La liberalizzazione necessaria
di Fabio Gobbo
La liberalizzazione del settore dell’energia adottata dai paesi
dell’Ue in recepimento delle direttive comunitarie che
stabiliscono norme comuni per il mercato pan-europeo dell’energia
elettrica e del gas, ha preso forme assai diverse nei due settori
energetici, anche per le loro differenze tecniche. Fra le
caratteristiche che hanno indotto a differenziare i modelli di
liberalizzazione adottati si pensi, ad esempio, alla impossibilità
di conservare energia elettrica e, invece, alla possibilità di
utilizzare giacimenti esauriti per immagazzinare gas naturale. La
conseguente necessità di mantenere un coordinamento allo stesso
tempo perfetto ed istantaneo fra flussi in entrata (produzione e
importazione) e in uscita (consumi) del sistema elettrico, ha reso
opportuna, ad esempio, l’istituzione, in quasi tutti i paesi
europei, di una specifica borsa dell’energia elettrica che
consente di selezionare le offerte di immissione in base ad un
ordine di merito, tenuto conto della quantità (talvolta dei
prezzi) di domanda; per contro la borsa del gas non è
un’istituzione altrettanto diffusa, né necessaria.
Un altro esempio significativo è rappresentato dalle attività di
dispacciamento e gestione della rete di trasporto: nel caso
dell’energia elettrica - settore in cui questa attività è di
cruciale importanza sia per la continuità della fornitura che per
la selezione degli impianti e la determinazione del prezzo di
equilibrio - queste attività sono state affidate ad un organismo
centrale - il Gestore della rete di trasmissione nazionale – nel
caso italiano separato dal proprietario della rete; secondo la
riforma del settore del gas, invece, ciascun proprietario della
rete può esercitare il dispacciamento, se pure all’interno di un
regime regolamentato dai codici di rete che ciascun operatore
adotterà secondo i criteri prefissati. Le differenti
caratteristiche strutturali dei due settori hanno, dunque, avuto
come conseguenza l’adozione di strumenti di regolamentazione che,
nel caso dell’energia elettrica, si sono concretizzati
nell’istituzione di soggetti unici operanti a livello centrale,
mentre nel caso del gas hanno portato all’adozione di strumenti
“periferici” (codici di rete, di trasporto e di stoccaggio). La
differente struttura di mercato della filiera del gas e
dell’energia elettrica di ciascun paese, esistente precedentemente
alla liberalizzazione, ha rappresentato un ulteriore elemento
vincolante nelle scelte regolamentative: l’assetto del sistema di
generazione dell’energia elettrica, che in alcuni paesi si
presentava concentrato o monopolistico, ed in altri paesi,
maggiormente diversificato, ha determinato considerevoli
differenze nei tempi e nelle modalità relative al processo di
liberalizzazione. Un fondamentale terzo motivo di differenziazione
è dovuto alle scelte di carattere politico ed istituzionale di
ciascun paese europeo: ciò appare non solo dal paragone fra paesi
quali la Francia, in cui le misure di liberalizzazione hanno avuto
un’estensione assai limitata, e altri, quali la Gran Bretagna, che
hanno ormai da tempo intrapreso con decisione la via della
liberalizzazione, ma anche da confronti nell’ambito di questo
secondo gruppo di paesi.
Nel settore del gas, ad esempio, le differenze negli schemi di
liberalizzazione riguardano soprattutto il modello di Third Party
Access adottato: confrontando due paesi nei quali si è già
raggiunto un livello di apertura pari al 100 per cento,
l’Inghilterra e la Germania, si osserva che le procedure di
accesso ai sistemi di trasporto, stoccaggio e distribuzione sono
assai diverse tra loro. Nel Regno Unito si è scelto un accesso al
sistema di tipo regolato, basato su tariffe pubblicate e altri
obblighi per l’utilizzo del sistema; in Germania, invece,
l’accesso è di tipo negoziato, basato sulla contrattazione fra
cliente e proprietario degli impianti (con l’obbligo però di una
preventiva approvazione delle tariffe da parte del regolatore). Le
stesse direttive Ue, come noto, sono state il frutto di lunghe
mediazioni e hanno lasciato ampi gradi di libertà a ciascuno stato
membro nella scelta delle regole e dei modelli organizzativi di
mercato attraverso cui realizzare la liberalizzazione. Questa
libertà, accettabile nella prima fase del processo di apertura di
ciascun mercato nazionale, con l’avanzare del processo di
liberalizzazione, rischia di costituire un ostacolo alla
integrazione degli scambi e alla creazione di un mercato unico
europeo dell’energia.
La liberalizzazione del settore dell’energia
elettrica in Italia
Con l’emanazione del decreto n. 79 del 16 marzo 1999 (decreto
Bersani) è stata recepita la direttiva comunitaria concernente
norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica: le
attività di generazione, importazione ed esportazione, acquisto e
vendita di energia elettrica, quelle in cui non vigono condizioni
di monopolio naturale, sono state liberalizzate, mentre le
attività di distribuzione, di trasmissione e dispacciamento sono
state mantenute in regime di concessione. Tutte le attività sono
state inoltre oggetto di separazione societaria e proprietaria, e,
infine, per consentire un adeguato sviluppo della concorrenza, e
dunque aumentare la quota di mercato degli operatori di minori
dimensioni, sono state utilizzate alcune norme di tipo
asimmetrico.Questo tipo di norme ha riguardato, in primo luogo,
l’attività di generazione. Per favorire la concorrenza e limitare
le dimensioni del soggetto dominante (Enel), il decreto Bersani
prevede che entro il 1 gennaio 2003 nessun soggetto possa produrre
o importare, direttamente o indirettamente, più del 50 per cento
del totale dell’energia elettrica prodotta, inoltre l’Enel, che ha
una quota del 70-75 per cento del mercato della generazione, dovrà
dismettere 15.000 MW di potenza.
In applicazione di queste norme nel gennaio 2000, un decreto del
ministero dell’Industria e del Tesoro, ha provveduto a
disciplinare l’alienazione delle partecipazioni detenute dall’Enel
nelle tre neocostituite società di produzione (Interpower,
Elettrogen ed Europower). Attualmente sta per concludersi l’asta
per la scelta della Società che si aggiudicherà la prima centrale
e, a breve, sarà emanato il secondo bando che pubblicizzerà le
modalità di gara per la cessione sia della seconda sia della terza
centrale. L’apertura del sistema a valle, vale a dire dal lato
della domanda, prevede un graduale abbassamento della soglia di
idoneità per i consumatori di energia elettrica e cioè
l’ampliamento sempre maggiore del numero di clienti che possono
scegliere il fornitore di energia elettrica e stipulare con questo
direttamente contratti di fornitura. Il decreto Bersani prevede
che le soglie di idoneità passino da 30 GWh per il 1999, a 20 GWh
dal 1 gennaio 2000, a 9 GWh dal 1 gennaio del 2002; tale soglia è
ulteriormente abbassata a livello di singolo cliente dalla
possibilità, prevista nel decreto, di consorziarsi per raggiungere
l’idoneità; attraverso, infine, una disposizione contenuta nel
collegato alla Finanziaria 2000 sulla regolazione dei mercati, la
soglia per l’accesso al mercato libero sarà abbassata a 0,1 GWh, a
partire da novanta giorni dopo il perfezionamento della vendita
della terza Genco. Per quanto attiene al trasporto, caratterizzato
da condizioni di monopolio naturale, la proprietà delle reti è
separata dalla gestione: la gestione delle attività di
trasmissione e dispacciamento, per la loro valenza strategica e di
sicurezza rispetto al sistema, è affidata ad un soggetto unico
super partes, il Gestore della rete di trasmissione nazionale (Spa
a capitale pubblico), che assicura la trasparenza e l’equità
nell’accesso alle reti; la loro proprietà rimane, invece, nelle
mani dei soggetti originari (quasi totalmente all’Enel, tranne
qualche tratto appartenente ad altri operatori). Nel settore della
distribuzione viene introdotta la “concorrenza per il mercato”:
l’affidamento del servizio di distribuzione locale dell’energia
elettrica avverrà, alla scadenza delle concessioni, secondo regole
concorrenziali, ovvero mediante gare ad evidenza pubblica.
La costruzione del sistema di regole per la disciplina delle
attività connesse alle reti è stata avviata con il decreto (giugno
1999) del ministero dell’Industria che ha definito l’ambito della
rete di trasmissione nazionale. Nel gennaio 2000 il ministero
dell’Industria ha emanato il decreto in base al quale il Gestore
della rete di trasmissione nazionale ha assunto, a partire dal 1
aprile 2000, la piena titolarità e le funzioni attribuite dal
decreto Bersani; a partire da tale data, con il passaggio delle
azioni dall’Enel al ministero del Tesoro, il Gestore, inoltre, ha
assunto la piena indipendenza dal gruppo Enel. Nella medesima
data, in attuazione del potere di indirizzo strategico
riconosciuto dal decreto al ministero dell’Industria, sono state
adottate le direttive del Gestore della rete, in particolare per
quanto concerne le attività di trasmissione e dispacciamento
dell’energia.
Recentemente è stata emanata la convenzione-tipo, che disciplina i
rapporti tra il Gestore della rete e i proprietari delle singole
porzioni di rete, regolamentando gli obblighi di gestione,
esercizio, manutenzione e sviluppo della rete, nonché gli obblighi
di informazione e controllo. La separazione fra proprietà e
gestione della rete non è, probabilmente, la configurazione più
efficiente per il settore, ai fini soprattutto della realizzazione
di programmi di potenziamento e ristrutturazione della rete: è
stato da più parti auspicato che questa scelta - dettata
principalmente dal fatto che il soggetto proprietario della rete
nazionale, l’Enel, al momento dell’introduzione della riforma era
oggetto di privatizzazione mediante il collocamento in borsa -
potesse, in un secondo momento, essere modificata attraverso la
cessione della rete al Grtn, ricongiungendo in questo modo la
proprietà al controllo. Riguardo alla distribuzione, che è
esercitata in regime di concessione, il decreto Bersani prevede la
razionalizzazione dell’assetto su scala nazionale attraverso
l’obbligo di aggregazione fra operatori, al fine di consentire
l’operare di un unico distributore per ambito comunale e di
aumentare l’efficienza del sistema. Parallelamente si stanno
trattando le cessioni della rete di distribuzione e dei rami
d’azienda da parte di Enel alle imprese locali, come previsto nel
decreto, talvolta facendo ricorso a procedure di arbitrato.
Fra le misure più importanti introdotte dal decreto 79/99, è la
creazione e la disciplina dei tre soggetti Gestore della rete di
trasmissione nazionale, Acquirente Unico e Gestore del Mercato
(Borsa Elettrica). L’istituzione del Gestore della rete di
trasmissione nazionale e dell’Acquirente Unico discendono dalle
prescrizioni contenute nella direttiva comunitaria 96/92 e nella
legge delega n. 128/98. Le funzioni dell’Acquirente Unico
rispondono all’esigenza di garantire ai clienti vincolati la
fornitura di energia elettrica in condizioni di continuità,
sicurezza ed efficienza del servizio, la disponibilità di capacità
produttiva necessaria e la tariffa unica. Nell’espletamento di
queste funzioni l’Acquirente Unico stipula e gestisce contratti di
acquisto trasparenti e contratti di vendita con i distributori
elettrici a condizioni non discriminatorie per consentire
l’applicazione della tariffa unica. L’istituzione di una Borsa
Elettrica, il cui regolamento è in attesa di essere emanato a
breve, non discende da una prescrizione della direttiva europea
sulle regole del mercato elettrico, ma rappresenta una scelta del
legislatore italiano rispetto a un modello di mercato.
Vale la pena di ricordare anche un’altra importante iniziativa
legislativa che potrà dare un forte impulso all’entrata di nuovi
operatori nel mercato della generazione contribuendo a creare le
condizioni per un funzionamento efficiente della Borsa Elettrica:
il nuovo regolamento riguardante le procedure per l’autorizzazione
alla costruzione di nuovi impianti, che consentirà una
considerevole accelerazione e razionalizzazione delle procedure
stesse che fino ad oggi hanno costituito un ostacolo all’ingresso
di nuove imprese, aumentando la contendibilità delle quote di
mercato delle imprese già operanti.
La liberalizzazione del settore del gas
naturale in Italia
Con l’emanazione del decreto n. 164 del 23 maggio 2000 (decreto
Letta) è stata recepita la direttiva comunitaria relativa alle
norme comuni per il mercato interno del gas. Questo recepimento è
stato attuato in modo da raggiungere un’apertura del mercato
maggiore rispetto a quanto richiesto dalla direttiva comunitaria.
Inoltre, la riforma ha consentito di disegnare una normativa
completa per il settore del gas che mancava in Italia, in
particolare per il settore della distribuzione. E’ opportuno
premettere, per meglio comprendere le valenze del riassetto
normativo, che il mercato del gas è in forte crescita (i consumi
saliranno dagli attuali 68 miliardi di metri cubi a oltre 100
miliardi nel 2010, a causa soprattutto della conversione a gas
degli impianti di energia elettrica) e che tuttavia, considerato
anche il declino della produzione nazionale, tale crescita potrà
essere supportata fondamentalmente da un aumento delle
importazioni che si prevede arriveranno a coprire l’85 per cento
dei consumi.
A monte della filiera il provvedimento di riforma prevede che la
fase di approvvigionamento (produzione e importazione) sia
liberalizzata, eccetto che per le importazioni da paesi
extraeuropei, nel qual caso è necessaria un’autorizzazione da
parte del ministero dell’Industria. I criteri per l’autorizzazione
ad importare dai paesi extraeuropei, subordinatamente alla
disponibilità sul territorio italiano di una quota di stoccaggio
strategico di gas (10 per cento delle quantità importate), sono
stati recentemente emanati dal ministero dell’Industria, che, con
questo provvedimento legislativo, ha dato un considerevole impulso
allo sblocco di potenziali contratti di importazione, fino ad oggi
controllati dal monopolista Snam e rappresentati da contratti take
or pay di lungo periodo. Come per il settore elettrico, anche per
il gas si è ritenuto necessario predisporre una serie di norme per
favorire l’avvio e il funzionamento della concorrenza: a partire
dal 2002 nessuna impresa potrà immettere nella rete nazionale, ai
fini della vendita in Italia, gas importato o prodotto in Italia
per più del 75 per cento dei consumi nazionali; tale soglia si
riduce del 2 per cento ogni anno fino a raggiungere il 61 per
cento nel 2009; nessun soggetto, inoltre, dal 2003 può vendere
direttamente a clienti finali più del 50 per cento del totale dei
consumi annuali nazionali. Entrambe le soglie saranno eliminate
nel 2010, quando si sarà ottenuto un funzionamento competitivo del
mercato.
Il trasporto è un’attività dichiarata di interesse pubblico.
L’Autorità fissa le tariffe di trasporto e i criteri per la
predisposizione dei codici di accesso alla rete da parte dei
singoli operatori proprietari di rete: le regole devono assicurare
trasparenza nella formazione dei prezzi, perfetta simmetria
informativa e accessibilità alla rete, a tutti i soggetti
coinvolti nel confronto concorrenziale.
Lo stoccaggio è soggetto a concessione: i detentori di giacimenti
di stoccaggio devono mettere a disposizione la loro capacità per
le esigenze dei coltivatori dei giacimenti, per le richieste di
stoccaggio strategico e per le necessità di modulazione dei
consumi. A valle della filiera, dal lato della domanda, la
liberalizzazione prevista nel decreto Letta supera le previsioni
della direttiva comunitaria: tutti i clienti saranno idonei, cioè
avranno la possibilità di stipulare contratti di acquisto di gas
naturale con qualsiasi produttore, importatore, distributore o
grossista, a partire dal 2003; fino a quella data sono idonei i
clienti termoelettrici, gli autoconsumatori, i distributori di gas
e i clienti con consumi superiori ai 200.000 mc.
Il decreto di riforma prevede norme e tempi per la separazione
delle attività caratterizzate da monopolio naturale, che devono
essere regolate attraverso strumenti quali tariffe, codici,
autorizzazioni o concessioni, da quelle apribili alla concorrenza,
al fine di rendere trasparente il sistema ed evitare sussidi
incrociati fra attività regolate e quelle di secondo tipo. A
decorrere dal 1 gennaio 2002 saranno create società distinte per
le attività di trasporto e dispacciamento, di distribuzione e
vendita; lo stoccaggio sarà separato a livello contabile dal
trasporto e a livello societario da tutte le altre attività; la
vendita, inoltre, potrà essere fatta solo da soggetti che non
esercitano nessuna di tali attività (salvo coltivazione e
importazione/esportazione). Le regole, infine, introdotte dal
decreto 164/2000 per l’attività di distribuzione locale,
riconosciuta come attività di servizio pubblico, rispondono a due
obiettivi fondamentali: 1) introdurre meccanismi concorrenziali,
tenendo tuttavia ben presente che il mercato della distribuzione
locale è un monopolio naturale e che dunque la concorrenza deve
realizzarsi fra potenziali operatori nella fase di affidamento del
servizio; 2) realizzare una razionalizzazione del settore
attraverso incentivi alla concentrazione (la distribuzione locale
si presenta fortemente frammentata con la presenza di più di 750
soggetti), affinché le imprese distributrici possano guadagnare in
efficienza e competitività per affrontare i nuovi meccanismi
concorrenziali di assegnazione del servizio. Si è stabilito,
dunque, che l’attività distributiva a livello locale viene svolta
in regime di concessione attribuita mediante gare bandite dagli
Enti locali che dovranno riguardare il solo servizio di
distribuzione, escludendo qualunque riferimento o vincoli in
materia di vendita, che è divenuta attività libera.
Per accelerare il processo di trasformazione è previsto che le
concessioni di distribuzione esistenti alla data di entrata in
vigore delle nuove norme cessino entro il 2005, o alla scadenza
naturale, se compresa entro tale anno. In conclusione, le società
di distribuzione, opereranno come semplici vettoriatori del gas
fornito dai venditori ai clienti, applicando le tariffe di
distribuzione determinate dall’Autorità per l’energia elettrica e
il gas: la ricerca di maggiori utili, che verosimilmente ne
consegue, favorirà l’aggregazione dei piccoli distributori fino ad
una dimensione ottimale per conseguire economie di scala,
aggregazione incentivata anche dal meccanismo di aggiudicazione
delle concessioni di cui si è già detto.
Il processo di liberalizzazione dei settori dell’energia è molto
complesso: coinvolge filiere produttive caratterizzate da attività
apribili alla concorrenza, ma anche attività soggette ancora a
condizioni di monopolio naturale. La riforma interviene in settori
dove, fino ad oggi, nella maggior parte dei paesi europei, hanno
operato imprese tipicamente pubbliche verticalmente integrate, in
regime di monopolio (i cosiddetti campioni nazionali), divenute
fra i maggiori operatori su scala nazionale ed internazionale, in
grado di offrire servizi con un accettabile livello di efficienza
e a costi ragionevoli, capaci, in qualche caso, di competere con
successo sui mercati esteri e detentrici di quote molto elevate
anche in attività in cui il monopolio non era loro legalmente
riconosciuto. La complessità della struttura di mercato e la
presenza di imprese dominanti hanno reso il compito del
legislatore molto difficile e hanno reso necessario introdurre la
liberalizzazione attraverso un processo graduale e caratterizzato
da obiettivi intermedi, approccio che conferisce la flessibilità
necessaria a adattare ed eventualmente modificare il sistema di
regole adottato.
Procedere per obiettivi intermedi non vuol dire procedere
lentamente nell’introduzione di regole di mercato trasparenti e
concorrenziali: anzi, il processo di apertura dei mercati va
rafforzato ed approfondito, laddove si creano le condizioni per
farlo, anche perché la liberalizzazione dei mercati dell’energia,
stimolando le imprese del settore verso una maggiore efficienza,
conduce alla discesa dei prezzi di questo fattore chiave per
l’intero sviluppo economico e sociale del paese. Ci dobbiamo
augurare ora che i governi di tutti i paesi dell’Unione Europea
compiano un importante sforzo di armonizzazione delle norme
scaturite dal processo di liberalizzazione arrivando, anche, ad
unificare organismi come la Borsa Elettrica o l’Autorità per
l’energia. L’obiettivo è duplice: da una parte armonizzare il
rapporto fra la liberalizzazione dell’energia elettrica e quella
del gas (ad oggi ancora eterogenee), dall’altra rendere omogeneo
il grado di apertura dei singoli mercati nazionali. L’Italia è ai
primi posti in questo difficile percorso di convergenza e
liberalizzazione per lo sviluppo.
29 novembre 2001
(da Ideazione 3-2001, maggio-giugno)
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