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              Il Mezzogiorno tra federalismo e 
              finanziamenti allo sviluppodi Paolo Passaro
 
 In un recente articolo, Franco Botta dell’Università di Bari 
              esprime delle preoccupate riflessioni sull’evoluzione della realtà 
              dell’Italia meridionale. In particolare sulle conseguenze che la 
              probabile uscita del Mezzogiorno d’Italia dalle regioni “obiettivo 
              1” dell’Europa, insieme all’introduzione di un federalismo 
              accentuato e poco solidale, possa determinare nelle possibilità di 
              sviluppo economico e qualità della vita nelle regioni del 
              Mezzogiorno. Viene ipotizzato il degrado dei servizi pubblici 
              essenziali (sanità, scuola, trasporti, ecc.), per effetto della 
              ridotta capacità di spesa delle regioni meridionali, il cui PIL è 
              decisamente minore di quello medio delle regioni settentrionali. 
              In realtà, cinquant’anni di agevolazioni ed incentivi nel 
              Mezzogiorno d’Italia dimostrano che tali strumenti sono condizione 
              necessaria, ma assolutamente insufficiente per uno sviluppo 
              autocentrato, definitivo e solido. In pratica, sulle decisioni di 
              investimento degli industriali pesano in maniera secondaria 
              l’esistenza di agevolazioni finanziarie. Contano molto: la 
              disponibilità di terreni a prezzi bassi, acqua, luce, strade, 
              trasporti efficienti, un efficace sistema burocratico, banche 
              efficienti e preparate, bassa fiscalità, manodopera qualificata e 
              disponibile, una bassa criminalità, ecc.
 
 Non sarà la fine dei contributi a fondo perduto, quindi, a 
              determinare un peggioramento drammatico della situazione 
              economica. Non esiste imprenditore, serio, che possa concepire un 
              investimento in funzione degli agevolazioni finanziarie. Gli 
              incentivi sono aggiuntivi e rappresentano un propellente. In un 
              ottica di “moltiplicatore” i contributi a fondo perduto sono una 
              compensazione delle diseconomie esterne e tentano di colmare lo 
              squilibrio nell’accumulazione degli “stock” di capitale tra Nord e 
              Sud d’Italia. Quello di cui il nostro Sud abbisogna non sono 
              incentivi a pioggia ma supporto allo sviluppo di settori 
              innovativi, ottenuto mediante il rigoroso studio delle tendenze 
              dei mercati. In Puglia si continua ad incentivare il settore 
              tessile-abbigliamento-calzature quando tale comparto sta emigrando 
              verso i paesi dell’Est dove il ridotto costo della manodopera 
              rende del tutto inutile qualsivoglia confronto su altri parametri. 
              Va incentivata copiosamente l’attività di ricerca, l’information 
              technology, le reti, le bioingegnerie, l’università, i centri di 
              ricerca applicata.
 
 In Puglia come in altre regioni del Sud disponiamo di alcuni 
              fattori fondamentali: in primo luogo di un enorme stock di 
              capitale, sotto forma di risparmio, che viene investito in 
              attività non industriali (il debito dello stato), oppure gestito 
              da un sistema bancario prevalentemente di estrazione 
              settentrionale per impieghi nelle regioni del Nord; in secondo 
              luogo disponiamo di manodopera abbondante e fortemente 
              scolarizzata (con un consistente numero di “cervelli”, ovvero di 
              persone laureate e specializzate); oltre che di un elevato numero 
              di persone giovani. Infine il Mezzogiorno d’Italia beneficia di un 
              costo medio dei fattori della produzione molto più basso del Nord 
              dell’Italia.
 
 Dal punto di vista teorico ci sarebbero le condizioni per un forte 
              sviluppo, se riteniamo ancora valido il concetto della propensione 
              di un sistema economico a muoversi da una situazione di 
              sotto-occupazione verso una situazione di piena occupazione. In 
              quest’ottica il federalismo diviene opportunità di crescita del 
              Mezzogiorno. Sia perché la necessità di fare a meno dei 
              trasferimenti dallo stato centrale, finanziati da una fiscalità 
              esorbitante, può spingere (per sopravvivere) ad un maggiore uso in 
              chiave locale e produttiva dello stock di risparmio accumulato; 
              sia perché il federalismo può dare impulso ad una privatizzazione 
              e liberalizzazione di tutti i servizi pubblici, troppo costosi, 
              attualmente, per i sistemi regionali. L’ideale sarebbe che siano 
              gli abitanti di ogni regione con i fondi chiusi, i fondi pensione 
              ed il project-financing a finanziare lo sviluppo della propria 
              realtà, liberando le forze sane dei privati, in concorrenza con un 
              settore pubblico smagrito e riformato, attento nel dare ottimi 
              servizi a prezzi contenuti.
 
 1 febbraio 2002
 
              
 
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