| Argentina alla deriva di Federico Vasoli
 
 Un indice del rischio paese passato da 899 a 4116 punti in dodici 
              mesi. L’attività industriale crollata dell’11,6 per cento. La 
              disoccupazione che a novembre rasenta il 19 per cento. Fuga di 
              capitali all’estero pari al 4 per cento del Pil in dieci mesi. Un 
              debito estero che sorpasserà i 152 miliardi di dollari. Standard & 
              Poor che valuta il paese in selective default. Pensioni non 
              rivalorizzabili. Oltre la soglia di povertà 15 milioni di abitanti 
              su 36. Quattro anni consecutivi di stagnazione economica. Il 
              nervosismo degli stati confinanti. I giovani per strada e a 
              delinquere. Un terzo degli studenti delle elementari che abbandona 
              l’istruzione. Un’intera nazione a brandelli. Questa è l’Argentina 
              di oggi. Negli ultimi anni si sono susseguite gravissime crisi 
              finanziarie in ogni angolo del pianeta, dai mercati asiatici alla 
              Russia, fino alla Turchia, ma il dramma argentino è ben più 
              devastante, poiché colpisce al cuore il pilastro dell’economia 
              nazionale: il cittadino laborioso, mite e intraprendente. Il 
              dramma non è solo del povero che diventa, se possibile, ancora più 
              povero. La tragedia spazza via l’intera classe produttiva.
 
 Il primo dicembre, è stata adottata la più classica delle misure 
              d’emergenza, ossia il blocco dei conti correnti. Questo significa 
              che chi ha la sventura di essere malato o di dover sostentare 
              qualcun altro con i propri risparmi si è ritrovato ad un passo dal 
              baratro. Per intenderci, una (non cento: una) dose di insulina 
              costa intorno ai 50 dollari. Ora, l’insulina non si prende una 
              tantum per far festa e 50 dollari per una singola dose sono una 
              cifra spropositata, soprattutto dopo la svalutazione del peso. Ma 
              quel che è peggio è che dai conti correnti non si possono ritirare 
              più di 1000 dollari al mese e, dunque, anche chi ha un capitale 
              consistente in banca rischia di morire per strada. I medici non 
              hanno le risorse per dare assistenza a chi ne ha bisogno e il 
              sistema previdenziale - inutile dirlo - fa acqua da tutte le 
              parti. Così, il medico cinquantenne al culmine della carriera si 
              trova a fare la fila all’ambasciata del paese di suo nonno, 
              sperando di emigrare e vivere umilmente di quel poco che ha ed è 
              riuscito a salvare. Nel frattempo, lo studente brillante deve 
              assistere la famiglia, che non può permettersi di mandarlo a 
              studiare negli Stati Uniti.
 
 Sogni in frantumi, come il famoso ottimismo di Clemanceau, che 
              dipingeva il popolo argentino come in grado di poter guardare al 
              futuro “con il cuore pieno di speranza” e come la fiducia nei 
              confronti della classe politica. Dopo i governi militari, anche i 
              nuovi regimi più o meno democratici di tutto il Sud-America si 
              sono dimostrati assai inclini all’abuso del proprio potere per 
              concedere notevoli favori a sé e ai propri amici. Nel caso 
              argentino, dopo aver ottenuto un credito illimitato da parte del 
              Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, i soldi 
              presi a prestito hanno impinguato i conti all’estero della classe 
              dirigente. Secondo le stime, tali conti ammonterebbero a 90 
              miliardi di dollari, miliardo più miliardo meno, ossia il 60 per 
              cento del debito estero, mentre solo il 74 per cento degli 
              introiti da privatizzazioni è stato destinato al pagamento del 
              debito. Il resto si è volatilizzato. Traffici di armi e droga, 
              favori, clientelismo, prostituzione, aerei presidenziali placcati 
              in oro, misteriosi “suicidi”, “incidenti” e sparizioni. Questa è 
              la classe dirigente e tutte le sue propaggini. Questo è il modello 
              dei giovani. Anche il nuovo presidente, Duhalde, noto per aver 
              ottenuto un colossale prestito governativo per il risanamento 
              della regione di cui era governatore (la regione di Buenos Aires, 
              inutile dirlo, non venne risanata e i soldi sparirono), dovrà - se 
              ancora non lo ha fatto - scendere continuamente a patti con i 
              mafiosi di turno, ma, almeno nelle dichiarazioni, sembra più 
              onesto di Domingo Cavallo. “Sarà un bagno di sangue”, ha 
              ottimisticamente preconizzato. Cavallo, il potentissimo 
              ex-ministro dell’economia, aveva previsto addirittura una crescita 
              del Pil. C’è chi gli ha creduto.
 
 18 gennaio 2002
 
 federico_vasoli@hotmail.com
 
 
 
 
              
 
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