Energia, diversificare gli
approvigionamenti
di Pierluigi Mennitti
La guerra in Afghanistan non ha aperto la strada a una crisi
energetica, come da più parti si era temuto. Il prezzo del greggio
non è aumentato. Anzi, in queste settimane di guerra è addirittura
diminuito, testimoniando come l’alleanza politica messa in piedi
dagli Stati Uniti abbia tenuto anche sul fronte energetico. Ma
l’estensione del conflitto allo scacchiere mediorientale e, a
lungo periodo, l’esaurimento delle fonti energetiche oggi
prevalentemente utilizzate, spingono i paesi occidentali a
industriarsi per diversificare le proprie risorse. Di questo si è
parlato la settimana scorsa a Gubbio, nel convegno sulla politica
energetica organizzato dalla Fondazione Ideazione, al quale hanno
partecipato esperti e dirigenti delle principali aziende
internazionali del settore. Un convegno dal quale è emersa con
forza l’esigenza di riprendere concrete politiche dell’energia, di
proseguire con equilibrio la privatizzazione del settore tenendo
presente la delicatezza degli interessi nazionali,
Negli ultimi decenni la tendenza prevalente nei paesi
industrializzati è stata di accrescere il ricorso al gas e al
petrolio e di diminuire quello al carbone e al legno. Un indirizzo
che proprio l’Italia – con la rinuncia al nucleare – è stata
costretta a seguire, finendo col dipendere dall’esterno per le
materie prime in misura quasi totale. Oggi, al petrolio il nostro
paese va sostituendo il gas, una risorsa più pulita rispetto al
petrolio. Come ha rilevato la presidente della British Gas, Yvonne
Burton, tutte le previsioni indicano che il fabbisogno italiano di
gas è destinato a una costante e forte crescita fino al 2010. Il
direttore Affari istituzionali dell’Enel, Massimo Romano, ha
confermato la scelta irreversibile dell’Italia per il gas
naturale: nel 2005 la quota di gas sarà del 60 per cento del
totale delle risorse. Tutto bene dunque? Sì per l’ambiente, meno
per l’economia, dato che i costi di tale risorsa sono molto alti.
E dunque le nostre imprese saranno ancora penalizzate nella
competitività internazionale a causa dei maggiori costi
dell’energia: rispetto alla Germania, per fare un esempio, le
nostre bollette sono più care del 30 per cento. Una condizione
lamentata anche dal vicepresidente di Italenergia, Umberto
Quadrino.
Incertezze geopolitiche legate alle tradizionali aree da cui
provengono le risorse al momento più utilizzate (gas e petrolio),
alti costi, eccessiva dipendenza dall’estero, sono i motivi che
spingono l’Italia a diversificare le fonti di approvvigionamento,
evitando di legarsi esclusivamente a poche risorse e a pochi
paesi. L’alternativa del gas rispetto al petrolio non può essere
l’unica soluzione, soprattutto nel medio-lungo periodo. Dal
convegno di Gubbio giungono proposte concrete come quella del
carbone, un tempo considerata una risorsa altamente inquinante e
oggi invece riabilitata dallo sviluppo tecnologico che permette di
realizzare centrali in grado di lavorare carbone ad alto contenuto
di zolfo. Ambiente salvaguardato e costi abbattuti: il carbone si
trova ovunque. A patto di eliminare quelle tasse come la carbon
tax che, con la scusa della salvaguardia dell’ambiente,
penalizzano risorse che tornerebbero assai utili all’Italia. Ma
questo è compito che spetta alla politica che non cessa di
delineare le strategie di sviluppo energetico una volta completato
il processo di privatizzazione.
7 dicembre 2001
pmennitti@hotmail.com
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