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              L’economia dopo l’11 settembre: la 
              “riscossa” keynesianadi Luciano Priori Friggi
 
 Non c'è alcun dubbio che l'attacco terroristico alle torri abbia 
              rivalutato anche l'appeal di alcune scuole economiche rispetto ad 
              altre. Così forse non è un caso che l'ultimo premio Nobel per 
              l'economia sia stato assegnato ai neo-keynesiani Michael Spence, 
              George Akerlof e Joe Stiglitz per gli studi sulle asimmetrie 
              informative. Giorgio La Malfa, compagno di studi (e di 
              manifestazioni pacifiste) di Akerlof e Stiglitz al mitico Mit di 
              Cambridge nella metà degli anni Sessanta, così, nel ’70, ne 
              ricorda gli esordi come studiosi: "Allora l’economia matematica 
              era fondata sull’equilibrio economico generale walrasiano, che 
              Akerlof ebbe l’intuizione di non contestare con le argomentazioni 
              keynesiane (ad esempio, evidenziando l’oligopolio), ma in base 
              alle sue imperfezioni interne: il mercato, in realtà, opera sulla 
              base di informazioni sbagliate. Il suo primo saggio del ’70, 
              rivoluzionario, aveva come argomento i ‘lemons’, ovvero le 
              macchine usate: spiegava l’asimmetria dimostrando che il venditore 
              sapeva se la macchina usata era un bidone o meno, a differenza del 
              compratore”.
 
 Non vogliamo qui entrare nel merito di così elevata dimostrazione, 
              perfezionata con l'intuizione della più che probabile espulsione 
              dal mercato dei venditori di auto di bassa qualità. Quello che ci 
              preme sottolineare sono alcune conclusioni di tipo economico che, 
              dopo sì brillanti inizi, questi premi Nobel traggono ora 
              dall'abbattimento delle torri gemelle. Ci si riferisce in 
              particolare alle posizioni di Stiglitz (da alcuni commentatori 
              avvicinato alle posizioni dei "no global"): "A posteriori alcune 
              azioni intraprese sia dall'amministrazione Bush sia 
              dall'amministrazione Clinton (di cui Stiglitz è stato consigliere, 
              ndr) per rispondere ai fondamentalisti del mercato in tutto il 
              mondo sembrano particolarmente assurde. Non ha alcun senso 
              ‘privatizzare’ un'area vitale di interesse pubblico come la 
              sicurezza negli aeroporti. I bassi salari corrisposti agli addetti 
              alla sicurezza da parte delle società private che gestiscono il 
              servizio hanno comportato un elevato turnover. Le compagnie aeree 
              e gli aeroporti avranno anche avuto maggiori utili nel breve 
              termine, ma come ben sappiamo alla fine hanno perso, con nostro 
              grande orrore, sia loro sia il popolo americano".
 
 Abbiamo ricordato che Akerlof e Stiglitz sono dei neo-keynesiani e 
              forse questo fatto un po' ci condiziona nel giudizio. Ma ci sembra 
              che gli appartenenti a questa scuola economica stiano troppo 
              spesso ad aspettare qualche disgrazia per cercare di rinvigorire, 
              stabilmente, il ruolo dello stato quanto a presenza diretta 
              nell'economia. Nel caso degli addetti alla sicurezza riportato da 
              Stiglitz - forse sarà per via delle asimmetrie informative - chi 
              scrive ha notizie di tipo diverso. Stiglitz, probabilmente 
              preoccupato di riaffermare il suo credo circa l'effetto 
              destabilizzante della flessibilità dei prezzi (e quindi anche di 
              salari e stipendi), non ha badato troppo ad approfondire 
              l'argomento. Le leggi statunitensi al momento prevedevano infatti 
              la possibilità di portare a bordo di aeromobili coltellini di 
              vario taglio, compresi quelli usati dai dirottatori. Il turnover 
              degli addetti quindi non c'entra proprio nulla. Semmai a sbagliare 
              è stato ancora una volta il pubblico per aver mantenuto viva una 
              legge troppo permissiva.
 
 26 ottobre 2001
 
 l_pf@yahoo.it
 
              
 
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