E’ vinta solo la prima battaglia
di Pierluigi Mennitti
I barbieri di Kabul, tornati al lavoro “in barba ai talebani”. Gli
aquiloni colorati tenuti al vento da bambini sorridenti. Donne che
riscoprono il piacere di una brezza di vento sul volto. Apparecchi
radio e televisivi apparsi d’improvviso al mercato nero. Uomini
che ballano festanti al ritmo di melodie provenienti da
altoparlanti d’occasione. Sono le prime, simboliche immagini della
liberazione di Kabul, irradiate su tutti i circuiti televisivi
internazionali poche ore dopo l’ingresso delle milizie mujaheddin
nella capitale. La guerra non è finita ma la caduta del centro
politico e amministrativo dell’Afghanistan ha segnato l’inizio di
una nuova era. Certo, la complessa frammentazione etnica, la
mentalità non certo liberale dei mujaheddin, i contrasti feroci
tra i paesi confinanti, la ritirata sui monti dei talebani che
potrebbe preludere a un ritorno sotto le forme della guerriglia ci
indicano che questa nuova era non sarà priva di difficoltà. Ma
adesso sarebbe necessario che, con onestà intellettuale, tutti
coloro che hanno contrastato la scelta anglo-americana di
attaccare l’emirato medievale dei talebani facciano il dovuto mea
culpa.
La guerra non è mai una bella avventura. Ma a volte è necessaria
per ristabilire equilibri violati e combattere i nemici della
propria libertà. E’ quello che hanno fatto gli americani, colpiti
nel cuore della loro nazione, con un attacco che in tre settimane
ha messo al tappeto uno dei regimi più oscurantisti che siano
apparsi negli ultimi secoli sulla faccia della terra e che
ospitava e proteggeva la micidiale rete terroristica che aveva
mosso il suo attacco finale all’Occidente. Un successo, insomma,
che dovrà essere completato dalla cattura di Osama bin Laden e del
mullah Omar, in fuga tra le montagne del Pakistan. Una guerra che
non finisce oggi ma proseguirà nei prossimi anni. L’obiettivo non
è infatti solo l’annientamento dell’Afghanistan talebano e la
rinascita di un paese libero ma la sconfitta totale del
terrorismo.
Quello in Afghanistan è stato solo il primo atto di una guerra che
resta lunga e difficile e nella quale saranno certamente da
mettere in conto contraccolpi da parte dei terroristi. Ma l’avvio
è stato felice e promettente e restituisce fiducia a tutti coloro
che hanno appoggiato la reazione americana e che si apprestano,
nei prossimi giorni, a fornire il loro supporto militare.
L’illusione di un pacifismo imbelle e privo di soluzioni concrete
alle crisi internazionali torna in soffitta. Il pacifismo
predicato da alcuni spezzoni delle sinistre europee e dal
cosiddetto popolo no global non è una opzione praticabile. E’
un’ideologia buona solo a farci qualche manifestazione e qualche
marcia. Qui da noi anche a ritagliarsi un paio di presenze
televisive in prima serata e, domani, un seggio in parlamento
nella squadra di Bertinotti. I problemi seri sono altri. E, per
fortuna, sono nelle mani di gente capace.
16 novembre 2001
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