiettivi strategici 
              più rilevanti in questa fase del conflitto.
  
              
              Gli anglo-americani, evidentemente, hanno deciso di offrire un 
              massiccio supporto aereo al tentativo degli anti-fondamentalisti 
              afghani di sfondare il fronte settentrionale prima di sferrare 
              l'attacco definitivo contro Kabul. Ma la battaglia sarà lunga e 
              pericolosa. Anche perché, come ha ammesso ieri l’ammiraglio 
              statunitense John Stufflebeem, i talebani si stanno rivelando 
              combattendi più tenaci del previsto. “Anche se prima degli 
              attacchi aerei nei cieli dell’Afganistan erano totalmente 
              impreparati – ha detto Stufflebeem – sono riusciti a 
              riorganizzarsi molto velocamente. E, naturalmente, conoscono molto 
              meglio di noi il teatro dello scontro”. Per sottolineare la 
              determinazione talebana nel resistere “fino all’ultimo uomo”, 
              Stufflebeem ha svelato che, secondo alcuni fonti di intelligence, 
              gli uomini del Mullah Mohammed Omar sarebbero pronti ad avvelenare 
              il cibo paracadutato dall’aviazione Usa per alleviare le 
              sofferenze della popolazione civile. Allo scopo, ovviamente, di 
              gettare discredito su questa operazione umanitaria fortemente 
              voluta dall’amministrazione Bush.  
              
              Questa feroce determinazione, unita alle difficoltà “diplomatiche” 
              nelle quali ancora si dibatte il fronte anti-talebano, trascinerà 
              quasi certamente le operazioni militari fino al rigidissimo 
              inverno afghano, con tutte le conseguenze e i rischi che questo 
              comporta. Ma questa era un’opzione già da tempo ampiamente 
              prevista dagli strateghi anglo-americani, che continuano a tirare 
              le fila del conflitto seguendo tre direttrici distinte ma in 
              strettissima correlazione tra loro: indebolire il regime talebano 
              infliggendo il maggior numero di danni possibili alle postazioni 
              militari, aiutare gli anti-fondamentalisti nel fronte 
              settentrionale, infiltrare squadre speciali nei campi 
              d’addestramento dei terroristi per stanare Osama bin Laden e gli 
              altri capi di al Quaeda. Tutto questo, per evidenti ragioni 
              politiche, sarebbe meglio concluderlo prima del Ramadan. Ma la 
              guerra e il calendario, è cosa nota, non vanno quasi mai 
              d’accordo. (a.man.)
 26 ottobre
              2001
 
  
              
              
 
 
 
 
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