| Kosovo, dopo il voto resta l’incertezza di Rodolfo Bastianelli
 
 L'unica certezza emersa dalle elezioni legislative in Kosovo è la 
              distanza che separa gli albanesi dai serbi. L'affermazione con il 
              46 per cento del Partito democratico di Ibrahim Rugova contro il 
              25 per cento ottenuto dalla Lega democratica guidata dall'ex 
              comandante dell'Uçk Hashim Thaci, conferma come la stragrande 
              maggioranza della popolazione albanese spinga ormai apertamente 
              per l'indipendenza dalla Jugoslavia, di cui tuttora nominalmente 
              la regione continua ad essere parte. Ma questo è un traguardo che 
              né il presidente jugoslavo Kostunica né la popolazione serba 
              sembrano disposti a prendere in considerazione. Appare infatti 
              quantomai improbabile che la dirigenza albanese accetti di restare 
              all'interno della Jugoslavia pur in presenza di un rinnovamento 
              democratico delle sue istituzioni e dietro l'attribuzione di una 
              larga autonomia politica ed amministrativa. Sul futuro status 
              della regione pesano inoltre le incerte prospettive della 
              Federazione jugoslava, che potrebbe dissolversi nel caso il 
              Montenegro decidesse di proclamare la sua indipendenza.
 
 L'indipendenza del Kossovo non è però vista con favore dalla 
              comunità internazionale per le ripercussioni che questa avrebbe 
              sugli equilibri regionali e sulla stabilità della Macedonia, che 
              ospita al suo interno una forte minoranza albanofona da tempo in 
              contrasto con il governo di Skopje e che probabilmente finirebbe 
              per essere attratta da uno stato albanese indipendente ponendo 
              così a rischio l'integrità territoriale del paese. La soluzione 
              più probabile appare quindi il prolungamento della presenza 
              internazionale, che di fatto lascerebbe la regione in uno stato di 
              protettorato amministrato dall'Onu.
 
 Il problema del Kossovo è di difficile soluzione, ma tentare di 
              risolverlo non osservando e comprendendo la situazione presente 
              sul terreno può portare al ripetersi di quanto avvenuto in 
              occasione della conflitto in Bosnia, quando proprio il "reality 
              gap" esistente tra l'approccio seguito dalla diplomazia e la 
              realtà balcanica decretò il fallimento di tutti i piani presentati 
              dai mediatori internazionali. Allo stesso modo una grande prudenza 
              va usata per indicare l'orientamento degli esponenti politici 
              locali: Rugova, se può essere infatti considerato un moderato per 
              il linguaggio ed il comportamento usati, non lo è certo per gli 
              obiettivi che non sono differenti da quelli degli altri esponenti 
              che vengono indicati come nazionalisti. Pensare poi di ricostruire 
              in breve tempo una società civile è pressoché impossibile, dato 
              che ci vorrà perlomeno un decennio per creare un rapporto di 
              fiducia tra serbi ed albanesi dopo anni di scontri e tensioni. 
              Bisogna evitare quindi di prendere delle decisioni avventate, per 
              non ripetere gli errori commessi in precedenza nella ex 
              Jugoslavia.
 
 23 novembre 2001
 
 rodolfo.bastianelli@tiscalinet.it
  
              
              
 
 
 
 |