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				Italia-Albania, l’alternativa al Corridoio 
				8di Carlo Perrone
 
 Non appaiono agevolmente coordinabili gli interresi 
				stravagantemente espressi in merito al corridoio 8, proposto 
				nella Conferenza Paneuropea dei trasporti ad Helsinkj, ma non 
				operativamente accettato dalla Unione Europea.
 Si ritiene di dover collaborare alla realizzazione 
				dell’intercollegamento di aree balcaniche per fare emergere un 
				processo di crescita in tre economie non progredite, isolate 
				rispetto ad altre sviluppate, “per dare un contributo alla 
				stabilizzazione dei Balcani in previsione dell’allargamento 
				della UE”.
 
 Si ritiene che la crescita economica dell’Albania possa 
				procurare vantaggi per Bari (o per Brindisi, secondo il logo 
				divulgativo), senza riflettere sull’attendibilità delle 
				previsioni di aumento di domanda rivolgibile alle strutture 
				produttive operative in Puglia conseguentemente alla istituzione 
				del corridoio.
 Il primo proposito sarebbe perseguibile realizzando un asse 
				stradale, insieme di supporto al trasporto di energia con 
				elettrodotto, di informazioni con cavo a fibre ottiche, di gas e 
				di petrolio. Si pensava forse anche ad una linea ferroviaria, 
				certo utopistica quando si consideri che la debole domanda di 
				trasporto non consentirebbe una accettabile distribuzione degli 
				elevatissimi costi fissi.
 
 Torna l’antico dilemma tra evoluzione endogena, autonoma, ed 
				evoluzione esogena, indotta, l’alternativa tra assi e 
				collegamenti a pettine con aree valide. Per la credibilità 
				dell’efficacia degli assi abbiamo in Puglia deludente esperienza 
				nella proposizione dell’asse plurisettoriale complesso, che nei 
				primissimi anni sessanta avrebbe dovuto rivoluzionare l’economia 
				dell’itinerario da Bari a Taranto. Il corridoio 8, proposto in 
				PEN ad Helsinkj nel 1997, si era contrapposto all’itinerario 
				greco TEN proposto dalla Comunità ad Essen nel 1994 ed in corso 
				di realizzazione, che, partendo da Igoumenitsa, giunge al 
				confine della Tracia con la Turchia europea.
 
 Peraltro per il corridoio è poco credibile la possibilità di 
				ricorrere alla procedura PPP (Private Public Partnership) 
				propugnata nella politica finanziaria della Comunità intendendo 
				per partecipazione pubblica quella degli stati e per privata 
				quella di strutture economiche interessate: il privato può 
				essere interessato all’oleodotto, allo elettrodotto, al cavo 
				ottico, al gasdotto ma non certo alla strada, alla quale va 
				attribuita almeno la metà dell’investimento. Forse per il 
				finanziamento gli stati interessati potrebbero rivolgersi alla 
				BERD, interessata a ricostruzione e sviluppo, che è forse 
				disponibile ad un ammortamento trentacinquennale per i tre 
				quarti del costo, ritenendo che il quarto possa essere offerto 
				dalla Comunità: a parte la proponibilità dell’intervento 
				comunitario, è di difficile proposizione l’ammortamento del 
				prestito BERD, pur alleggeribile con qualche intervento esterno, 
				ipotizzabile ma non certo esaustivo. Anche la partecipazione 
				privata per l’oleodotto dovrebbe conseguire ad una libera scelta 
				della geoeconomia del petrolio, che ha motivi tecnici per 
				preferire il porto di Valona a quello di Durazzo. La soluzione 
				AMBO Valona-Burgas sarebbe quindi preferita alla Durazzo-Varna 
				del corridoio 8, ma va anche raffrontata con quella verso la 
				Tracia (di Alexandroupolis) e con quello attraverso la Turchia 
				(di Ceylan), entrambe peraltro più valide di quella di Durazzo.
 
 Rinunciando alla esposizione di altri argomenti che potrebbero 
				far riflettere qualche corridoista, è opportuno esaminare, 
				brevemente, il secondo obiettivo utile alla Puglia: far crescere 
				l’Albania, alla quale ci sentiamo socialmente vicini. Nella sua 
				crescita, l’economia albanese non potrà essere estensione di 
				quella pugliese con la utilizzazione di episodici collegamenti 
				tra Bari e Durazzo, impieganti in genere natanti tradizionali. 
				Sarebbe efficace un sistema di veloci collegamenti diffusi sulle 
				coste, interessando anche la portualità minore, da effettuare 
				con regolarità continua, anche superando possibili opposizioni 
				monopolistiche. Si incoraggerebbero delocalizzazioni 
				transadriatiche di laboratori, impianti, centri di ricerca, 
				gestiti, o anche solo partecipati, da operatori o da centri 
				operativi pugliesi, da Foggia-Manfredonia a Maglie-Otranto. Gli 
				interventi potrebbero essere germi per la esplosione di rapidi 
				processi di sviluppo autonomo nel territorio dirimpettaio.
 
 Almeno in una prima fase di avviamento, i servizi marittimi 
				transfrontalieri non sono affidabili alla libera iniziativa 
				privata: procedure di franchising possono essere previste, 
				programmate e gestite dal pubblico, da strutture amministrative 
				od economiche territoriali, esprimibili dal mercato e non da 
				desuete politiche di piano. Brevissimo cenno tecnico: nuovi, 
				velocissimi natanti (propongono anche 50 nodi, quasi 100 
				chilometri all’ora!!) richiedono bassissimi fondali portuali 
				(2-3 metri), disponibili in molti porti minori.
 
 Non motiva timori per l’economia portuale barese la perdita di 
				esclusivismo nel traffico transfrontaliero, anche se si 
				aggiungerà ad una riduzione di quello dei traghetti, in 
				connessione al progressivo arretramento verso il nord del polo 
				marittimo. Ogni perdita sarà compensata dalla acquisizione di 
				attività con contenitori principalmente a servizio dell’area 
				industriale, la cui sopravvivenza (più che lo sviluppo), 
				condizionata dalla unificazione mondiale dei mercati, richiede 
				efficienza del sistema intermodale di trasporto e quindi anche 
				del componente marittimo.
 
 16 gennaio 2003
 
 (da 
				Aziendabari.it)
 
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