| Cattivi pensieri. Questioni di forza e di 
              legittimità di Vittorio Mathieu
 
 La legittimità è un concetto discutibile e sempre in discussione, 
              ma, per quanto elastico, tra brigantaggio e sovranità rimane 
              sempre un confine. Oggi, per contro, a volte si tende a farlo 
              sparire: in Somalia, nel Kosovo, in Afghanistan. L'Alleanza del 
              Nord è (come dice il suo nome) un'alleanza di forze militari 
              convergenti verso un obiettivo comune, non è la depositaria di un 
              potere sovrano. Eppure qualcuno, che ne fa parte, ha avuto la 
              pretesa di stabilire dove potessero trovarsi le truppe inglesi e 
              che cosa dovessero fare.
 
 Nel corso di operazioni militari ciascun esercito fa quel che gli 
              ordina il suo comando, e questo risponde al proprio governo, non 
              al comandante di altre truppe. Se i suoi ordini configgono con 
              quelli di altri eserciti si avranno atti di guerra, non di 
              giurisdizione. E' bene richiamare questo concetto, perché 
              l'Afghanistan è il luogo ideale per chiarirlo ai signori della 
              guerra (come non si è fatto in Somalia). Un umorista americano ha 
              detto che i mujiaheddin sono i nostri alleati di oggi e i nostri 
              nemici di domani: può essere una "boutade", ma può anche non 
              esserlo. Così come non è assurdo il rovescio: lo scopo principale 
              della campagna afgana è trasformare in alleati i nemici. Si pensi 
              a Gheddafi.
 
 Simmetrico a chi ha forza senza legittimità è chi pretende 
              legittimità senza averne la forza. Ex regnanti ed ex presidenti si 
              precipitano a Kabul appena sperano di farlo impunemente,m per 
              proclamarsi punto di riferimento dell'unità nazionale. Il guaio è 
              che i titoli di legittimità sono validi solo a patto di avere 
              efficacia. Al contrario, vi sono generali che, appena dispongono 
              di qualche uomo, pretendono di dare ordini a chiunque. E vediamo 
              sovrani senza esercito che presumono di mettere d'accordo generali 
              in guerra tra loro. Poiché non ci riescono, ne vanno di mezzo i 
              civili.
 
 L'usurpatore cessa di esserlo se raggiunge stabilmente il potere; 
              lo spodestato diviene usurpatore se cerca di far valere i suoi 
              diritti senza averne la forza. In Occidente il problema sorge di 
              rado. Perché chi comandi di fatto è più chiaro; in Oriente il 
              problema è sempre stato tradizionale. La Russia lo ereditò da 
              Bisanzio, l'Asia Centrale lo eredita dalla Russia. Classico, in 
              materia, il Boris Godunov di Pushin, musicato da Mussorgski: è 
              incerto se l'uccisione di Demetrio erede al trono legittimi il 
              titolo di Zar rivendicato da Boris, ma ancor più incerto è se il 
              (falso?) Demetrio abbia o no la forza di spodestarlo. In 
              Occidente, al contrario, ci fu una tragica parodia della 
              legittimità dinastica: il Riccardo III di Shakespeare. Riccardo, 
              va preso alla lettera, quando dichiara di non far nulla contro il 
              diritto: infatti, per salire al trono, uccide accuratamente tutti 
              coloro che lo precedono nell'ordine di successione. Senza 
              dimenticare i bambini.
 
 23 novembre 2001
 
 vmathieu@ideazione.com
  
              
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