I nuovi termini della questione
energetica
di Giuseppe Sacco
Anticipiamo le conclusioni dell'intervento
di Giuseppe Sacco - professore ordinario di Relazioni e sistemi
economici internazionali alla Luiss Guido Carli di Roma - che
interverrà sul tema "Il ritorno della politica energetica" al
seminario di Gubbio.
L'evoluzione del quadro internazionale dopo l'11 settembre
presenta tutte le caratteristiche di una "crisi", cioè di una
situazione di cambiamento accelerato ma che non ha ancora portato
alla stabilizzazione di una nuova situazione destinata a durare
nel tempo. Sarebbe perciò frettoloso e superficiale cercare di
definire una nuova linea di politica energetica sulla base di
circostanze ancora in piena mutazione, in un'atmosfera di
incertezza sugli stessi obiettivi politico-militari degli Stati
Uniti, in un'atmosfera in cui la demagogia e la propaganda hanno
chiaramente il sopravvento sull'analisi politico-economica, e in
cui le emozioni collettive non hanno ancora lasciato il posto ad
una posizione consolidata dell'opinione pubblica.
Al di là di questo immenso polverone, l'interrogativo che si deve
porre chi è chiamato a decisioni di investimento oppure di
politiche economiche è se le trasformazioni nell'ordine
internazionale, che si stanno verificando e si verificheranno come
conseguenza della guerra e dei mutati rapporti tra mondo islamico
e Occidente, porteranno ad un mercato mondiale più libero oppure
meno libero. Ci si deve chiedere se porteranno ad una
continuazione del processo di liberalizzazione e di
globalizzazione dell'economia, oppure ad una inversione di
tendenza verso maggiore protezionismo e interventismo pubblico. Un
interrogativo che potrebbe anche essere espresso in termini più
strettamente politici, ma anche più chiari, dicendo che resta da
vedere se, al di là delle vicende militari, alla fine risulterà
vittorioso il progetto occidentale o quello islamista. Se prevarrà
l'idea occidentale di un mondo aperto e retto da regole e codici
di comportamento omogenei e comuni a tutti, oppure se prevarrà
l'idea islamista, che rigetta l'influenza occidentale e le regole
della globalizzazione economica e culturale, e che vorrebbe
sottrarre a tale influenza e a tali regole un'immensa area
culturale che va dal Marocco all'Indonesia e dalla Bosnia al
Mozambico. Un'area in cui vivono oltre un miliardo di esseri umani
e in cui si trova la stragrande maggioranza delle riserve mondiali
di gas e di petrolio.
Se si guarda al rapporto di forza, la prima ipotesi - quella della
vittoria dello Occidente - appare come quella su cui sembra più
logico scommettere. Sembra cioè più realistico prevedere che -
lottando contro il terrorismo islamista sia sul piano militare che
su quello politico - si giunga nei prossimi anni ad un mondo in
cui prevalgono le regole del libero mercato, della
specializzazione internazionale, con grandi trasferimenti di
capitale e di tecnologia. In un mondo siffatto risulterebbe
evidentemente ridimensionato il problema dell'accesso alle risorse
e della sicurezza degli approvvigionamenti. Il meccanismo del
mercato garantirebbe infatti che tali risorse saranno tanto più
facilmente accessibili quanto più forte la disponibilità da parte
di economie nazionali specializzate a pagarne il prezzo, e quindi
quanto più efficiente e razionale è l'uso che di tali risorse
viene fatto.
Va detto tuttavia, come postilla finale, che i problemi della
politica energetica nel contesto internazionale non possono essere
collocati nella loro giusta dimensione se ci si limita a valutare
gli aspetti relativi alle disponibilità e ai prezzi. Il vero
problema della questione energetica, il vero vincolo di ogni
politica pubblica in questo campo non risiede infatti nella
disponibilità o meno delle risorse, ma sempre e più che mai nel
vincolo ambientale che pone problemi risolubili solo con una
politica dell'energia totalmente innovativa.
29 novembre 2001
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