| Punto militare. L’impasse dell’Alleanza 
              del Nord 
 E’ paradossale, ma uno dei problemi che l’offensiva 
              anglo-americana sta incontrando in questi giorni è l’inefficienza 
              delle truppe dell’Alleanza del nord. Male armate, male 
              equipaggiate e male addestrate, queste milizie, un tempo gloriose 
              nella resistenza all’invasore sovietico, appaiono del tutto 
              inadeguate ad avviare l’attacco verso Kabul. Persa la guida del 
              comandante Massud, i mujaheddin sembrano spaesati e timorosi, 
              divisi tra roboanti proclami di vittoria, lamentele per una 
              presunta mancanza di volontà degli Alleati e incapacità ad 
              integrarsi con le poche truppe americane sul campo. Eppure, da una 
              settimana almeno, le bocche di fuoco degli aerei puntano diritte 
              sulla prima linea talebana al Nord dell’Afghanistan, laddove i due 
              fronti contrapposti si fronteggiano da tanti mesi.
 
 Questo pone un problema in più ai comandi militari statunitensi 
              che, secondo le parole del columnist conservatore William Kristol, 
              avevano sperato di poter superare la resistenza talebana solo con 
              un massiccio bombardamento aereo e navale, evitando di dover 
              ricorrere all’impiego delle truppe di terra. E invece, da qualche 
              giorno, si ipotizza una più massiccio intervento dei soldati. Sia 
              da parte americana, che da parte britannica. Blair ha annunciato 
              la disponibilità immediata di 4200 unità fra terra, mare e cielo, 
              di cui una gran parte composta dai famosi commandos che in parte 
              già operano sul territorio afgano. E Bush pensa dal canto suo ad 
              un ulteriore rinforzo. Per il momento le poche truppe di terra 
              statunitensi, poco meno di un centinaio di unità, operano in parte 
              al fianco delle milizie del Nord, in parte coadiuvano i piloti 
              degli aerei nell’individuazione di più nascosti target talebani.
 
 In una guerra che vede inevitabilmente dilatarsi i tempi entrano 
              in scena le cosiddette “bombe giganti”, bombe pesanti che 
              penetrano nel terreno disintegrando i rifugi in profondità. Una 
              tattica che viene considerata molto utile nella ricerca dei 
              nascondigli che ospitano i talebani dispersi sulle montagne. 
              Tecnologie a parte, secondo fonti militari statunitensi lo sforzo 
              dei prossimi giorni sarà proprio indirizzato a superare l’impasse 
              nel Nord. Da un lato è possibile che nuove truppe di terra vadano 
              a rinforzare le unità già presenti sul territorio afgano. 
              Dall’altro si proverà a integrare meglio i propri uomini con le 
              milizie dei mujaheddin intensificando l’addestramento.
 
 1 novembre
              2001
  
              
              
 
 
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