| Cattivi pensieri. Il diritto del più 
              forte di Vittorio Mathieu
 
 Chi si rivede: il diritto di visita. Le nostre navi sono state 
              autorizzate a fermare in acque internazionali navi sospette di 
              aiutare i terroristi, e a ispezionarle. A sparare se non 
              obbediscono all’intimazione. Mi domandavo dove fosse andato a 
              finire quel diritto; e ancora mi domando perché abbiamo aspettato 
              che ce lo ricordassero gli americani. Da ragazzo ne sentivo 
              parlare a proposito della prima guerra mondiale, e leggevo sui 
              “violatori di blocco” inglesi durante la guerra di secessione 
              americana, desiderosi di aiutare il Sud a esportare cotone e ad 
              importare manufatti, ma timorosi di essere accusati di favorire lo 
              schiavismo. Recentemente, lo auspicavo contro le carrette del 
              mare, iscritte a chissà quale registro, pronte a scaricare 
              clandestini sulle nostre coste; o contro i gommoni di ritorno, 
              dopo che avevano gettato in mare il loro carico umano di ostaggi. 
              “Sparare sugli scafisti” sembrava un’efferatezza, lasciare mano 
              libera ai bucanieri una prova di civiltà. Il diritto di visita lo 
              si lasciava ai tunisini contro i nostri pescherecci; e anche il 
              diritto di sequestro abusivo, visto che le nostre navi da guerra 
              non li proteggevano.
 
 Il diritto di visita fa parte del diritto internazionale di 
              guerra, e chi si scandalizzava dei miei propositi osservava che 
              eravamo in pace. Averci chiarito le idee su questo punto è un 
              merito di Osama bin Laden, ma sarebbe stato meglio se ce le 
              fossimo chiarite prima da soli. E’ essenziale capire che la guerra 
              ha cambiato volto rispetto a quella considerata nei trattati dei 
              giusnaturalisti. I quali, del resto, non mancavano di ricordare 
              che, anche tra nazioni disposte ad accettare il “ius belli ac 
              pacis”, la guerra poteva assumere fattezze diverse: tanto è vero 
              che il diritto di visita vige anche verso navi battenti bandiere 
              neutrali, benché solo in acque territoriali. Ora noi riconosciamo 
              come stati sovrani, anzi amici, Albania, Turchia, Liberia e così 
              via; ma sappiamo che sotto quelle bandiere navigano imbarcazioni 
              della delinquenza internazionale, che si serve dei privilegi per 
              condurre i suoi traffici turpi. E’ necessario ricordarle che vi 
              sono anche altri privilegi, diversi da quelli con cui si protegge.
 
 Il diritto marittimo è sempre stato il diritto del più forte, 
              perché non c’è una polizia internazionale atta a farlo rispettare. 
              Ci si può solo augurare che il più forte sia anche il meno 
              ingiusto: se non altro, per il proprio interesse. Lo sono stati 
              gli antichi romani, gli inglesi della regina Vittoria, i 
              nordamericani. Pompeo - ultimo rappresentante della grandezza di 
              Roma repubblicana, prima che Roma si avviasse a divenire imperiale 
              - compì il suo capolavoro nella guerra contro i pirati del basso 
              Adriatico, con metodi forti, ma adeguati ai loro comportamenti. 
              Ora, pur continuando ad amare il Sandokan di Salgari, è bene che 
              ci persuadiamo che il diritto marittimo non può essere dettato dai 
              pirati né nel medio, né nel vicino Oriente e neppure nel 
              Mediterraneo.
 
 14 dicembre 2001
 
 vmathieu@ideazione.com
  
              
              
 
 
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