Punto diplomatico. L'Onu si affida alla
Conferenza di Bonn
Sarà l'Europa, Bonn, il crocevia del futuro governo provvisorio
afgano. Un primo passo è stato compiuto e le diverse fazioni che
compongono il complesso mosaico afgano (esclusi i talebani, che
non sono stati invitati) si sono accordate per avviare martedì, nella
ex capitale tedesca, le trattative per ridisegnare il
profilo politico e istituzionale del dopo-talebani. Ad annunciarlo
è stato il vice inviato speciale delle Nazioni Unite per
l'Afghanistan, Francesc Vendrell. L'ultimo ostacolo, rappresentato
dall'Alleanza del Nord, è stato superato con l'accettazione da
parte dei mujaheddin dell'invito di Kofi Annan e da lunedì tutti i
rappresentanti afgani si siederanno attorno al tavolo per una
conferenza che potrebbe segnare una nuova data nei libri di
storia.
Il risultato è particolarmente significativo per l'Onu, cui gli
alleati anglo-americani sembrano aver affidato il compito di
gestire il dopoguerra a Kabul e le trattative politiche che
saranno necessarie per aprire una nuova era. La strategia militare
tocca agli Usa, coadiuvati a diverso titolo dai loro alleati.
Quella politica tocca all'Onu, l'unico organismo in grado di
gestire le transizioni politiche senza che gli interessati possano
protestare per l'ingerenza di stati stranieri. Certo, gli
americani dopo aver predisposto la vittoria militare dei
mujaheddin e smantellato in Afghanistan la rete terroristica di
Al-Qaeda, saranno bene attenti a che il nuovo governo, qualunque
esso sia, cancelli ogni traccia di complicità con il
fondamentalismo islamico. Il primo risultato concreto ottenuto
dall'Onu, la convocazione della Conferenza di Bonn, è stato
raggiunto grazie all'abile lavoro diplomatico di Lakhdar Brahimi,
inviato di Kofi Annan per l'Asia centrale, che ha convinto il
presidente riconosciuto Burhannudin Rabbani ad accettare la
proposta del vertice.
Secondo fonti giornalistiche iraniane l'Onu è intenzionata a
presentare alle fazioni afgane un piano articolato in sei punti:
fra gli altri ci sono la creazione di un consiglio di
rappresentanza provvisorio, la convocazione della Loya Jirga -
l'assemblea tradizionale dei capi-etnia afgani - l'elaborazione di
una costituzione e la formazione di un esecutivo di transizione in
vista di elezioni democratiche. Esponenti diplomatici americani si
dicono ottimisti rispetto allo svolgimento dei colloqui, forse
enfatizzando troppo il risultato della definizione della
Conferenza. In realtà, il complicato puzzle ad incastro nel quale
la diplomazia internazionale si sta infilando rischia di saltare
per la difficoltà di mettere insieme pezzi troppo diversi. Si
dovranno mettere d'accordo tutte le etnie afgane. Poi tutti i
paesi confinanti. Infine le grandi potenze occidentali che hanno
combattuto e vinto la guerra. Difficile immaginare interessi e
obiettivi più distanti. Difficile credere che la via negoziale
approderà a un qualche risultato in tempi brevi. A meno che non
sia un risultato interlocutorio, destinato ad essere disatteso
dalle forze in campo che stanno già, da parte loro, ridisegnando
gli equilibri del paese. (p. men.)
23 novembre 2001
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