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        South Park. Tennessee: no taxation without 
        representationdi Carlo Stagnaro
 
 Il Sud degli Stati Uniti, quello vero, profondo, è un po’ come la Bassa 
        dipinta da Giovannino Guareschi. Le cose scorrono lente come l’acqua del 
        grande fiume, ma nel loro quieto avvicendarsi è nascosta una forza 
        tremenda. Così è la pacifica e laboriosa gente che abita quei luoghi, 
        mansueta e capace di sprigionare la furia di un uragano. Don Sundquist è 
        governatore del Tennessee. Repubblicano, eletto nel 1994 e riconfermato 
        nel 1998. Il “suo” stato è uno dei nove che ancora non hanno una propria 
        tassa sul reddito. Baluardo della vecchia America, il Tennessee. 
        Sundquist ha fatto campagna elettorale proponendosi come garante che la 
        situazione non cambi: i soldi sono dei cittadini e se li gestiscono 
        loro, crepi il mondo. Nel 1999 ha spiegato, nel proprio discorso di 
        inizio legislatura, che “Tutto quello che una tassa sul reddito fa è 
        aumentare la pressione fiscale e creare un modo per finanziare una 
        facile e indefinita crescita del governo. Il Tennessee non ne ha 
        bisogno”.
 
 Poi, l’anno successivo, ha dato di matto. Follie di fine secolo, pazzie 
        di inizio millennio. Resosi conto che il bilancio dello stato era in 
        profondo rosso (a causa soprattutto del buco provocato dalla sanità 
        pubblica) ha deciso che no, una tassa del reddito ci può anche stare. 
        Solo il 5 per cento sui redditi superiori a 100 mila dollari – ma si sa, 
        tutte le tasse partono basse e arrivano chissà dove. E Sundquist ha 
        avanzato tale proposta nell’estate del 2000. “Apriti cielo” è quello che 
        si dice in questi casi, ma non rende bene l’idea. Quattro conduttori 
        radiofonici di due radio concorrenti si sono messi d’accordo per dare il 
        massimo rilievo alla vicenda. Phil Valentine e Steve Gill (della WLAC) e 
        Darrell Ankarlo e Dave Ramsey (della WTN) hanno dato il via a un vero e 
        proprio bombardamento mediatico. Così non si fa, caro governatore. La 
        gente ti farà sapere che ne pensa. E la gente, quella gente pacifica ma 
        forte come l’acqua del fiume, che scorre placida e scava la roccia ma 
        quando si arrabbia combina un disastro così, ha fatto sapere che ne 
        pensava. Prese le macchine, i cittadini hanno organizzato un torpedone 
        di protesta intorno al palazzo del governo del Tennessee. Erano 
        migliaia, secondo i giornali, i contribuenti furiosi col governatore. Si 
        narra che addirittura alcuni politici si siano fatti venire chi un 
        coccolone, chi la pressione alta, chi un colpo al cuore e si siano fatti 
        ricoverare.
 
 Risultato: la partita del popolo contro la politica è finita uno a zero. 
        La tassa sul reddito non è stata approvata. Finisce il 2000, comincia il 
        2001. Passa l’inverno, le rondinelle portano la primavera e quindi 
        l’estate. Si parla del bilancio e Sundquist si ripresenta nel Parlamento 
        dello stato con la medesima idea di istituire un’imposta sui guadagni 
        dei cittadini. Stessa solfa dell’anno precedente. Così, due a zero e 
        palla al centro. Si arriva infine al 2002. Le elezioni si avvicinano. Il 
        bilancio del Tennessee è sempre più disastroso. Ma, come spiega Richard 
        E. Pearl Sr. (leader del “Libertarian Party” dello stato) il problema 
        non è tanto nelle entrate, quando “nell’eccessiva crescita delle spese 
        del governo”. Qualcuno ha avanzato la proposta di una “flat tax”, cioè 
        un contributo fisso – anche alla luce del fatto che la Corte suprema del 
        Tennessee ha giudicato incostituzionale una tassa sul reddito. Altri 
        hanno suggerito di darci sotto con le lotterie e il bingo (essi pure 
        vietati dalla Costituzione dello stato, però). “Una cosa è sicura – ha 
        osservato il giornalista Tony Hais – Lo stato dovrà risolvere il 
        problema in qualche modo, perché oltre alle lotterie e alle tasse 
        statali sul reddito, vi è un’altra cosa incostituzionale: il bilancio in 
        rosso”. Così vanno le cose laddove la gente è lenta e tranquilla ma 
        anche pronta ad insorgere contro un governatore che promette una cosa e 
        ne fa un’altra. Gente simpatica ma dura, che non ha paura di citare le 
        parole di John Marshall: “Il potere di tassare è potere di distruggere”. 
        E con questa certezza, il popolo agisce.
 
 1 febbraio 2002
 
 cstagnaro@libero.it
 
          
              
 
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