| 
              L’economia del Sud ha bisogno di 
              federalismodi Pasquale Donvito
 
 Pubblichiamo la relazione di Pasquale Donvito, coordinatore 
              regionale della Fondazione Ideazione, tenutasi nella giornata 
              inaugurale della sede di Bari.
 
 Sono stato in dubbio, fino all’ultimo, se affidare questa mia 
              overture ad uno scritto. Poi mi è tornato in mente Demetrio, uno 
              sconosciuto retore non si sa bene di quale secolo dopo Aristotele, 
              che si cimentò in un’opera “Sullo stile”, il quale sostiene che, 
              scriverlo, fa assumere al discorso il significato di un dono. Ed 
              io mi sento, in questa occasione, di donare un’emozione. Una forte 
              emozione che mi riporta pioniere nella Regione Puglia degli anni 
              ’70, ’72, ’75, ’77, ’82. Oggi, infatti, vengo richiamato in campo, 
              quasi a leggere il passato nel presente, per contribuire a 
              costruire, come usava dire Sturzo, il futuro. Una rinverdita 
              sensibilità, la mia, che metterò a disposizione, con la stessa 
              passione di ieri, perché la Fondazione Ideazione produca soluzioni 
              credibili per un federalismo possibile.
 
 Soluzioni che attengono una questione che non nasce come naturale 
              conclusione di un regionalismo compiuto che passa all’esperienza 
              federale. Da noi la bandiera del federalismo ha suscitato più 
              timori di divisioni che entusiasmi per rendere maggiormente solida 
              l’unità e l’indivisibilità della Repubblica. Soluzioni, allora, 
              ancor più responsabili e, allo stesso tempo, prudenti. La 
              prudenza, quella di San Benedetto, cui Galbraith fece ricorso per 
              dimostrare, in economia, che i grandi eventi sono ricorrenti, 
              imprevedibili, inarrestabili. Una prudenza che deve poter contare 
              su un valore aggiunto: una tensione generale omogenea.
 
 Ricordo che quando l’Italia, in corrispondenza con la sua 
              crescita, doveva imboccare la via che le consentisse di reggere il 
              confronto con le nazioni più industrializzate, la formula di Moro 
              delle “convergenze parallele” servì a far accettare l’idea di un 
              fraterno comunicare insieme in vista della meta da raggiungere per 
              il bene di tutto il paese. Ci vorrà poi anche decisione 
              nell’affrontare realtà vecchie e realtà nuove convogliate in un 
              unico traguardo: il riconoscimento delle autonomie quale luogo 
              ideale per rinsaldare la fiducia dei cittadini verso lo stato e 
              verso l’Unione europea.
 
 Decisione per creare modelli economici originali sulla base della 
              emersione delle ricchezze dei territori facendo prevalere la 
              democrazia del pensiero sulle tentazioni di rivendicare sovranità 
              nell’esercizio delle funzioni. Un federalismo che palpiti di 
              sussidiarietà per bilanciare le potestà di regione ed enti locali. 
              Una Regione in grado di ordinare il flusso delle competenze che 
              arrivano dall’alto; una Regione che le assegni, in maniera 
              armoniosa, verso il basso; una sussidiarietà, per questo, viatico 
              determinante per mettere in essere leali relazioni 
              interistituzionali. Sarà questa organizzazione istituzionale 
              accompagnata da quella, coerente, economico-finanziaria che 
              permetterà di sfruttare il capitale dell’intero sistema regionale, 
              riducendo, quale portato di produzione aggiuntiva, l’incertezza 
              delle scelte, rese più mirate e così anche promotrici dell’ordine 
              sociale. Ed in questo contesto potrà prendere piede un 
              comportamento originale: non “più pubblico e meno mercato”, non 
              “più mercato e meno pubblico”, bensì “più pubblico e più mercato”.
 
 Un federalismo che si affermi, in questa maniera, con la forza del 
              diritto e non con il diritto della forza. Un federalismo che viva 
              e che non muoia di Cattaneo, un federalista non anti-unitario. Un 
              federalismo che si affidi, con lo stesso Cattaneo, alla “fisica 
              della ricchezza” (natura, lavoro, capitale) ed alla “psicologia 
              della ricchezza” (intelligenza e volontà), quali fondamentali 
              della economia pubblica. Un federalismo che consideri il 
              Mezzogiorno non solo la tanto ventilata opportunità ma il 
              sostanziale prerequisito, la preziosa risorsa strategica per lo 
              sviluppo dell’intero paese. Questo perché la messa in rete del Sud 
              ne fa la porta dell’Europa per motivi indiscutibili: è la strada 
              di ogni integrazione possibile lungo un asse meridionale europeo 
              che colleghi Spagna, Sardegna, Sicilia, Italia peninsulare e 
              Grecia meridionale in un sistema di produzione e commerciale; è il 
              tramite di ogni connessione della futura Europa, allargata, con il 
              movimento transoceanico di merci; è il tramite del complessivo 
              interscambio di culture, di economie e soprattutto di persone tra 
              Europa, Africa e Asia.
 
 A fronte di un capitolo infrastrutture che, per dare corpo a tutto 
              questo, dovrà essere la voce di gran lunga più importante degli 
              investimenti del Sud, la Fondazione Ideazione Puglia sarà la 
              infrastruttura virtuale, connettiva, per agire sui fattori che 
              attuano il trasferimento della conoscenza e per innescare processi 
              di apprendimento a scala locale. Una infrastruttura sospinta da 
              una visione etica, con lo stesso amore di De Gasperi per le 
              proprie idee; una infrastruttura che costruirà, pezzo su pezzo, 
              una Biblioteca del federalismo aperta a tutti, che organizzerà 
              incontri di formazione per giovani, studenti, professionisti, per 
              i cittadini di ogni ceto, che si impegnerà a formare una 
              tecnocrazia motivata, animata dalla passione del servitore civile 
              che si dovrà sentire parte di un federalismo che combini 
              solidarietà e liberismo e renda compatibili economia di mercato e 
              moderna dottrina sociale della Chiesa. Un federalismo che si batta 
              con vigore e con umiltà, allo stesso tempo, per aiutare e 
              sostenere la gente ad assorbire gli effetti delle eventuali 
              riforme che l’Europa potrà vedersi costretta a fare per rilanciare 
              crescita ed occupazione.
 
 Se Havel, il presidente della Repubblica ceco, ha detto che 
              l’Europa è nel nostro spirito, il federalismo lo sarà nel nostro. 
              E lo sarà con una visione ampia, simile al grandioso sogno di 
              riforma che Tommaso Moro idealizzò nella sua Utopia, con la stessa 
              fede di Tolstoi, con lo stesso fascino accattivante di una favola 
              che si può leggere nell’Utopia di Tommaso Moro: un topo approdò in 
              un’isola devastata dalle guerre di religione, la conquistò 
              proclamando la libertà di religione ma previde severe sanzioni per 
              chi parlava male della fede altrui.
 
 24 maggio 2002
 |