| Innocenti in prima linea: stop ai bambini 
              soldato di Cinzia Gorini
 
 Dai trecentomila ai seicentomila bambini, nel mondo, subiscono un 
              addestramento militare per essere poi utilizzati in azioni di 
              lotta armata come manovalanza a basso costo. Secondo i dati 
              forniti dal Global report on children soldiers 2001, i paesi in 
              cui si impugnano le armi prima di aver compiuto i dieci anni sono 
              una quarantina. Reclutamento forzato, ferocia, clima di violenza 
              cieca. Lezioni di terrore per chi disobbedisce. Questi sono i 
              pilastri, le “materie”, sulle quali si fonda l’istruzione alla 
              guerra, alla tortura, di bimbi spesso catturati in tenerissima età 
              (anche quattro-cinque anni appena) e costretti dai loro aguzzini a 
              diventare essi stessi dei carnefici.
 
 “Meccanismi di violenza si innestano su menti a cui manca ancora 
              una capacità di scelta etica – spiega monsignor Giorgio Biguzzi, 
              vescovo di Mikeni (Sierra Leone), terra africana martoriata da un 
              conflitto durato alcuni lustri e conclusosi da circa un anno - chi 
              cattura i bimbi diventa anche il comandante al quale i piccoli 
              devono obbedienza cieca. Ai bimbi che vengono mandati in prima 
              linea vengono date droghe, alcool, per aumentarne il coraggio”. Si 
              innesta poi un meccanismo psicologico diabolico, aggiunge il 
              vescovo di Mikeni, che è in Sierra Leone da 25 anni: “Nelle 
              operazioni di guerra, nelle razzie di cibo, i bimbi che hanno 
              dimostrato più coraggio vengono premiati con promozioni secondo 
              una gerarchia militare”.
 
 Affinché taglino i ponti con la loro comunità di origine, 
              aggiunge, vengono spesso rimandati indietro, nel villaggio dal 
              quale sono stati catturati, perché lo brucino. “In Sierra Leone il 
              problema di piccoli ex guerriglieri e del loro reinserimento si 
              pone ora drammaticamente - ricorda monsignor Biguzzi – poche 
              settimane fa molti combattenti hanno finalmente consegnato le armi 
              e gli ultimi bimbi-soldato ai Caschi blu dell’Onu”. Sono dai sei 
              agli ottomila i bambini che in Sierra Leone hanno ricevuto un 
              addestramento alla guerra (e la stima è per difetto) su una 
              popolazione di appena 5 milioni di abitanti, continua Biguzzi, che 
              con la sua Diocesi e con organizzazioni internazionali è impegnato 
              nel delicato compito di trovare i parenti – quando è possibile – 
              degli ex soldatini, o famiglie disposte a prenderli in 
              affidamento.
 
 Di innocenti in prima linea si parla al Palaffari di Firenze 
              sabato 8 dicembre, nel corso di un convegno internazionale: “Stop 
              ai bambini in prima linea”, promosso dal movimento per la pace 
              Shalom fondato da don Andrea Cristiani. Dalla Sierra Leone, oltre 
              alla testimonianza del vescovo Giorgio Biguzzi, anche il racconto 
              di un ex bimbo soldato che ha vissuto in prima persona gli orrori 
              di un’infanzia negata e di una guerra che non poteva capire. Nel 
              corso del convegno sotto i riflettori anche il Sudan: il 
              consigliere regionale Marco Carraresi ricorda che per i bambini di 
              quella terra l’orrore continua. Al sottosegretario alla Difesa 
              Francesco Bosi il compito di chiudere i lavori di una tavola 
              rotonda fortemente voluta in difesa dei diritti dei bambini, del 
              diritto all’infanzia, del diritto a crescere giocando con fucili 
              di plastica e non usando armi vere.
 
 7 dicembre 2001
 
 cinpensiero@libero.it
 
              
 
 
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