| Gerarchie contro networks: le guerre di 
              quarta generazione di Giuseppe Mancini
 
 La rivoluzione connettiva, l'avvento e la diffusione su scala 
              globale di Internet, ha innescato un processo di radicale e 
              profondo mutamento del sistema politico internazionale, di cui gli 
              attacchi terroristici dell'11 settembre sono il frutto più 
              evidente. Internet, un mezzo di comunicazione interattivo e 
              transnazionale, ha infatti permesso l'emergere ed il graduale 
              consolidarsi di una nuova forma organizzativa, quella connettiva. 
              Comunità diasporiche, attivisti politici, movimenti nazionalisti, 
              universo globalofobo, mafie transnazionali, terroristi assortiti, 
              hanno costruito grazie alla Rete dei networks fittamente 
              intrecciati ed impenetrabili, autentici moltiplicatori del 
              potenziale di riuscita delle loro attività di propaganda, di 
              reclutamento, di finanziamento (il tutto su scala planetaria), di 
              azione sul campo: dalle insorgenze contro regimi autoritari 
              (Serbia, Indonesia, Burma) al riciclaggio per via elettronica del 
              denaro sporco, dalle violenze di piazza (da Seattle a Genova) agli 
              attentati coordinati in simultanea di New York e Washington. I 
              networks, i nuovi attori del sistema politico internazionale, sono 
              divenuti gli avversari più temibili (in alcuni casi, anche i più 
              pericolosi) degli attori politici tradizionali organizzati su base 
              verticale e gerarchica. Networks contro gerarchie.
 
 "Networks and Netwars: The Future of Terror, Crime, and 
              Militancy", il nuovo libro (uscito come previsto il 22 ottobre) 
              curato da John Arquila e David Ronfeldt della Rand, che da quasi 
              un decennio si occupano delle nuove forme di conflittualità con 
              studi sempre all'avanguardia, è tutto volto a comprendere perché 
              ed in che modo i networks sono in grado di mettere in difficoltà 
              gli stati - e se non adeguatamente contrastati di sconfiggerli. 
              Una sfida, quella dei networks, pluridimensionale: da un lato, 
              terroristi, criminali di tutte le risme, estremisti 
              etnonazionalisti; dall'altra, gli attivisti della società civile, 
              i globalofobi. Forme assolutamente diverse di conflittualità che 
              hanno però in comune sia la struttura connettiva dei protagonisti, 
              sia lo strabiliante grado di successo delle loro azioni. Netwars, 
              conflitti a bassa intensità fondati su piccoli gruppi invisibili 
              che praticano lo swarming, unendosi per colpire tutti insieme e 
              per disperdersi subito dopo. Oltre al vantaggio organizzativo che, 
              secondo Arquilla e Ronfeldt, i networks hanno sulle gerarchie, per 
              spiegare questo successo delle netwars (dalla cacciata di 
              Milosevic ai moti di Seattle, dagli Zapatisti del Messico ai 
              trafficanti transnazionali) occorre tener conto 
              dell'impreparazione degli attori politici internazionali, finora 
              incapaci di ricostruire il proprio pensiero strategico, incapaci 
              di combattere i networks con altri networks, incapaci di passare 
              alle guerre di quarta generazione. Il risultato è che gli Stati 
              Uniti incontrano delle difficoltà nelle operazioni militari in 
              Afghanistan, che i bombardamenti non hanno prodotto frutti 
              decisivi, che la rete dei terroristi è stata solo scalfita.
 
 Networks contro gerarchie. I due studiosi americani, nel post 
              scriptum dopo l'11 settembre, scompongono il conflitto in cinque 
              livelli analitici, per meglio evidenziare i punti di forza di al 
              -Qaida ed i punti di debolezza della coalizione di stati che la 
              combatte. Il primo livello è quello organizzativo, in cui la 
              superiorità del network dei terroristi è schiacciante. Il secondo 
              livello è quello narrativo, il tessuto ideologico fatto di fonti 
              d'ispirazione, miti, valori condivisi e missioni che tengono 
              insieme il network: in questo caso, per l'indignato patriottismo 
              del popolo americano che si è manifestato dopo l'11 settembre, gli 
              Stati Uniti hanno un vantaggio seppur marginale. Il terzo livello 
              è quello dottrinale, il pensiero strategico ed operativo che 
              consente ai networks di funzionare senza un continuo flusso di 
              inputs da un centro che per l'appunto non esiste: il vantaggio di 
              al-Qaida è sensibile. Il quarto livello, invece, quello 
              tecnologico, è chiaramente ad appannaggio degli Stati Uniti, anche 
              se l'infrastruttura informatica e comunicativa messa in piedi da 
              Osama bin Laden sicuramente non è da sottovalutare. Il quinto ed 
              ultimo livello è quello sociale, i legami personali tra i membri 
              dell'organizzazione che rendono perdite e sacrifici umani più 
              accettabili: altro vantaggio schiacciante per i terroristi di 
              al-Qaida, per Osama bin Laden ed i Talebani che li sostengono. 
              Gerarchie contro networks: per sconfiggere i terroristi, per 
              Arquila e Ronfledt le gerarchie dovranno quanto più possibile 
              assomigliare ai networks. Ma quanto tempo ci vorrà?
 
 1 novembre
              2001
 
 giuse.mancini@libero.it
 
              “Networks and Netwars: The Future 
              of Terror, Crime, and Militancy”, a cura di John Arquilla e David 
              Ronfeldt, Rand, Santa Monica, 2001, $ 25, pp.375.
  
              
              
 
 
 
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