Punto diplomatico. Chi gestirà i soldi
della ricostruzione?
La fretta che l’Onu ha messo ai delegati afgani riuniti a Bonn ha
un motivo ben preciso. La prossima settimana, sempre in Germania,
a Berlino, si riuniranno i paesi donatori, quelli che hanno deciso
di metter mano al portafoglio per finanziare la ricostruzione
dell’Afghanistan. E dunque, l’Onu e i paesi donatori gradirebbero
sapere che le diverse fazioni si son messe d’accordo e che possono
investire con più tranquillità per rimettere in piedi il paese. E
così, mentre la Germania si gode la ritrovata centralità
diplomatica a scapito della Francia, nella roccaforte di
Petersberg (sulle colline attorno a Bonn) le fazioni afgane
riunite provano a tradurre in accordi le dichiarazioni di buona
volontà dei primi giorni.
Il progetto dell’Onu prevede una serie di tappe attraverso le
quali far nascere l’Afghanistan del dopo-talebani. Creare subito
un Consiglio supremo ad interim, un parlamentino di 100-200 membri
da reclutare fra tutte le etnie, che dovrebbe reggere le sorti del
paese per i prossimi sei mesi. Il Consiglio dovrebbe poi convocare
una Loya Jirga d’emergenza, la grande assemblea multietnica che
accompagnerà i successivi passi istituzionali e che, in due anni,
dovrà sfornare la nuova Costituzione afgana e indire le prime
elezioni generali. In tutta questa fase, la figura in grado di
rappresentare l’unità del paese potrebbe essere l’ex sovrano Sahir
Shah, in esilio a Roma da oltre 20 anni. Sul suo nome starebbero
convergendo un po’ tutte le fazioni. Un suo ritorno sulla scena
darebbe ossigeno anche alla etnia dei pashtun che oggi paga
l’appoggio fornito negli anni scorsi al regime talebano ma che
resta, tuttavia, l’etnia più numerosa dell’Afghanistan.
Si tratta dunque di un progetto ambizioso che dovrà superare
l’esame delle fazioni sedute attorno al tavolo di Petersberg.
Nella prima giornata sorrisi e aperture si sono sprecate.
L’Alleanza del Nord, il gruppo più numeroso alla Conferenza di
Bonn e vincitore sul campo di battaglia, è apparsa
sorprendentemente possibilista sulle questioni dibattute. In
realtà la figura del re viene vista come simbolica. La vera lotta
si aprirà per il governo e per la conquista dei ministeri chiave,
Interni, Esteri, Difesa e soprattutto Economia che gestirà i soldi
della ricostruzione. Ecco perché, quando si passerà dalle
dichiarazioni di principio alla operatività degli accordi,
l’ottimismo di queste ore potrebbe tramutarsi in delusione. Non
sarebbe la prima volta. (p. men)
29 novembre 2001
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