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              La corsia preferenziale dei Benetton verso il 
              poteredi Giuseppe Corsentino
 
 Non è 
              solo - per dimensioni, otto miliardi di euro - la seconda Opa 
              nella storia della Borsa italiana (dopo quella, ormai mitica, di 
              Colaninno alla Telecom), ma la più orgogliosa affermazione di 
              indipendenza (dal solito, polveroso sistema dei "poteri forti" che 
              intrecciano politica e affari) nella storia della finanza 
              italiana. I fratelli Benetton, straordinari protagonisti del "made 
              in Italy" negli anni Ottanta (grazie alla singolare - per quell'epoca- 
              innovazione industriale di tingere golf e magliette dopo la 
              confezione e all'avvio di un forte processo di terziarizzazione 
              della produzione con laboratori terzisti sparsi in tutta Italia, 
              dal Veneto alla Sicilia), e ancora una volta protagonisti della 
              prima stagione italiana delle privatizzazioni negli anni Novanta 
              (cominciarono acquisendo la tenuta agricola "Maccarese" alle porte 
              di Roma per passare poi ai supermercati Gs, alle stazioni di 
              servizio Autogrill, alle Grandi Stazioni e quindi alla società 
              Autostrade). I fratelli Benetton, dicevamo, non si sono fatti 
              intimidire quando da molti ambienti romani (non ultimo l'ex 
              presidente della Repubblica Cossiga) sono cominciate ad arrivare, 
              un paio di settimane fa, le voci di una scalata ostile, in 
              partenza dalla Francia, su quella che il gruppo di Ponzano Veneto 
              considera il suo "gioiello della corona", quella società 
              Autostrade, oltre 11 miliardi di euro di capitalizzazione, 
              destinata a diventare il vero "core business" del futuro: 
              mobilità, infomobilità, vendita di servizi al "moving people" che 
              corre sulle autostrade, prende i treni (Grandi Stazioni), 
              s'imbarca sugli aerei in tutto il mondo (pochi sanno, per esempio, 
              che gli Autogrill sono presenti sulle principali "highway" e nei 
              più importanti aeroporti americani).
 
 E quando gli indizi, raccolti tra Roma e Parigi, hanno indicato 
              chiaramente che dietro certe manovre e certi attacchi (per esempio 
              la decisione dell'Anas di non aumentare le tariffe dei pedaggi con 
              la motivazione dei buoni risultati di bilancio di Autostrade; 
              oppure il blocco imposto dall'Antitrust all'acquisizione di una 
              nuova società di ristorazione autostradale) c'era la mano del 
              Grande Nemico, dell'ex presidente della società, Gian Carlo Elia 
              Valori, forse uno degli uomini più potenti della Prima e della 
              Seconda Repubblica, i fratelli Benetton sono passati al 
              contrattacco: Opa totalitaria su Autostrade a 9,5 euro per azioni. 
              Prezzo forse non troppo generoso secondo molti analisti (e che ha 
              suscitato l'ironia del Wall Street Journal nel ricordare che si 
              tratta, in sostanza, di un levereged by out, come se le scalate 
              finanziate col debito non le avessero inventate proprio a Wall 
              Street), ma che consentirà al gruppo di Ponzano Veneto di mettere 
              al sicuro la società e di avviare quel radicale processo di 
              ristrutturazione finanziaria (a cominciare dalla fusione con 
              l'attuale subhlding che la controlla, la Schemaventotto 
              controllata a sua volta da Edizione Holding che è il cuore della 
              "finanza Benetton") destinato a trasformare i vecchi "moschiettieri 
              del tricot", i quattro fratelli di Ponzano, nei veri signori della 
              mobilità globale (autostrade, ferrovie, internet), come dicevamo 
              prima.
 
 Ma l'Opa su Autostrade, che si concluderà positivamente (nella 
              prima giornata sono passati di mano 80 milioni di titoli, oltre il 
              6% del capitale, il prezzo ha superato la soglia dei 9,5 euro, ma 
              ieri, con una Borsa più calma, la corsa si è fermata, segno che 
              non il mercato non si aspetta contro-Opa o rilanci sul prezzo); l'Opa, 
              dicevamo, avrà anche un altro non secondario effetto: laddove ce 
              ne fosse stato bisogno, ridarà un ruolo centrale e definitivo alla 
              famiglia di Ponzano all'interno del nuovo sistema di potere che si 
              va delineando, un ruolo di equilibrio tra la Mediobanca di 
              Maranghi (che per un attimo aveva pensato di appoggiare le manovre 
              di Valori e dei suoi amici francesi, ma poi ha cambiato idea 
              offrendo addirittura a Gilberto Benetton un posto nel consiglio 
              d'amministrazione a Piazzetta Cuccia) e il sempre più forte e 
              dinamico Unicredit di Alessandro Profumo, passando per il Crt di 
              Torino che riconduce a Fabrizio Palenzona, l'uomo forte delle 
              Fondazioni bancarie, legatissimo a quel Marcellino Gavio, patron 
              dell'autostrada Milano-Torino che in una prima fase sembrava 
              essersi schierato con Valori e gli scalatori d'oltralpe.
 
 E così i Benetton potranno rimandare al mittente quella velenosa 
              battuta di un interessatissimo Cossiga che qualche settimana fa 
              aveva sibilato proprio all'orecchio di Gilberto un giudizio tutt'altro 
              che lusinghiero (quanto a ruolo e potere reale della famiglia 
              veneta): "Mi sembrate un po' malmessi voi di Ponzano!". I Benetton, 
              si è capito, hanno quattrini e quanto al potere stanno dimostrando 
              di non essere proprio dei "parvenu". E conoscono alla perfezione 
              tutti i meccanismi della finanza "all'italiana" (inutile 
              scandalizzarsi, è così): quelli che consentono di controllare un 
              gruppo da 11 miliardi di euro, la più grande rete autostradale 
              d'Europa, con un investimento di appena 650 milioni di euro. E 
              proprio su questa rete, integrata con i servizi e Internet, i 
              Benetton e il loro fidatissimo amministratore delegato, Vito 
              Gamberale, costruiranno la propria corsia preferenziale verso il 
              potere (economico).
 
 8 novembre 2002
 
 gcorsentino@tin.it
 
 (da l'Opinione delle libertà)
 
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