| Dobbiamo credere al bin Laden 
              "nuclearizzato"? di Tiziana Lanza
 
 Dopo gli avvenimenti di questi giorni, un nuovo disastro aereo sul 
              cielo di New York e le nuove minacce di Osama bin Laden, ci si può 
              domandare se si debba avere più paura di sinistri incidenti 
              caratterizzati da strane coincidenze (l'aereo è caduto esattamente 
              a due mesi di distanza dall'attentato alle torri gemelle) oppure 
              di un pericolo conosciuto già da molto tempo quale l'impiego di 
              armi di distruzione di massa (in sigla wmd, weapons for mass 
              destruction). Bin Laden si dice pronto ad usare armi nucleari e lo 
              ha dichiarato al giornalista pakistano, Namid Mir. Ma davvero bin 
              Laden possiede i mezzi e soprattutto le conoscenze adeguate per 
              realizzare il folle gesto di cui parla? Il segretario di stato 
              americano Colin Powell ha minimizzato definendo quelle di bin 
              Laden "selvaggie minacce". Tuttavia, che bin Laden abbia tentato 
              in passato di appropriarsi di quantitativi di uranio è noto. Si 
              possono seguire le tappe di questa vicenda negli anni sulle pagine 
              del sito del Center for Nonproliferation Studies all'indirizzo:
              
              
              http://cns.miis.edu/pubs/reports/binladen.htm.
 
 Fabbricare una bomba atomica non è semplice. E' senz'altro più 
              facile comprarla già confezionata. Il Pakistan possiede la bomba 
              atomica e ha un'esperienza in tal senso. Possiamo qui ricordare 
              che il Pakistan è fra quei paesi che tuttora non hanno ratificato 
              il trattato per la messa al bando totale degli esperimenti 
              nucleari (Ctbt, Comprehensive total ban test treaty). La 
              motivazione che venne addotta qualche hanno fa anche dall'India è 
              che i negoziati venivano condotti in favore delle cinque potenze 
              nucleari (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito), non 
              obbligandoli a una programma di disarmo definitivo. Ma, come 
              sappiamo, il Pakistan, in questo conflitto, si è schierato con gli 
              Stati Uniti e il presidente Musharaf, già all'indomani 
              dell'attentato alle torri gemelle ha ordinato un dislocamento 
              degli ordigni atomici in nuove località segrete oltre a costituire 
              una nuova commissione di militari incaricata di vigilare sulla 
              sicurezza dell'arsenale.
 
 I dubbi allora potrebbero nascere in seguito ad un altro problema: 
              il mercato nero di sostanze nucleari. Qualche esempio c'è anche in 
              Italia. E' ancora mistero sui 27 fusti di materiale radioattivo, 
              forse plutonio, trafugati all'inizio degli anni '90 dal Centro 
              Trisaia di Rotondella dell'Enea, in provincia di Matera. 
              Probabilmente quel materiale finì nelle mani di Saddam Hussein 
              tramite la criminalità organizzata. Ma anche questo è un problema 
              noto da diversi anni. Più in generale il pericolo dell'utilizzo di 
              ordigni nucleari da parte di organizzazioni terroristiche è stata 
              considerata già in passato la vera minaccia nucleare. Al contrario 
              più che una minaccia, la corsa agli armamenti durante la guerra 
              fredda è stata da molti considerata un deterrente alla guerra 
              nucleare. E' rimasta famosa una frase coniata durante un vertice 
              fra Gorbachev e Reagan: "E' impossibile vincere una guerra 
              nucleare e per questo non dovrà mai essere combattuta".
 
 Liberare il mondo dall'incubo dell'arma nucleare è stato uno dei 
              primi e principali obiettivi delle Nazioni Unite, sin dal loro 
              esordio. Tutti i paesi nuclearizzati hanno preso parte al processo 
              di formazione di una cultura del disarmo. Processo che ha portato 
              naturalmente a controllare il più possibile che nessuno in segreto 
              potesse remare in controtendenza. La posta in gioco in tal senso è 
              molto alta. Per questo è il caso di credere a quanto dichiarato 
              dal segretario di stato americano. Quanto alla minaccia del 
              bioterrorismo, anch'esso è un pericolo noto. Si sa che in molti 
              laboratori del mondo si continuano a fabbricare armi per una 
              guerra batteriologica, nonostante la messa al bando delle armi 
              chimiche e batteriologiche risalga al protocollo di Ginevra del 
              1925. Ma per quanto riguarda l'organizzazione terroristica Al 
              Qaeda, la Cia parla di tre presunte basi bioterroristiche con una 
              capacità chimica e biologica rudimentale, basata sul cianuro e su 
              altre sostanze tossiche derivate dal cloro. L'allarme 
              bioterrorismo potrebbe tuttavia avere gravi conseguenze dal punto 
              di vista psicologico. Un gruppo di ricercatori inglesi e 
              statunitensi ha pubblicato recentemente un articolo sul British 
              Medical Journal parlando dell'allarme bioterrorismo come una 
              possibile "malattia sociogenica", alimentata dal circolo vizioso 
              innescato dai media e dalle ansie e dalle paure della gente 
              comune.
 
 16 novembre 2001
 
 tizilanza@hotmail.com
  
              
              
 
 
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