L’ecologia? Troppo seria per lasciarla ai
verdi
intervista a Franco Battaglia di Carlo Stagnaro
L’ecologia è la nuova religione laica. Il suo Verbo non può essere
messo in discussione. Il progresso inquina, l’inquinamento è
malvagio, e quindi il progresso è malvagio. A sostenerlo, ironia
della sorte, sono proprio coloro ai quali piace farsi chiamare
“progressisti”: che hanno trovato nel catastrofismo ambientalista
un brillante modo per ricuperare e riproporre, previo lifting,
idee e progetti che erano rimasti seppelliti sotto le macerie del
Muro di Berlino nell’89. Per approfondire questi temi, abbiamo
contattato Franco Battaglia, docente di Chimica fisica nella Terza
Università di Roma.
Pochi mesi fa, tutti i mezzi di informazione
hanno dato notizia di una aspra polemica fra coloro che mettevano
in evidenza i rischi dell'elettrosmog e quanti, al contrario,
sostenevano che questi rischi fossero ridotti o inesistenti. Lei
appartiene alla seconda categoria. Come mai?
Non vi appartengo io solo, ma l'intera comunità scientifica
mondiale, nel senso che non esiste nessuna istituzione scientifica
che sia ufficialmente riconosciuta, scientificamente accreditata e
priva di interessi (economici o elettorali) col problema in
questione e che, avendo eseguito l'analisi critica della totalità
delle risultanze scientifiche, ritiene che quello del cosiddetto
elettrosmog sia un problema. L'elettrosmog non esiste. Ricorda
Radio vaticana? Bene, la commissione istituita da Veronesi ha
recentemente completato il suo rapporto che è disponibile sul sito
www.iss.it/pubblicazioni: era tutto fumo, vergognosa campagna
elettorale di un ministro con pochi scrupoli: egli ora, assieme al
suo vice, l'onorevole Calzolaio, siede in Parlamento. Ai poveri
cittadini di Cesano è rimasta il terrore.
Un secondo "feticcio", brandito dagli
ambientalisti, è il famigerato "effetto serra". Cosa ne pensa?
Ancora una volta riporto la posizione della comunità scientifica
che, purtroppo, viene alterata dai media. Negli ultimi 100 anni la
temperatura media globale è aumentata di mezzo grado; sulle cause,
sugli effetti e sulle eventuali misure da prendere (ammesso che
bisogni prenderne) vi è un dibattito aperto e molte incertezze.
Sostituire queste con finte certezze è pericoloso. In particolare,
ammesso che si debba e sia possibile diminuire la temperatura
media globale, le misure previste dal protocollo di Kyoto sono
totalmente inefficaci. Qualcuno dice che costituiscono un primo
passo, ma è una bugia: sarebbe come se, piovendo massi sulle
nostre teste, decidessimo di aprire gli ombrelli come "primo
passo". Le misure sono inoltre costose, 120mila miliardi per
l'Italia, ad esempio. Una carbon tax, ad esempio, avrebbe solo
l'effetto di etichettare una tassa i cui proventi fanno molto gola
a chi poi sostiene di lavorare per studiare o ridurre il global
warming, gli stessi che, appunto, sostengono la necessità di
applicare quel protocollo. Esso all'Aja non è stato sottoscritto
(io l'avevo previsto con mesi di anticipo) non per colpa di Bush:
si era in piena amministrazione Clinton e già il Senato americano,
mesi prima, aveva votato, 95 a 0, contro quello stupido
protocollo.
Vi sono due concetti su cui poggia ogni
ragionamento o richiesta di regolamentazione avanzata dai Verdi e
dai loro amici. Il primo è il cosiddetto "principio di
precauzione" che, nella sua veste approvata alla Conferenza di Rio
del 1992, viene così formulato: "Ove vi siano dubbi di rischio di
danno grave e irreversibile, l'assenza di certezza scientifica non
deve impedire che si adottino misure, anche non a costo zero, atte
ad evitare il degrado ambientale". Quali sono, a suo parere, i
punti deboli di questa enunciazione?
Il principio di precauzione è... rischiosissimo. Anche stavolta
esso tende a sostituire l'incertezza scientifica con una finta
certezza. Operazione già fatta in passato e che ha causato
disastri: i milioni di casi annui di malaria nel mondo, l'epidemia
di colera del 1991 in Perù, il caso della mucca pazza. L'ultimo è
il disastro di Linate: quel radar subì un ritardo di 6 anni di cui
10 mesi sono da addebitare alla legge voluta da Calzolaio contro
l'elettrosmog in nome del principio di precauzione. E' vero che le
affermazioni della scienza sono adombrate dall'incertezza e
fallibili; ma ogni altra affermazione, su questioni che sono
indagabili col metodo scientifico, diversa da quella della
scienza, è ancora più fallibile. Ma diciamo la verità su questo
principio: è stato inventato da politici disonesti che vedono la
scienza una palla al piede rispetto alle decisioni che vorrebbero
prendere per soddisfare i loro interessi di parte contro quelli
della collettività. Costoro hanno trovato quel che essi ritengono
il punto debole della scienza (l'incertezza, il dubbio) e si sono
inventati quel principio. Per il bene di tutti esso va
assolutamente soppresso. La difficoltà nel fare ciò è che sono
stati sufficientemente furbi da chiamarlo "di precauzione"; ma
bisogna capire che c'è una confusione lessicale. La precauzione è
senz'altro una cosa da prendere, ma quel principio con la
precauzione non ha nulla a che vedere (anzi, come detto, è
rischiosissimo).
L'altro pilastro dell'ambientalismo è il
concetto di "sviluppo sostenibile". Cosa ne pensa?
Non significa niente. Parole tanto eleganti quanto vuote. La
sostenibilità, come la precauzione, è una cosa tanto ovvia da non
doverla nemmeno citare. Meno ovvia è un'altra forma di sviluppo:
quello "solidale". Qui c'entrano le scelte politiche. Nel mondo vi
è quasi un miliardo di persone che non hanno acqua potabile né
corrente elettrica. La vera ricchezza (quella materiale intendo) è
la disponibilità delle fonti energetiche: niente energia, niente
acqua potabile e niente ricchezza. Diminuire la povertà significa
dare accesso ai poveri alle fonti energetiche. Ad esempio, se i
paesi a tecnologia avanzata avessero usato l'uranio su larga scala
e avessero lasciato le fonti a più bassa tecnologia (combustibili
fossili) ai paesi poveri, questi lo sarebbero di meno. Ma capisce
bene quali sono i forti interessi in gioco, a cominciare da chi
preferisce vendere il petrolio ai paesi ricchi e non a quelli che
lo sono meno. In conclusione, la parola chiave non è né medicine,
né denaro, né acqua potabile, né cibo, ma "energia". Il resto
viene da sé.
Ogni volta che viene sollevato un problema
ambientale, i mass-media (con la complicità di alcuni scienziati)
tendono a esagerarlo e a dare luogo a veri e propri fenomeni di
isterismo. La domanda, allora, è naturale: cui prodest?
Gli scienziati singoli non devono contare nulla. Lei mi ha fatto
alcune domande su elettrosmog e Kyoto, io mi sono preoccupato di
riferirle la posizione della comunità scientifica. Riguardo al
"cui prodest", ho già risposto su Kyoto e sul principio di
precauzione; sull'elettrosmog c'è l'interesse, ad esempio, di chi
vuol fare un mucchio di miliardi per interrare i cavi dell'Enel.
Questa, infatti, malgrado il governo non abbia approvato le leggi
che volute da Bordon e Calzolaio, assieme al comune di Ancona
(amministrazione Ds) ha deciso di interrare lo stesso (20 miliardi
per 13 km di cavi): una vera arroganza. Mi chiedo come mai la
magistratura, a volte spropositatamente solerte, non indaga.
Un'ultima questione. Qualcuno ha sostenuto che l'ambientalismo
è il modo escogitato dal marxismo per riciclarsi. In effetti,
quasi tutte le proposte verdi prevedono una forte pianificazione
centrale, oppure la nazionalizzazione di una risorsa. Condivide
questa analisi?
Sì: cadute le ideologie marxiste-leniniste-maoiste, è rimasta
quella "ambientalista". Ma non credo sia tanto legata alla
pianificazione centrale o alla nazionalizzazione di una risorsa.
Semplicemente ci sono personaggi che hanno capito che l'ignoranza
e i buoni sentimenti della gente sono una risorsa (per loro). La
solidarietà e la cura dell'ambiente sono cose importanti, ma né la
prima è stata attuata nei regimi comunisti (i fatti, anzi,
dimostrano quanto nemici della gente e della persona umana siano
stati quei regimi), né la seconda dagli ambientalisti, le cui
associazioni, mi spiace dirlo, si sono rivelate i peggiori nemici
della questione ambientale. Dico "mi spiace" perché questa
questione, assieme a quella energetica, credo io, sono quelle da
affrontare con urgenza nel prossimo futuro. Un'ultima cosa
sull'energia: anche a me piacerebbe riempire il serbatoio della
mia auto con acqua, farla andare ad acqua, e vedere acqua uscire
dal tubo di scarico. Ma una cosa sono i desideri, l'altra i fatti.
Per il momento, sole e vento sono le fonti dei desideri, e così
sarà per un pezzo.
9 novembre 2001
cstagnaro@libero.it
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